La biodiversità è uno dei temi destinati ad assumere una sempre maggiore importanza nell’impegno delle aziende e della finanza. Oltre a essere uno degli obiettivi ambientali citati dalla Tassonomia europea, con la COP15 dello scorso dicembre, più di 200 Paesi si sono impegnati a fermare la distruzione degli ecosistemi entro la metà del secolo. Eppure, la protezione della biodiversità resta uno dei fanalini di coda degli investimenti delle imprese e dell’asset management. “Attualmente, solo lo 0,02% delle risorse finanziarie destinate ad ambiti ESG è allocata a progetti che si occupano di tutelare le risorse idriche. Sembra quindi che non ci sia attenzione su questa risorsa che invece è fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie ma è messa a rischio dal cambiamento climatico e dall’inquinamento” dichiara Daniel Bowie-MacDonald, CFA, Sustainable Investing specialist di abrdn, intervistato da ESGnews.
abrdn è una delle società di asset management all’avanguardia sulla protezione della biodiversità. La partnership tra la fondazione benefica abrdn Charitable Foundation (aCF) e l’UNESCO promuove progetti per la preservazione di aree molto ricche in termini di biodiversità e finanzia ogni anno cinque progetti che mirano alla conservazione di ecosistemi, al coinvolgimento e alla formazione delle comunità locali e che indagano approcci e strumenti per un uso sostenibile dell’acqua e degli ambienti legati a questa risorsa.
La biodiversità rimane un tema importante da affrontare per gli investitori, poiché l’assenza di una metodologia consolidata sulla raccolta dei dati e sulla loro integrazione nelle valutazioni finanziarie rende la valutazione degli impatti delle attività economiche sugli ecosistemi ancora una sfida aperta. Ma più che mai attuale se si vuole rispettare il mandato degli investimenti ESG, di allocare le risorse in modo che abbiano un impatto positivo per il pianeta e le persone.
abrdn è stata precursore nell’individuare l’importanza della biodiversità e del tema delle acque come temi di fondamentale importanza per promuovere la sostenibilità. Dalle diverse analisi emerge che però aziende e asset manager sono indietro nell’incorporare queste metriche nelle proprie analisi. Vede dei segnali di cambiamento?
Sicuramente negli ultimi tempi è aumentata la consapevolezza sulle tematiche ambientali che non si è tradotta ancora, però, in reali progressi tangibili. C’è un crescente interesse nei confronti di tali temi e lo notiamo anche dal fatto che sono trattati ormai dai media generalisti e quindi raggiungono un pubblico più ampio rispetto a quello dei soli esperti del settore. Questo fa ben sperare, perché non è possibile progredire se prima non c’è conoscenza e consapevolezza dei problemi. Anche la scienza sta facendo passi avanti in tal senso, soprattutto per quanto riguarda la biodiversità: ci sono molte ricerche aggiornate e nuovi dataset a disposizione.
Eppure, vi sono ancora ostacoli per riuscire a integrare un certo tipo di considerazioni nelle analisi finanziarie. Tali criticità riguardano la raccolta dati e l’assenza di una metodologia consolidata. Per le aziende, infatti, questi sono argomenti nuovi: non era mai stato richiesto prima di misurare, per esempio, gli impatti della propria attività sulla biodiversità né la propria dipendenza dalle risorse naturali, come quelle idriche, per l’industria manifatturiera. Spesso non ci sono le competenze necessarie all’interno dei dipartimenti aziendali per integrare questo tipo di informazioni nei bilanci. Ed è altrettanto complicato per gli asset owner e gli asset manager poi capire come usarle nelle scelte di allocazione dei capitali soprattutto perché, per quanto riguarda la biodiversità, si usano spesso proxy e assunzioni, non dati puntuali.
Per questo credo sia critico, per i gestori di fondi, il tipo di approccio che si decide di adottare. Tali informazioni possono direzionare le scelte in maniera positiva quando c’è reale conoscenza del tipo di dato che si sta prendendo in considerazione (quindi come è stato ottenuto, quali i sono i limiti e i punti di forza) usandolo in maniera moderata e consapevole, facendo proprio dunque un approccio attivo. Diffido invece di una modalità passiva in cui le decisioni vengono prese dagli analisti e dagli operatori finanziari seguendo un processo di ottimizzazione dei dati a disposizione, quali score ESG e differenti metriche di biodiversità, perché è un approccio pragmatico, ma che può essere distorsivo.
