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Sustainable Finance Disclosure Regulation

SFDR: sfide e benefici di una normativa in evoluzione. Il punto di vista delle Sgr

La sfida climatica e della giusta transizione rimangono una priorità per finanza e industria, nonostante l’interesse verso la sostenibilità sia stato messo alla prova da sfide di carattere regolatorio – in particolare dall’attuazione della SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) e impegni di compliance, ostacoli di mercato, sovraccarico di informazioni per gli investitori e un clima generalmente meno benevolo sugli impegni ESG. Una prova dell’attuale interesse degli operatori di mercato per l’ESG è che il 47% degli asset under asset management è classificato come articolo 8 e 9 (dati fine 2023). Non solo le società di gestione (Sgr), ma anche imprese e investitori, infatti, continuano ad impegnarsi per integrare i principi di salvaguardia dell’ambiente, la valutazione della ricaduta sociale e il rispetto per le buone pratiche di governance nelle proprie scelte. Di questo si è parlato durante la conferenza È ancora tempo di ESG! organizzata da Assogestioni nel secondo giorno della quattordicesima edizione del Salone del Risparmio

Ciò che rende attuali i temi ESG, sottolinea Manuela Mazzoleni, direttore sostenibilità e capitale umano di Assogestioni, “sono le motivazioni legate alla gestione, al monitoraggio e alla riduzione del rischio di investimento, nonché alla possibilità di individuare opportunità di investimento altrimenti nascoste e inaccessibili”. 

Per Marco Becht, professore di finanza dell’Université Libre de Bruxelles ed Executive Director del European Corporate Governance Institute (ECGI), “oggi più che mai è tempo di ESG”. Il rischio climatico, infatti, continua ad aumentare: tra le prove, la concentrazione di COin atmosfera, che ha raggiunto i 420 ppm nel 2023, circa 3 ppm in più rispetto al 2022, mostrando un trend crescente. “Ma allora perché l’ESG viene costantemente messo in discussione? Perché è anche un movimento politico”, spiega Becht. Lo è in certi Paesi, ad esempio negli Stati Uniti, più che in altri, ma in generale è un tema che viene spesso politicizzato. Ciò è evidente anche nelle politiche di engagement di asset manager e asset owner, sostiene il professore di Bruxelles, che spesso non riescono ad avere sufficiente impatto sulle imprese in cui investono per paura di sbilanciarsi troppo e di incorrere in conseguenze politiche. 

Anche Michele Siri, direttore Jean Monnet Center of Excellence EUSFIL e ordinario all’Università di Genova non ha dubbi che l’ESG sia ancora un tema forte e attuale: “è fondamentale per il buon funzionamento del mercato. Un robusto sistema dei fattori di rischio ESG nel meccanismo di aggiustamento dei prezzi permette infatti di proteggere gli investitori. E l’integrazione della sostenibilità consente alle aziende di essere più competitive e di garantirsi un posto nel mercato di domani”. 

Alla luce dell’importanza dei fattori ESG, secondo Siri, è giusto cercare di fare ordine sul panorama della regolamentazione sulla finanza sostenibile, in particolare sulla SFDR. Ben venga, quindi, la revisione della Commissione. “La confusione provocata tra le Sgr e gli altri operatori di mercato dall’entrata in vigore della SFDR è un fenomeno fisiologico di primo adattamento alla normativa. Altrettanto normale è che la regolamentazione sia vaga in un prima fase. È però giunto il momento di una maggiore stabilità e, soprattutto, di una maggiore coesione tra le realtà nazionali dell’Unione Europea, partendo dall’approccio dell’ESMA di Common Supervisory Action”, afferma l’esperto.

La mancanza di chiarezza della normativa ha portato i gestori, inoltre, ad adottare politiche di investimento ESG prudenti per evitare accuse di greenwashing, ma questo secondo Becht e Siri, limita l’innovazione del settore e la diffusione di best practice. “Servirebbe”, conclude il professore di Genova, “una protezione legale degli asset manager per incoraggiarli ad avere portafogli più sostenibili”. 

Il punto di vista delle Sgr

Le società di gestione sono i soggetti che si trovano ad affrontare quotidianamente queste sfide. E ognuna di loro le affronta in modo diverso, a seconda delle proprie risorse e dimensioni. Durante la conferenza, Assogestioni ha coinvolto diversi asset manager per ascoltare il loro punto di vista sul tema dell’evoluzione normativa, chiedendo loro di illustrare benefici e sfide legati all’implementazione della SFDR. Tutti convergono su un fatto: i primi bilanci indicano che servirebbe maggiore chiarezza e standardizzazione ma anche una certa flessibilità che consenta agli investitori di attuare le proprie strategie di engagement con le società. In generale, però, è troppo presto per valutare a pieno gli impatti del regolamento perché è ancora troppo giovane. 

