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Previsioni

Vittoria Trump: come reagiranno i mercati secondo i principali asset manager

Rafforzamento del dollaro e titoli azionari USA in rialzo. Al contrario, debolezza per le borse del Vecchio Continente. Sono queste le prime reazioni dei mercati finanziari alla notizia della vittoria delle elezioni alla presidenza degli Stati Uniti da parte di Donald Trump. Una reazione a caldo, che è stata successivamente supportata anche dal taglio dei tassi da parte della Fed di 0,25 punti percentuali. 

Tra i titoli che hanno maggiormente festeggiato il ritorno del leader repubblicano alla Casa Bianca vi sono Tesla, dell’amico e supporter Elon Musk, che sono arrivati a segnare un rialzo del 15%, ma anche le azioni della Trump Media & Technology Group (+3%) e quelli della grande finanza USA come Goldman Sachs (+13%), Morgan Stanley (+12%) e JP Morgan (+10%). Ma dopo l’entusiasmo iniziale quale potrà essere l’effetto Trump sui mercati finanziari? ESGnews ha estrapolato le previsioni dei principali asset manager mondiali dai quali emergono due elementi: le dichiarazioni della campagna elettorale di Trump portano a prevedere che siano favoriti i titoli a stelle e strisce rispetto a quelli europei, che il dollaro possa essere rafforzato e che le azioni abbiano migliori prospettive rispetto ai bond. Ma c’è un’incertezza: non è detto, vista l’imprevedibilità delle decisioni di Trump, che il neo presidente voglia e possa realizzare quanto promesso. E non dimentichiamo che, nonostante il feeling tra Wall Street e il liberismo repubblicano, durante i quattro anni di presidenza Trump Wall Street ha guadagnato il 57,5%, mentre sotto quella targata Biden è salita del 71%.

Johanna Kyrklund, Group Chief Investment Officer, Schroders

La vittoria di Trump alle elezioni presidenziali statunitensi non ha cambiato la nostra view positiva sulle azioni globali, con una preferenza per quelle statunitensi. Nella sua precedente amministrazione, Donald Trump si è concentrato sul Dow Jones come barometro del suo successo.

Sullo sfondo, continuiamo ad aspettarci un atterraggio morbido per l’economia statunitense. È probabile che la politica di bilancio rimanga favorevole. Il rischio principale è sul commercio: potremmo iniziare a sentire le dichiarazioni di Trump in merito molto presto. Nel breve termine, una posizione commerciale protettiva sosterrà il dollaro e rappresenterà un rischio per la crescita al di fuori degli Stati Uniti.

Tuttavia, il quadro per l’Europa diventa più preoccupante, in quanto potrebbe vedere un contesto commerciale più ostile, senza la leadership unificata necessaria per affrontarlo.

Monica Defend Head of Amundi Investment Institute

Riteniamo che il nuovo Presidente possa dare priorità alle politiche tariffarie e di immigrazione rispetto ai tagli fiscali, in quanto le prime possono essere attuate tramite ordini esecutivi senza l’approvazione del Congresso. L’ordine in cui verranno attuate le politiche sarà fondamentale per valutare l’impatto sulla crescita e sull’inflazione. Le tariffe agiranno come uno shock negativo sull’offerta per l’economia, aumentando il rischio di stagflazione, la cui entità dipenderà dal livello finale delle tariffe.

La piena attuazione dell’ampia proposta tariffaria di Trump non lascerà alcun vincitore in un mondo contrassegnato da maggiore incertezza commerciale e protezionismo. Le relazioni transatlantiche potrebbero risentire delle crescenti tensioni economiche, che potrebbero ripercuotersi in altre aree di cooperazione. L’Asia potrebbe essere la più colpita, con la Cina a farne le spese.

La vittoria di Trump potrebbe spingere gli Stati membri dell’Unione a rafforzare la cooperazione in materia di difesa, facendo potenzialmente avanzare le proposte del rapporto Draghi. Le prospettive economiche immediate per l’Eurozona appaiono più incerte, soprattutto in caso di ritorsioni da parte dell’UE all’aumento dei dazi statunitensi. Tuttavia, possiamo aspettarci che la nuova Presidenza Trump possa produrre benefici indiretti a lungo termine per un’area economica tipicamente reattiva agli shock. Anche il riorientamento degli scambi commerciali indotto dall’applicazione dei dazi potrebbe contribuire a mitigare lo shock legato all’applicazione degli stessi.

In Europa, l’economia tedesca, trainata dalle esportazioni, sarebbe la più colpita dalle tariffe.