Qual è l’obiettivo di abrdn Charitable Foundation e della partnership con Unesco?
abrdn Charitable Foundation (aCF), la nostra fondazione benefica, ha l’obiettivo di provare ad aiutare le persone e il pianeta. È una mission molto semplice, piuttosto ambiziosa, ma altrettanto significativa per noi. Nasce dalla consapevolezza che disponiamo di risorse finanziarie ed expertise che possiamo investire non solo a fini commerciali, ma anche per avere un impatto sociale e ambientale positivo. In particolare, con l’UNESCO intendiamo supportare nell’arco di tre anni una serie di progetti ambientali (circa cinque all’anno) e promuovere la ricerca relativa ai programmi scientifici intergovernativi dell’organizzazione delle Nazioni Unite: biodiversità, soluzioni basate sulla natura, servizi ecosistemici, acqua, oceano e clima.
Dopo una prima fase di definizione della partnership e di conoscenza con l’UNESCO, nell’ultimo anno abbiamo selezionato i primi cinque progetti. Questi riguardano la Riserva della Biosfera MaB Unesco Isole di Toscana, la Riserva della biosfera transfrontaliera di Ohrid-Prespa, la Riserva della biosfera della catena montuosa di Asterousia, la Riserva della Biosfera di Kozjansko e Obsotelje, la Riserva della Biosfera di Brighton e Lewes Downs.
A che punto sono questi progetti che avete promosso?
Sono tutti progetti che mirano alla conservazione di aree molto ricche in termini di biodiversità, al coinvolgimento e alla formazione delle comunità locali ed esplorano l’uso sostenibile dell’acqua e degli ecosistemi legati a questa risorsa. Sono appena iniziati e hanno una durata di un anno e mezzo circa, ma al momento procedono bene. Un aspetto molto importante è che l’UNESCO stabilisce delle visite cadenzate nei luoghi per monitorare l’avanzamento dei progetti e assicurarsi il progresso e il reale conseguimento dei risultati auspicati, oltre che la valenza delle metriche utilizzate per misurarli. Infatti, vogliamo essere sicuri degli impatti generati e trasparenti con i nostri stakeholder a cui comunichiamo le attività che stiamo portando avanti.
Solo per quanto riguarda il programma della Riserva della Biosfera di Brighton e Lewes Downs, nel Regno Unito, stiamo riscontrando alcune difficoltà burocratiche per questo ci aspettiamo che durerà più del tempo stabilito in partenza. L’area è costituita da tre ambienti distinti ma interconnessi: urbano, rurale, costiero e marino, e il progetto promuove i sistemi di drenaggio sostenibile (SuDS) come strumento chiave per la gestione delle acque sotterranee nelle aree urbane.
Per abrdn l’educazione è un aspetto molto importante. Quali iniziative avete adottato su questo fronte?
Per quanto riguarda i progetti con l’UNESCO, in tutti è stato posto l’accento sull’aspetto educativo, prevedendo per esempio di collaborare con le scuole all’interno dei siti per promuovere l’apprendimento dello sviluppo sostenibile. In abrdn, poi, promuoviamo numerose iniziative: tra queste vi è Grow Sustainably, un programma attraverso cui condividiamo linee guida e nozioni sugli investimenti sostenibili per accrescere la formazione e la consapevolezza dei dipendenti su questo fronte e poter offrire ai nostri clienti le soluzioni migliori, integrando considerazioni professionali sugli aspetti ESG.
Questo è molto importante per fare in modo che i capitali siano allocati in modo efficiente, responsabile, giusto ed equo. Un esempio molto chiarificatore da questo punto di vista è l’acqua. In quanto membro dello IOC (Intergovernmental Oceanographic Commission) dell’UNESCO mi occupo del programma riguardante l’alfabetizzazione oceanica: attualmente, solo lo 0,02% delle risorse finanziarie destinate ad ambiti ESG è allocata a progetti che si occupano di tutelare le risorse idriche. Sembra quindi che non ci sia attenzione su questa risorsa che invece è fondamentale per la sopravvivenza della nostra specie, ma è messa a rischio dal cambiamento climatico e dall’inquinamento. Lo vediamo ogni giorno con le crisi che provoca la siccità nel mondo. Proprio per questo organizzazioni come l’Unesco stanno cercando di aumentare la consapevolezza su questi temi di grandissima rilevanza e abrdn altrettanto.
