Ben 850 mila dollari. È questo il costo che UBS ha dovuto sostenere per risarcire un ente scolastico texano per non avere potuto tener fede agli impegni di sottoscrizione di un’emissione di bond in quanto inserita nella blacklist del Texas. La lista, infatti, voluta dai repubblicani, indica quali banche o società di asset management “boicottano” l’industria petrolifera e vieta agli enti pubblici, come i fondi pensione degli impiegati pubblici del Texas, di investire o intrattenere rapporti commerciali con contratti superiori ai 100 mila dollari con le istituzioni finanziarie incluse nell’elenco. Oltre a UBS, dopo il recente aggiornamento, la lista comprende anche BlackRock, BNP Paribas SA, il gruppo Crédit Suisse, Danske bank, HSBC holdings, Jupiter fund management, Nordea bank, Schroders, Svenska Handelsbanken e Swedbank.
Sono considerati “boicottatori” le banche o le società di asset management che seguono i criteri ESG o hanno un impegno per la decarbonizzazione al 2050, e soprattutto è penalizzato chi ha preso impegni con orizzonti temporali più ravvicinati e chi si impegna a non investire in società dell’oil o a finanziare loro nuovi progetti di estrazione. Per le società di asset management conta, per esempio, offrire sul mercato USA più di 10 fondi che includono un divieto, una limitazione, una restrizione o uno screening negativo verso investimenti in petrolio e gas. Avere aderito agli impegni quali Climate Action 100, Net Zero Banking Alliance e Net Zero Asset Managers Initiative non è invece una condizione sufficiente per finire sulla lista, ma i partecipanti vengono scrutinati nel dettaglio.
Il controller texano ha anche stilato un lungo elenco di fondi che sono al bando per le proprie politiche sul clima.