Gli italiani credono di possedere competenze finanziarie più solide di quelle che hanno in realtà, con molti che non sanno come interpretare l’effetto dell’inflazione sui propri portafogli. La mancanza di nozioni accompagnata dalla non consapevolezza dei propri limiti culturali in fatto di risparmio comporta per gli italiani delle conseguenze nelle scelte di investimento. C’è quindi necessità di educazione finanziaria a tutte le età, e un miglioramento delle competenze può arrivare sia dal confronto con i consulenti finanziari sia attraverso un percorso di educazione formale, come quello previsto dal nuovo disegno di legge per l’introduzione della finanza nelle scuole.
Questo è quanto emerge dal quarto rapporto Assogestioni-Censis sulla cultura finanziaria degli italiani, presentato da Giorgio De Rita, segretario generale Censis, e da Alessandro Rota, direttore ufficio studi Assogestioni, nella conferenza di chiusura del Salone del Risparmio 2023, centrata sulle “inconsapevolezze nascoste” degli italiani, che determinano dinamiche che influenzano le decisioni dei risparmiatori portando a risultati indesiderati.
Inconsapevolezze nascoste
“Dal 2008 ad oggi, il risparmio per gli italiani è stato fonte di protezione e sicurezza per la vita personale e familiare, in un contesto di crisi che si sono susseguite senza pausa. L’unico elemento a cambiare è stato l’inflazione: quasi al 10% a fine 2022″, ha osservato De Rita, “Le parole chiave negli anni passati sono state cautela e liquidità, ma nell’ultimo anno il risparmio liquido è sceso e le analisi di Censis suggeriscono che continuerà a scendere. A dare rassicurazione ai risparmiatori ora è la diversificazione del portafoglio”.
Il rapporto rivela che, se 9 italiani su 10 dichiarano di conoscere bene i principali prodotti finanziari, 4 su 10 sbagliano nelle domande di controllo e non sanno riconoscere gli effetti che inflazione e tassi di interesse hanno sui loro risparmi. Il dato é confermato dal 38% dei consulenti finanziari intervistati da Censis. Risposte simili indicano un deficit di informazione finanziaria, oggi amplificato dalle fake news comuni su internet.
Ci sono anche segnali positivi, in quanto il 37% degli italiani considerati dal rapporto ha dichiarato che negli ultimi mesi ha cambiato l’idea con cui affronta il risparmio, riconoscendo i rischi che l’inflazione reca ai propri portafogli. E, se mal comune mezzo gaudio, da studi OCSE l’Italia non compare tra i Paesi in cima alla lista per presunzione delle proprie competenze. E’ tuttavia indispensabile colmare la lacuna anche perché, fa sapere Rota, se il singolo ha una bassa percezione della propria conoscenza finanziaria allora è meno probabile che cerchi servizi di consulenza, mentre più praticità si ha con gli strumenti finanziari, più si è indirizzati verso i consulenti.
Educazione e inclusione finanziaria
Per sopperire a queste lacune è stato presentato un disegno di legge per l’educazione finanziaria, che oggi inizia il percorso in Commissione Finanze della Camera dei Deputati. “In futuro”, ha spiegato il senatore Dario Damiani, “sarà possibile proporre emendamenti che permettano ad organi di formazione finanziaria di partecipare attivamente nell’educazione scolastica”. La convinzione del senatore è che sia importante passare all’obbligatorietà dell’educazione finanziaria nelle scuole, e questa idea si sta realizzando grazie al contributo congiunto di molteplici attori, compresi Assogestioni, Banca d’Italia e il comitato per l’educazione finanziaria.
Per Saverio Perissinotto, presidente del comitato Edufin Assogestioni, amministratore delegato e direttore generale Eurizon Capital, il disegno di legge che renderà la finanza oggetto di studio scolastico rappresenta il passo decisivo per aumentare le competenze finanziarie degli italiani. Un vuoto peraltro oggi riempito dalla consulenza finanziaria. “Per quanto riguarda la componente psicologica nelle tendenze di investimento degli italiani, spesso essa è la causa di mosse poco fruttuose, ma l’industria, tramite i consulenti”, ha affermato Perissinotto, “può offrire un processo disciplinato che parte con il definire un profilo rischio-rendimento, passa per le scelte di collocazione patrimoniale e termina con la consapevolezza che il miglior alleato sia il tempo”.
Ma per attivare il cambiamento, non va trascurata la questione dei formatori. “Banca d’Italia ha 38 filiali sparse per il paese che offrono seminari formativi agli insegnanti che poi possono trasmettere questi concetti ai bambini. Il passaggio da programma volontario extracurriculare a obbligo permetterebbe a tutti gli studenti di crescere con più consapevolezza” ha ribadito Alessandra Staderini, vice capo del servizio educazione finanziaria Banca d’Italia, che concorda sulla necessità dell’insegnamento scolastico dei rudimenti di finanza di base già dalle scuole primarie. Dall’esperienza emerge che questa materia piace molto ai ragazzi e fino ad oggi è stato più difficile convincere gli insegnanti.
Sul ruolo dei professionisti del risparmio è intervenuto anche Mauro Marino, presidente dell’organismo di vigilanza e tenuta dell’albo unico dei consulenti finanziari (OCF). “I consulenti non vendono solo un prodotto, ma aiutano le persone a pianificare la propria vita in prospettiva, anche quelle con meno competenza finanziaria. Avere degli interlocutori educati è di loro interesse“. Marino ha tuttavia sollevato alcuni dubbi sul disegno di legge attuale in merito all’educazione finanziaria, un percorso con 33 ore curriculari che comporta grandi costi e sforzi di formazione, mentre partendo dalla reintroduzione dell’insegnamento dell’educazione civica, per poi unire l’educazione finanziaria e infine approdare a un’educazione più ampia sull’economia, in maniera graduale, si potrebbero avere risparmi e vantaggi.
Infine, Stefano Lucchini presidente della fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio (FEduF) ha aggiunto che l’Italia tende ad essere abbastanza pessimista sui propri progressi in educazione finanziaria, ma negli ultimi anni ci sono stati grandi passi avanti in competenze e in legislazione. I media hanno un ruolo centrale nel proseguire questo percorso, perché devono comunicare in modo semplice per raggiungere un pubblico ampio. “La “maleducazione” finanziaria è un aspetto culturale generale, non individuale, e semplificare l’apprendimento passando per l’uso del linguaggio è cruciale” ha notato Lucchini, soffermandosi sul significato di educazione finanziaria come libertà, visto che i temi affrontati a scuola poi tornano nella vita familiare di tutti i giorni. “Educare i giovani” ha aggiunto Lucchini, “significa arrivare anche a fasce più senior, come gli anziani spesso oggetto di truffe e illegalità. L’obiettivo dell’educazione finanziaria è quello di dare opportunità più allineate a tutti, anche quei giovani che non possono semplicemente contare sui risparmi dei genitori, quindi bisogna agire nell’immediato”.