Cosa significa alfabetizzazione oceanica e qual è la visione di abrdn al riguardo?
L’alfabetizzazione oceanica è definita come la comprensione dell’influenza umana sull’oceano e dell’influenza dell’oceano sugli esseri umani. Questa non implica soltanto aumentare la consapevolezza sullo stato dell’oceano, ma anche fornire strumenti e approcci per trasformare la conoscenza sugli oceani in azioni per promuovere la sostenibilità degli stessi. Sono felice di poter dire che abrdn ha assunto un ruolo chiaro al riguardo partecipando attivamente alla discussione, sostenendo iniziative di educazione e partecipando ai tavoli di dibattito internazionale istituiti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.
Quali sono gli aspetti economici legati agli oceani di cui abrdn si occupa?
Ci sono alcuni settori che sono strettamente collegati agli oceani come l’industria della pesca, dei trasporti marittimi, o del turismo, per cui le performance di impatto sono più semplici da definire. In questi casi si fa molto engagement sui temi definendo strategie e indicatori di performance per ridurre in primo luogo gli impatti diretti e per adeguarsi il più possibile in anticipo alle normative internazionali, sempre più stringenti soprattutto su inquinamento e sovrasfruttamento delle risorse ittiche. Adeguarsi alle normative ha infatti un costo che aumenta quanto più è spostato in avanti nel tempo e deve essere sostenuto velocemente. Inoltre, anche gli aspetti reputazionali impattano economicamente su un’azienda tanto quanto eventuali danni ecosistemici procurati e attribuibili a un operato specifico. Le problematiche in questo campo sono numerose, ma ampliare la consapevolezza condividendo queste riflessioni con le aziende è sicuramente un primo passo importante.
C’è poi un universo di organizzazioni più ristretto che ha al centro del core business la riduzione dell’inquinamento degli oceani o la destinazione di risorse alla causa. E c’è infine la restante fetta – molto ampia – di apparato industriale che non rientra in queste due categorie per cui la tematica è soprattutto legata ai rischi idrici. A causa degli impatti del cambiamento climatico tutte le aziende non possono più esimersi dal domandarsi qual è il rischio economico dell’attuale o eventuale scarsità idrica nel luogo in cui operano, quale impatto questa avrà nelle scelte di business e, ancor prima, nelle possibilità produttive e commerciali.
Come si traduce questo nelle scelte di investimento?
In abrdn questo si traduce in una formula dinamica formata da diversi elementi che dialogano tra loro, quali: l’integrazione di eventuali rating ESG e altri tipi di metriche di sostenibilità nella valutazione complessiva di un’azienda; lo sviluppo e l’incremento della formazione del team di investimento, anche attraverso il confronto e la condivisione continue con il team di ricerca – formato da numerosi esperti di biodiversità e ambiente; ed engagement con le aziende – che prevede una fase iniziale in cui si sottopone un set di 40 domande standard e una seconda in cui si discutono eventuali suggestioni. Ad oggi, infatti, sono molte le domande che un’impresa può decidere di porsi a partire dall’analisi del ciclo di vita completo dei prodotti, dagli impatti reputazionali del proprio operato, e di quelli della propria attività sulle comunità locali, per citarne alcune.
Non è infatti solo facendo affidamento a ranking di sostenibilità che si deve operare, ma alimentando il dibattito e la conoscenza. Un aspetto che la partnership con l’UNESCO ci ha ricordato riguarda l’importanza di avere bene a mente il motivo per cui il mercato ha iniziato ad integrare i punteggi ESG nelle analisi finanziarie. Questo riguarda anche la crescente necessità di valutare il modo di operare di un’organizzazione affinché possa essere auspicabilmente positivo per il pianeta e le persone. Oggi gli asset manager hanno la possibilità di alimentare un certo tipo di riflessioni all’interno delle realtà in cui investono: ormai sappiamo che le attività umane hanno un impatto sul pianeta e sulle persone, possiamo minimizzarlo senza sacrificare i profitti? Rispondere a questa domanda in maniera positiva è sempre più possibile e bisogna renderlo noto e supportare la transizione ove fattibile.