La governance delle aziende, ovvero il modo in cui gestiscono la propria organizzazione, ha sempre suscitato un certo interesse negli operatori dell’industria, non solo finanziaria. Negli ultimi anni, però, la gestione aziendale legata alla sostenibilità ha assunto una rilevanza particolarmente significativa e quindi anche la governance, cioé le regole d’impresa, destano maggiore attenzione tra gli investitori. Ciò è vero soprattutto nel contesto italiano: secondo una ricerca di Assonime, infatti, nel 2023 il 74% delle imprese quotate del Paese era dotata di una politica di engagement. Tale attività, che consiste nel dialogo attivo tra investitori e aziende sui temi ESG, è oggi una strategia SRI centrale nel contesto della transizione ecologica e sostenibile.
L’engagement, infatti, consente agli investitori di partecipare in modo propulsivo alla vita delle aziende, impattandone processi, strutture e politiche di governance, dirigendole verso una gestione più attenta e trasparente. Ma come può l’engagement agire concretamente per orientare positivamente la governance aziendale? E come si stanno muovendo le istituzioni – nazionali ed europee – per fare evolvere il quadro normativo? Alla luce dei nuovi principi OCSE sulla corporate governance, approvati dal G20 nel settembre 2023, Altis Università Cattolica ha approfondito il rapporto tra la prassi dell’engagement e la governance aziendale, facendo emergere sfide e nuove opportunità, in occasione del Salone del Risparmio 2024, durante la conferenza Governance e sostenibilità: il ruolo dell’engagement alla luce dei nuovi princìpi OCSE.
“I principi dell’OCSE sulla corporate governance, seppure non vincolanti, sono una pietra miliare perché stabiliscono, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la corporate governance ha un ruolo chiave nel promuovere la crescita sostenibile delle imprese”, afferma Paola Mungo, professore di Diritto dei Mercati e degli Intermediari Finanziari in Università Bocconi e di Finanza Sostenibile e Sostenibilità e governance in Master specializzati e corsi executive all’Università Cattolica. Obiettivo di tali principi, sottolinea l’esperta, è aiutare i policy maker di tutte le giurisdizioni a migliorare il framework normativo sulla corporate governance e a favorire una crescita sostenibile e resiliente delle imprese. A tal fine, è stato incorporato nei nuovi principi del 2023 un nuovo capitolo dedicato alla sostenibilità. “Sezione in cui l’engagement riveste un ruolo di primo piano. Secondo una ricerca di Assonime pubblicata a gennaio 2024, il 74% delle imprese quotate italiane ha una politica di engagement e l’80% è allineato ai principi OCSE sulla corporate governance. Merito, per lo più, della normativa europea e del Codice di Corporate Governance italiano così come rivisto nel 2020, che incoraggia le società quotate a integrare la sostenibilità nelle strategie”, spiega Mungo.
Parlando di normativa europea, Alessandra Viscovi, coordinatrice scientifica del Master in Finanza sostenibile presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, fa riferimento alla Shareholder Rights Directive II del 2017, che ha riconosciuto “un ruolo importantissimo all’engagement”. In particolare, conferisce agli stakeholder una rilevanza pari a quella del management delle imprese, sostenendo allo stesso tempo che “il dialogo rappresenta una delle modalità con cui si possono migliorare i risultati finanziari e ESG delle società. “In Italia la direttiva, che si applica a intermediari finanziari, gestori e asset owner, è stata recepita molto velocemente, attraverso una modifica al Quadro di finanza”, afferma Viscovi.
Ma in cosa consiste, in concreto, l’attività di engagement delle imprese finanziarie (e non)? Di questo parla Claudio Kofler, amministratore delegato di Nummus.Info, centro di ricerca sulla finanza sostenibile e uno dei principali consulenti finanziari presenti sul mercato istituzionale italiano. I suoi interlocutori principali sono quindi fondi pensione, casse di previdenza, fondi sanitari, fondazioni ed enti no-profit e istituti religiosi. “L’attività di engagement, composto dal dialogo con le aziende e dal voto in assemblea”, spiega Kofler, “fa parte di un percorso molto ampio, che può durare anche cinque anni prima di vedere dei risultati. In Nummus.Info cerchiamo di portarlo avanti fino in fondo, laddove riteniamo che la società debba attuare dei cambiamenti. Se l’azienda non risponde e non si impegna per avviare la transizione, ricorriamo al disinvestimento, che è però sempre l’ultima spiaggia”. Rispetto agli enti previdenziali in particolare, sottolinea Kofler, l’attività di engagement non è uniformemente diffusa: “le casse destinano più risorse all’attività di engagement rispetto ai fondi pensione”. A dimostrazione dell’attività delle casse in tal senso, a ottobre 2023 Inarcassa, ENPAM e Cassa Forense, hanno creato Assodire, Associazione degli Investitori Responsabili, con il fine di sviluppare best practice in tema di investimenti ESG e di promuovere la partecipazione attiva degli investitori. In generale, però, secondo Kofler, sono necessari ulteriori progressi, dato che il più delle volte le tematiche ESG non vengono votate nelle assemblee di questi enti, che si concentrano più sul bilancio e sulle policy di remunerazione.
Nel complesso, però, come già ribadito, il contesto italiano è abbastanza evoluto in termini di pratiche di governance ESG. Ciò nonostante, si deve ancora migliorare l’aspetto della rendicontazione delle attività che le imprese portano avanti, anche per migliorare il loro livello di consapevolezza su ciò che fanno, “soprattutto nel caso delle PMI che spesso sono dotate di politiche di engagement senza saperlo”, evidenzia Mungo.
A conclusione del dibattito, passando ai temi dell’engagement che oggi sono più importanti, Alessandra Viscovi sceglie quello della gender equality, questione su cui viene in aiuto la direttiva europea sulla parità di genere nei Cda delle quotate, che entrerà in vigore dal 2026, e che si prefigge di raggiungere almeno il 40% di presenza femminile nei Cda delle società quotate.