Johan Van Geeteruyen, CIO Fundamental Equity di DPAM

Trump si è storicamente opposto alle politiche a sostegno delle energie rinnovabili, ma la sua posizione potrebbe essere moderata da considerazioni pragmatiche, soprattutto se la domanda di energia da parte del settore AI dovesse aumentare. Da quando Elon Musk ha iniziato a sostenere Trump, la sua posizione sui veicoli elettrici si è ammorbidita. Inoltre, l’abrogazione completa dell’IRA (inflation reduction act) è improbabile, dato il sostegno del Congresso repubblicano ad alcune disposizioni. L’aumento delle tariffe sulle strumentazioni importate per l’energia pulita potrebbe interrompere temporaneamente i progetti di energia rinnovabile, ma potrebbe anche incoraggiare gli investimenti produttivi nazionali.

Il suo rapporto con influenti figure tecnologiche, tra cui Elon Musk, lascia intendere un possibile sostegno alla produzione tecnologica nazionale, anche se le pressioni normative sulle Big Tech continueranno.

Le politiche di Trump potrebbero favorire un contesto favorevole per le azioni statunitensi, soprattutto se la deregolamentazione, la produzione nazionale e le politiche fiscali creeranno incentivi alla crescita. Tuttavia, i rischi principali – dalle incertezze fiscali alle perturbazioni commerciali – potrebbero creare periodi di volatilità, con un impatto sui mercati nazionali e globali.

Blerina Uruçi, Chief U.S. Economist di T. Rowe Price

Il nuovo Presidente eredita un’economia in forte crescita. L’inflazione, pur rimanendo al di sopra del target del 2% della Fed, è scesa notevolmente rispetto ai picchi del 2022. Ma il deficit fiscale è elevato e si prevede che raggiungerà il 7% del Pil entro la fine del 2024. Si tratta del livello più alto mai raggiunto in tempo di pace e al di fuori di una recessione. Sebbene i costi del servizio del debito siano elevati – attualmente più del 2% del Pil ogni anno – durante la campagna elettorale non ci sono stati segnali che indicassero che la riduzione del deficit sarebbe stata una priorità del nuovo presidente. Pertanto, qualsiasi miglioramento su questo fronte sembra improbabile.

Per quanto riguarda la crescita economica, tutti gli occhi sono puntati su ciò che accadrà al TCJA. Sebbene una proroga delle disposizioni in scadenza possa sostenere l’economia, l’effetto netto potrebbe risultare complessivamente neutro se ciò significa che parti dell’IRA verranno modificate per contribuire al suo finanziamento. Ulteriori sgravi fiscali per le imprese saranno probabilmente difficili da ottenere, dato che lo spazio fiscale per aumentare ulteriormente il deficit è limitato. Se venissero attuati, potrebbero essere positivi per la crescita. Tuttavia, qualsiasi effetto positivo potrebbe essere compensato dall’incertezza sui dazi.

Sul fronte dell’inflazione, l’aumento dei dazi esistenti e/o l’imposizione di ulteriori tasse sulle importazioni potrebbero causare uno shock dei prezzi. L’entità dipenderebbe dalla capacità delle imprese di trasferire questi maggiori costi ai consumatori, il che è difficile da prevedere. Un altro aspetto da tenere d’occhio è la promessa del nuovo presidente di inasprire le politiche sull’immigrazione. Una posizione rigida in questo ambito potrebbe provocare uno shock negativo sull’offerta di lavoratori, rendendo il mercato del lavoro statunitense più rigido. A differenza di un aumento dei dazi, un simile scenario avrebbe probabilmente un impatto più duraturo sui prezzi.

Nel complesso, è importante essere cauti sulle implicazioni a lungo termine delle politiche economiche della nuova amministrazione. Le misure che verranno adottate potrebbero essere molto diverse da quelle promesse durante la campagna elettorale e mancano i dettagli sui costi e sull’attuazione. È quindi probabile che nel frattempo l’incertezza rimanga alta.

Rebekah McMillan, Associate Portfolio Manager team Multi-Asset di Neuberger Berman

La reazione nelle prime sedute è stata chiara: il sentiment di rischio ha portato ad un ampio rally di sollievo per l’equity con un’inclinazione a favore degli Stati Uniti, il VIX è sceso, il dollaro si è rafforzato e “l’orso” si è irrobustito su tutta la curva.

Riteniamo che la narrativa dell’eccezionalismo statunitense rimanga intatta, se non addirittura rafforzata, rispetto al resto del mondo. È incoraggiante notare che vediamo un sostegno per un ulteriore allargamento del mercato azionario statunitense al di fuori delle Mega-Cap tecnologiche. Il nostro approccio di lungo termine alla gestione attiva è valido; cerchiamo settori con elementi di supporto strutturali, società differenziate con esposizione a megatrend secolari, temi e fattori abilitanti (IA generativa, trasformazione digitale) e soprattutto scommettiamo su team di gestione in grado di navigare dinamicamente nei quattro anni a venire. Allo stesso modo, puntiamo su opportunità interessanti quality smid cap.