DWS

“Il regolamento SFDR da un lato ci ha permesso di destreggiarci meglio nel panorama degli investimenti sostenibili, ma dall’altro ha limitato la nostra azione in alcuni ambiti, per esempio in quello dell’engagement”, sottolinea Alexia Giugni, Head of coverage EMEA-ex Germany and Austria di DWS, “eliminando dai portafogli alcuni tipi di titoli, come quelli legati ai combustibili fossili, ci ha impedito di avviare un’attività di engagement con determinate società meno sostenibili”. Ciò significa, secondo l’esperta di DWS, escludere dalla transizione le aziende più “brown”, proprio quelle che avrebbero maggiore bisogno di ridurre l’impatto sull’ambiente

Eurizon

Quando si valutano pro e contro della SFDR, è importante ricordarsi il fine per cui i regolatori europei hanno fissato questo framework normativo. “La SFDR è una normativa europea complessa creata per avere la percezione degli effetti degli investimenti da un punto di vista sociale e ambientale”, spiega Federica Calvetti, ESG Coordinator di Eurizon. I vantaggi che ha portato il regolamento riguardano il supporto a individuare un linguaggio comune. “Eppure”, aggiunge Calvetti, “in mancanza di indicazioni chiare e precise, gli operatori di mercato hanno declinato questo linguaggio con metodologie, dati e info provider diversi”. In ogni caso, secondo la Calvetti il bilanciamento sulla SFDR è ancora neutro, perché è in una fase iniziale e “si stanno raccogliendo ancora i dati”, ad esempio quelli sulla tassonomia.  

Ma in generale, l’esperta ritiene che “per affrontare al meglio le sfide del mercato è importante approcciare con coerenza e determinazione il dialogo con le società partecipate, tenendo conto del contesto operativo di riferimento. Per questo, la nostra gamma di prodotti attenti alla sostenibilità è supportata da un forte impegno sul fronte dell’azionariato attivo”. Eurizon esplica questa attività anche attraverso una solida politica di voto: “l’anno scorso abbiamo votato in 1.500 assemblee, l’anno prima erano appena 250. Ma, soprattutto, nel caso delle questioni di governance abbiamo appoggiato l’80% delle risoluzioni, mentre per quelle ambientali il 35% e per le sociali il 20%”. 

Amundi Sgr

La criticità maggiore in tema SFDR per Elena Ferrarese, Head of Italian Equity di Amundi Sgr, è la difficoltà di fare confronti omogenei e di adottare metodologie di calcolo della sostenibilità di un portafoglio coerenti e univoche. Aspetti legati al fatto che la normativa è ancora troppo giovane. “C’è però una certezza: la necessità di essere sostenibili è imprescindibile”, afferma Ferrarese, “e Amundi sposa a pieno questa visione. Basti pensare che tutti i fondi PIR italiani che gestisce a inizio gennaio sono stati trasformati in fondi di engagement”. Restando in tema di engagement, tale attività, spiega Ferrarese, “varia a seconda della dimensione della società. Le aziende italiane con capitalizzazioni contenute, ad esempio, hanno tanta voglia di essere SFDR compliant, ma fanno più fatica perché hanno meno risorse. Ciò significa che in questo caso è da prediligere un approccio più graduale”. Cautela e gradualità caratterizzano anche le politiche di Amundi sui KPI ESG: per quello relativo alla policy di remunerazione, ad esempio, la Sgr ha fissato la soglia del 10%, molto bassa rispetto alla media europea (20%), ma che permette alla società di includere anche i mercati asiatici. 

Sella Sgr

Carmine Da Fermo, Deputy Chief Investment Officer di Sella Sgr sottolinea, nel suo intervento, un vantaggio portato dal regolamento sulla disclosure dei fondi ESG. “Il pregio principale della SFDR è che, se prima ragionavamo in una logica di prodotto, ora il regolamento ci fa riflettere su tutte le policy della realtà aziendale. Tutto questo permette di innalzare il livello di transizione del modello di business delle Sgr”. Per quanto riguarda la politica di engagement, Da Fermo conclude che Sella Sgr, in quanto player di medie dimensioni, adotta un approccio soft e instaura dialoghi solo con gli emittenti in cui è maggiormente esposta, in questo caso specifico numerose small cap italiane.