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Deloitte: cresce la consapevolezza delle quotate verso il cambiamento climatico

Aumenta la consapevolezza delle imprese quotate circa la materialità del cambiamento climatico, testimoniata dal crescente interesse a riorientare i modelli di business in direzione della transizione climatica ed energetica, e cresce il numero di aziende disposte a rendicontare in modo trasparente sia gli impegni assunti che i risultati conseguiti. Restano però una serie di aspetti su cui è necessario agire più velocemente, che vanno dalle ridotte competenze dei consiglieri di amministrazione in materia di cambiamento climatico, all’ancora scarsa diffusione di misure di adattamento e di impegni per la carbon neutrality, fino alla ridotta incidenza del climate change nelle politiche di remunerazione. È quanto emerge dall’indagine di Deloitte La disclosure climatica nelle società quotate italiane. Rapporto sullo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della Task Force on Climate-related Financial Disclosures (TCFD), predisposto in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università di Pavia, che esplora lo stato d’attuazione delle Raccomandazioni della TCFD di 236 società quotate, 212 delle quali appartenenti agli indici FTSE MIB, FTSE Italia Mid Cap, FTSE Italia Small e FTSE Italia STAR.

Dall’analisi condotta emerge che le società quotate italiane sono sostanzialmente in linea con i trend evidenziati dal rapporto globale 2021 Status Report della TCFD. In dettaglio, dai risultati del rapporto, emerge come la quasi totalità del campione (94%) riconosca ormai nel cambiamento climatico un tema materiale e il 70% integra i rischi e le opportunità derivanti dal cambiamento climatico nei propri processi di gestione del rischio. L’analisi evidenzia inoltre che il 29% delle società possiede una politica di remunerazione con obiettivi legati al cambiamento climatico e che il 67% adotta processi atti a migliorare la prestazione della propria catena di fornitura, pur con diversi livelli di maturità. Anche l’azione di sensibilizzazione verso gli stakeholder si sta diffondendo con più della metà (57%) delle società quotate che dichiara di svolgere campagne di sensibilizzazione sul tema del cambiamento climatico e della sostenibilità.

Al contempo, lo studio mette in luce una certa differenza nella rendicontazione delle emissioni dirette e indirette e una differenza di metriche e target a seconda dell’appartenenza all’indice considerato. Infatti, sebbene la quasi totalità delle quotate (93%) rendiconti le emissioni Scope 1 e 2, a rendicontare le emissioni Scope 3 è solo il 42% del campione, e solo il 16% dichiara di aver identificato obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni GHG connessi agli Science Based Targets e di aver assunto un target di neutralità carbonica. Considerando però il solo indice FTSE MIB, tale percentuale più che raddoppia, arrivando a 38%.

Dall’analisi emerge poi che sussistono temi aperti e da affrontare che riguardano la governance del cambiamento climatico. “Il Rapporto”, ha dichiarato Stefano Pareglio, Professore ordinario e Independent Senior Advisor di Deloitte Italia,” mette in luce la necessità di un’ulteriore, significativa evoluzione della governance e degli strumenti necessari a gestire la transizione energetica e climatica. Competenza specialistica degli amministratori, evoluzione dei modelli di business, coerenza nell’allocazione del capitale, qualità e ruolo dell’analisi di scenario, impegno stringente alla carbon neutrality, adozione di misure di adattamento: sono ancora molti gli spazi di miglioramento per le società quotate, non solo nel nostro Paese”.

In particolare, il rapporto mostra che più della metà delle quotate ha costituito un comitato endoconsiliare sulla sostenibilità, ma solo il 32% del totale dichiara che tale comitato ha compiti specifici in materia di cambiamento climatico. Inoltre, solo nel 18% delle aziende quotate vi è la presenza di almeno un consigliere di amministrazione dotato di competenze in materia di sostenibilità in senso lato. A livello strategico si rileva, infine, come il 76% delle quotate non sviluppa analisi di scenario e, considerando le sole società che se ne sono dotate, meno della metà (43%) pubblica dettagliate informazioni metodologiche e quantitative.