Con un margine di voto superiore alle attese, Donald Trump si è imposto nelle elezioni americane sulla democratica Kamala Harris e si avvia ad essere il 47esimo presidente degli Stati Uniti. Dopo una campagna dura, che non ha risparmiato colpi e sorprese, Trump si appresta a diventare il presidente più anziano e il primo a ritornare alla Casa Bianca con un mandato non consecutivo e superando vari scandali e condanne penali. Ma arriverà con il supporto della maggioranza al Senato e, probabilmente, anche alla Camera se manterrà il vantaggio nelle prossime ore. Il che lo pone in una posizione di forza rispetto all’attuazione del suo piano di politica economica. Quale sia la sua visione che, al grido “Let’s make America great again” (Rendiamo di nuovo grande l’America), ha conquistato la maggior parte dei votatori USA è noto: difesa della produzione delle aziende americana, anche attraverso l’applicazione di dazi (si parla del 10% per tutte le importazioni e del 60% per le merci che provengono dalla Cina), difesa dall’immigrazione arrivando a dichiarare di volere “deportare milioni di immigrati irregolari”, sul fronte geopolitico, particolarmente delicato in un momento di diversi fronti di conflitto, Trump mostra un raffreddamento verso il ruolo di pivot degli USA dell’Alleanza atlantica e afferma di volere sottrarre gli Stati Uniti dal ruolo di supporto finanziario della NATO.
Quanto alla sua visione sul clima Trump si è sempre mostrato poco sensibile alle tematiche ambientali. Sotto la sua amministrazione gli Stati Uniti si sono ritirati dall’Accordo di Parigi, il principale impegno climatico mondiale per controllare l’incremento della temperatura terrestre al di sotto dei 2 gradi centigradi e possibilmente entro quota 1,5 gradi necessari per contenere i danni del climate change. Un’assenza importante, quella del secondo Paese al mondo dopo la Cina per emissioni di CO2, a cui ha posto rimedio l’amministrazione Biden che ha riportato nel 2021 gli Stati Uniti all’interno dell’intesa e ha varato un importante piano di investimenti per le energie rinnovabili, l’IRA, un piano varato nell’agosto 2022 da 369 miliardi di dollari che prevede crediti d’imposta per le tecnologie di transizione energetica.
Clima e energia
Il ritorno di Trump potrebbe quindi segnare un allontanamento degli Stati Uniti dagli obiettivi climatici? Sicuramente il prossimo presidente non porrà ostacoli all’industria dell’oil, a cui il futuro presidente ha promesso di fermare i divieti alle nuove trivellazioni, e in cambio le big del petrolio l’hanno sostenuto nella campagna con donazioni e con voti, non a caso il Texas, patria dei petrolieri a stelle e strisce è una roccaforte repubblicana. Tuttavia, secondo gli analisti lo sviluppo delle rinnovabili è oramai una tendenza troppo forte e necessaria per potere essere fermata. Non solo perché la domanda di energie pulite è oramai affermata e sono numerosi i colossi americani, anche del settore tech, che hanno siglato contratti a lungo temine di forniture di energia pulita, ma anche perché le nuove tecnologie hanno creato 80 mila posti di lavoro, soprattutto nelle zone rurali, un elemento da non sottovalutare, fa notare Natalia Luna Analista Senior Investimenti Tematici, Ricerca Globale di Columbia Threadneedle Investments. Inoltre, molti investimenti del piano Biden sono oramai blindati. “Certamente un’abrogazione dell’IRA sotto Trump potrebbe creare alcuni ostacoli ai progetti di energia pulita, ma Biden ha allocato strategicamente fino al 90% dei fondi dell’IRA entro la fine dell’anno fiscale 2024, rendendo difficile un’abrogazione completa e probabilmente proteggendo il settore da grandi battute d’arresto. L’orientamento al libero mercato di Trump potrebbe favorire invece indirettamente le tecnologie energetiche pulite, concentrandosi sulla competitività e sull’efficienza. È probabile che il capitale privato continui a confluire in questi settori per i loro vantaggi intrinseci, anche se gli incentivi federali espliciti vengono ridimensionati” osserva Rahul Bhushan, Global Head of Index di ARK Invest Europe.
Finanza
Non è un mistero che gli esponenti repubblicani abbiano dichiarato una guerra, non tanto nascosta, agli investimenti ESG, arrivando a degli eccessi come la proposta di legge presentata in New Hampshire per punire l’inclusione dei criteri ESG negli investimenti con la reclusione da uno a vent’anni. Secondo dati Bloomberg sono ben 18 gli stati sui 50 totali, che hanno adottato leggi che boicottano gli investimenti sostenibili o dichiaratamente anti-ESG. L’effetto è stato un arretramento da parte dei grandi investitori USA dalle alleanze per il clima e, in generale, un abbassamento dei toni sulle tematiche di sostenibilità con un leader come BlackRock, il primo asset manager mondiale e il precursore dell’importanza delle tematiche di sostenibilità supportate da dichiarazioni storiche del ceo Larry Fink come “ESG is main street”, che nell’ultimo anno ha dichiarato di non volere più utilizzare il termine ESG poiché divisivo.
Silicon Valley: Elon Musk e il supporto storico a Trump
E se la finanza e parte del mondo tech della Silicon Valley sono stati tra i grandi supporter del neo presidente Trump, in cambio della promessa di una maggiore liberalizzazione, a guidare i tifosi del settantottenne del Queens c’è stato senza dubbio Elon Musk che con “Game, set and match”(Gioco, set e partita) esulta così su Twitter (ora X) la vittoria alle elezioni di Trump. Il padre di Tesla ha sostenuto per mesi la campagna presidenziale attraverso mega finanziamenti da decine e decine di milioni di dollari (circa 120) e la trasformazione del suo social network in una “cassa di risonanza” per le idee pro-Trump, contribuendo alla diffusione di messaggi favorevoli all’ex presidente e alle sue politiche.
Musk sostiene Donald Trump per una serie di motivi legati ai potenziali benefici economici e strategici per le sue aziende (Tesla, SpaceX e X). Il ceo, infatti, che è stato ringraziato pubblicamente e definito “super genio” da Trump nel suo discorso al Convention Center di Palm Beach, potrebbe ora avere una forte influenza su regolamentazioni ambientali e sul lavoro, ottenere una riduzione delle tasse, e la possibilità di accedere a nuovi contratti governativi, soprattutto per SpaceX. Questo supporto è una mossa senza precedenti per un miliardario del settore tecnologico, ma che non è immune da implicazioni di conflitto d’interesse e, secondo alcuni esperti, solleva preoccupazioni etiche e di sicurezza nazionale, data la forte dipendenza di Tesla dalla Cina e i legami di Musk con interessi economici e politici stranieri.
D’altro canto, nella Silicon Valley, tradizionalmente favorevole ai democratici, si è osservato un crescente sostegno ai repubblicani in queste elezioni. Oltre a Musk, infatti, anche altri nomi come Marc Andreessen e Ben Horowitz, fondatori di uno dei principali fondi di venture capital, insieme a Doug Leone e Shaun Maguire di Sequoia Capital, hanno dato il loro sostegno all’ala GOP con importanti donazioni.
Questo cambio di fronte è motivato in parte dalle promesse di Trump di ridurre le tasse aziendali e dalla storia di Kamala Harris, che in passato ha intrapreso azioni legali contro alcune grandi aziende tecnologiche