Ignacio de la Torre, Capoeconomista di Arcano Partners

L’Europa sta facendo progressi nel gettare le basi per la ripresa economica e vediamo un potenziale di upside nei prossimi 12 mesi, che non sarà compromesso dal risultato delle elezioni americane.

Poiché la fiducia dei consumatori si sta riprendendo in Europa e anche in Italia – dove è al di sopra del trend storico – i consumatori inizieranno a risparmiare di meno in un mercato del lavoro in salute e questo significa che in Europa ci saranno più consumi, spingendo la crescita della regione. Questo trend è già iniziato nel terzo trimestre e credo che sarà una tendenza del prossimo anno.

La vittoria di Donald Trump, infatti, non cambia questo scenario perché qualsiasi dazio sui beni europei verrà imposto in maniera graduale e non è comunque destinato ad avere un effetto significativo sull’Europa a livello macro: in percentuale del PIL l’impatto delle esportazioni europee negli Stati Uniti è infatti molto limitato – 0,9% netto e circa 3% lordo – rispetto a quello dei consumi che è del 52%, quindi 15 volte di più.

I cambiamenti all’outlook del Vecchio Continente saranno dunque molto più limitati di quanto si pensi.

Andrew Smith, Client Portfolio Manager, US Equities di Columbia Threadneedle Investments

Questo risultato comporta un certo grado sia di volatilità che di opportunità sui mercati. Volatilità perché il partito repubblicano ha un mandato che gli consente di introdurre una legislazione più ampia e di vasta portata, anche se ci vorrà del tempo prima che i dettagli vengano svelati; opportunità perché ci si aspetta che i titoli finanziari facciano bene nel breve termine, data la tendenza alla deregolamentazione del Presidente Trump, e che anche le industrie estrattive, in particolare quelle del petrolio e del gas, possano beneficiare dell’agenda politica. Potrebbero esserci dei piccoli interventi per quanto riguarda l’Inflation Reduction Act (IRA), ma non prevediamo un’abrogazione totale, visti i benefici che ha già prodotto in termini di posti di lavoro e investimenti per molti Stati repubblicani.

Anche le small cap statunitensi potrebbero avere un andamento positivo, almeno nell’immediato, dato che sono percepite come le beneficiarie di politiche più protezionistiche, perché più orientate verso il mercato interno e le catene di fornitura locali, e meno influenzate dalla retorica tariffaria.

Francis Ellison, Client Portfolio Manager, European Equities di Columbia Threadneedle Investments

Quando Trump è stato eletto Presidente nel 2016, si era subito ipotizzato che le sue politiche sarebbero state reflazionistiche, ma ciò non è stato poi del tutto confermato dagli sviluppi successivi. In politica estera potremmo assistere a un tentativo deciso di risolvere il conflitto in Ucraina avviando una maggiore cooperazione con la Russia; questo aiuterebbe l’Europa, poiché ridurrebbe probabilmente il prezzo del petrolio. Potremmo quindi aspettarci un incremento della crescita e un calo dell’inflazione nell’Eurozona. Di contro, mentre le tensioni con la Russia potrebbero attenuarsi, quelle con la Cina rischiano di aumentare – se il Presidente Trump riprenderà la politica estera del 2016.

Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm

Il mix di politiche proposte da Trump sembra destinato a favorire le imprese statunitensi, con l’abbassamento della pressione fiscale e minori regolamentazioni, anche se le sfide politiche legate a debito pubblico, immigrazione e dazi non sono da sottovalutare.

Per quanto riguarda il posizionamento dei nostri portafogli, per la maggior parte delle strategie manteniamo un’esposizione all’azionario relativamente alta rispetto alla media storica. In particolare, continuiamo ad avere una significativa esposizione all’azionario statunitense, che potrebbe beneficiare di alcune delle tendenze emergenti. L’inflazione resta una preoccupazione e abbiamo mantenuto la nostra esposizione alle obbligazioni indicizzate all’inflazione. Conserviamo inoltre un’esposizione marginale all’azionario europeo e, in alcuni casi, l’abbiamo ridotta, a causa di previsioni meno favorevoli sugli utili delle società in Europa. Abbiamo adottato una posizione prudente sui titoli di Stato statunitensi a lunga scadenza, sebbene l’aumento dei rendimenti osservato nell’ultimo mese potrebbe presentare opportunità in futuro.

Evan Brown, Head of Multi-Asset Strategy di UBS AM

Le azioni statunitensi – beneficiando di tasse più basse e di una regolamentazione più leggera, oltre al quadro economico solido già in essere – dovrebbero sovraperformare gli altri mercati regionali, che devono far fronte a un maggiore rischio legato alle tariffe doganali. Queste dinamiche porterebbero anche a un rafforzamento generale del dollaro USA.

Il dato più importante è che, tolto di mezzo l’evento di rischio più importante del 2024, vediamo una diminuzione della volatilità azionaria implicita, che spiana la strada al normale rally stagionale delle azioni statunitensi sia negli anni elettorali che in quelli non elettorali.

Soprattutto, ci aspettiamo che l’attenzione degli investitori torni eventualmente sulle prospettive macroeconomiche, dove la disinflazione è ampiamente in linea, aprendo la strada a ulteriori tagli dei tassi da parte della Fed.

Pur essendo costruttivi sugli asset di rischio per la fine dell’anno e per il 2025, non ci aspettiamo la stessa performance che ha seguito la vittoria di Trump tra il 2016 e il 2017. Le valutazioni sono materialmente più elevate, la situazione fiscale degli Stati Uniti è più preoccupante e i benefici derivanti dai tagli alle tasse saranno più incrementali rispetto al primo mandato di Trump.

Álvaro Sanmartín, Chief Economist di Amchor IS 

Álvaro Sanmartín, Chief Economist di Amchor IS 

Per il momento, il mercato sta guardando alla versione ottimistica di come potrebbe essere un’amministrazione Trump: deregolamentazione e tagli alle tasse.

Resta da vedere quanto Trump deciderà di essere aggressivo (o meno) su dazi, immigrazione e aumento del deficit pubblico. Per il resto, in risposta al risultato delle elezioni statunitensi, è prevedibile che la Cina annuncerà questa settimana degli stimoli fiscali che potrebbero essere rilevanti.

Tobias Schafföner, Head of Multi Asset di Flossbach von Storch SE

I piani di Trump di aumentare i dazi sulle importazioni non solo stanno avvelenando il clima commerciale, ma hanno anche il potenziale di invertire, almeno in parte, i guadagni della globalizzazione degli ultimi decenni. Uno scenario in cui non ci sono vincitori. A parte questo, le azioni – con o senza Trump – rimangono un elemento importante per la conservazione della ricchezza reale a lungo termine. In un periodo in cui i rischi di rialzo dell’inflazione legati al debito sono aumentati, il carattere di asset tangibile delle azioni è ancora più importante. Con l’aumento del debito (e dei rischi geopolitici), anche l’oro mantiene la sua giustificazione in un portafoglio misto come copertura contro i rischi del sistema finanziario e monetario – anche se Trump intendeva sicuramente qualcos’altro con il termine “età dell’oro”.

Simon Webber, Head of Global Equities, Schroders

La politica energetica e climatica è stata uno degli elementi più divisivi tra i due candidati. Non c’è dubbio che sotto Trump gli Stati Uniti saranno esclusi dalla maggior parte degli sforzi globali per affrontare il cambiamento climatico. È probabile che gli investimenti delle imprese nella catena del valore degli Stati Uniti intorno alle tecnologie chiave per il clima subiscano una battuta d’arresto, con l’attenzione rivolta al resto del mondo, dove la transizione energetica continuerà a prendere piede”.

Bjorn Beam, esperto tecnologico di Arcano Technology Research

La principale ricaduta del risultato delle elezioni statunitensi sulla tecnologia è che avremo Elon Musk dietro le quinte della Casa Bianca: il suo obiettivo principale è la riduzione della regolamentazione.

Questo cambierà il quadro delle regole nei confronti dell’IA e dello spazio. Lo spostamento degli Stati Uniti verso la deregolamentazione tecnologica potrebbe spingere l’Europa ad assumere il ruolo di standard globale, creando un più forte “effetto Bruxelles” – il fenomeno per cui le normative dell’UE influenzano gli standard globali, in quanto le aziende si adattano alle regole dell’UE per mantenere l’accesso al suo ricco mercato.

Maxime Dupuis, Global Head di CIO office di ODDO BHF AM

Prevediamo una sovraperformance dei titoli con un’elevata esposizione ai ricavi nazionali e alla catena di approvvigionamento. Le utility potrebbero risentire di una parziale revoca dei finanziamenti per l’energia pulita. Le azioni europee escono relativamente perdenti da queste elezioni rispetto a quelle degli Stati Uniti. Il rischio negativo per le azioni europee indica un premio per il rischio azionario più elevato e un EPS più debole.

I titoli finanziari potrebbero beneficiare di una vittoria repubblicana, dato il potenziale di una significativa deregolamentazione. I settori e le aree geografiche più a rischio sono, a nostro parere, Germania, Italia, Beni strumentali, Auto, Bevande, Tecnologia e Chimica. Anche il settore dei beni di consumo potrebbe essere maggiormente a rischio, a causa della maggiore esposizione ai ricavi esteri e del più elevato contributo alle importazioni.