Le società quotate si fanno guidare sempre più da criteri di sostenibilità per indirizzare le scelte aziendali di lungo periodo e nel 2022 il concetto di “successo sostenibile” è presente nella maggior parte delle relazioni sul governo societario, evidenziando un cambio di passo rispetto al passato. Ma sono poche le società che hanno calato nel concreto del business e dei processi decisionali un approccio strategico diverso e strutturalmente volto alla sostenibilità. È quanto emerge da un’analisi a cura di Dino Dima, partner, Stefano Montalbetti, Lawyer, e Andrea Ferrara Fierro, Lawyer di DLA Piper.
Il concetto di successo sostenibile come principio guida dell’organo amministrativo nel perseguimento degli obiettivi aziendali è stata la principale innovazione introdotta dal nuovo Codice di Corporate Governance, adottato a partire dall’esercizio 2021. In particolare, secondo gli autori, dall’analisi delle relazioni di governo societario, nel 2022 è possibile constatare un’evoluzione della declinazione del concetto di sostenibilità nelle società italiane. Non più considerata solo relativa agli impatti ambientali negativi causati da un’attività aziendale, oggi la sostenibilità è riconosciuta e integrata anche nei suoi aspetti sociali. Ne sono esempi l’introduzione di politiche volte a rendere più partecipi gli stakeholder nelle decisioni aziendali e nelle direzioni da intraprendere, o iniziative che tengono maggiormente in considerazione gli interessi dei lavoratori.
È quindi sempre più condiviso – e dichiarato – che indirizzare l’attività verso obiettivi di lungo periodo in linea con criteri ESG significa adottare un “sistema di creazione di valore a più ampio spettro che tenga conto del benessere sociale e ambientale nel suo complesso”.
Volano di questa concezione evoluta di sostenibilità è, secondo quanto riportato dalla relazione di DLA Piper, l’introduzione sempre più estesa di una politica di remunerazione degli amministratori dei componenti dell’organo di controllo e del top management vincolata al perseguimento di obiettivi ESG. L’impulso dato dal nuovo codice vuole infatti tentare di arginare la “tendenza delle società a massimizzare nel breve periodo il valore degli azionisti favorendo rendimenti a breve termine rispetto alla creazione di valore nel lungo periodo” scrivono Dima, Montalbetti e Ferrara Fierro.
Per assicurare il raggiungimento di tale obiettivo il codice invita inoltre, a non delegare solo al board le questioni di sostenibilità bensì a fare in modo che queste rientrino nell’intero sistema di controllo interno e di gestione dei rischi, ossia all’insieme delle regole, procedure e strutture organizzative finalizzate ad una effettiva ed efficace identificazione, misurazione, gestione e monitoraggio dei principali rischi della società.
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Come promuovere la sostenibilità sotto il profilo della corporate governance
Di certo ancora strada c’è da fare per promuovere fino in fondo, e nella maniera più efficace, la sostenibilità sotto il profilo della corporate governance e per fare in modo che i criteri ESG diventino parte integrante della strategia aziendale. I tre di DLA Piper, citando uno studio effettuato da Assonime, sostengono che sono ipotizzabili due alternative. La prima è inserire nell’oggetto sociale previsto dallo statuto anche il perseguimento dello sviluppo sostenibile tra le finalità a cui l’attività degli amministratori deve tendere. Questa soluzione è quella prevista per le società benefit. Uno dei requisiti principali per ottenere tale qualifica è, infatti, inserire ufficialmente la sostenibilità quale interesse e scopo sociale dell’impresa in maniera vincolante per il CdA.
La seconda alternativa è invece, secondo quanto riportato dall’analisi, prevedere la cura dei profili di sostenibilità tra gli obblighi di comportamento degli amministratori, anche tramite il conferimento di nuovi poteri e responsabilità. In questo modo, il perseguimento degli obiettivi ESG sarebbe un elemento su cui valutare l’operato e la diligenza degli amministratori, senza modificare lo scopo della società che rimarrebbe quello “usuale” del perseguimento di utili da distribuire ai soci.
Ad oggi, il Codice prevede questa seconda opzione, lasciando libera la disciplina sulle regole di governance dell’impresa.
I comitati di sostenibilità
La discrezione lasciata alle regole di governance ha fatto inoltre sì che in alcuni casi il CdA abbia istituito dei comitati ad hoc per il perseguimento degli obiettivi di sostenibilità spesso denominati comitati di sostenibilità, appunto. In altri casi, invece, gli amministratori hanno preferito attribuire tale compito a comitati preesistenti quale, per esempio, il comitato per il controllo rischi.
Dall’analisi emerge che l’istituzione di comitati di sostenibilità porta a risultati di maggiore rilevanza ed efficienza, in quanto tali organi comportano la creazione di un gruppo ristretto di esperti che, mettendo in campo la propria professionalità, esperienza e conoscenza, sono in grado far fronte alle mansioni riguardanti i vari temi ESG in esame. “Per tale motivo, non sembrerebbe auspicabile la scelta di conferire a comitati già esistenti l’incarico di perseguire il successo sostenibile che porterebbe, nella maggior parte dei casi, a un sovraccarico del comitato stesso che si vedrebbe oberato di incarichi e rischierebbe di perdere di vista l’obiettivo finale” scrivono Dima, Montalbetti e Ferrara Fierro.
Questa direzione, sottolineano i tre, è in particolar modo quella preferita soprattutto dai grandi fondi di investimento che, da un lato, sono sempre più orientati ad investire seguendo criteri di sostenibilità e, dall’altro, tendono a preferire società con una governance chiara e ben definita anche su tematiche ESG, come fattore decisionale per investire nelle stesse. I benefici di questa scelta, secondo l’analisi, sono sia di tipo reputazionale che connesse all’importanza attribuita alle valutazioni delle agenzie di rating ESG che esaminano e certificano la solidità di un fondo, ma anche di un emittente o di un titolo, dal punto di vista degli aspetti ambientali, sociali e di governance.
A che punto è il perseguimento degli obiettivi ESG in Italia per DLA Piper
Nonostante le buone intenzioni che sembrano apparire dall’analisi delle relazioni sul governo societario, la relazione di DLA Piper evidenzia come non sempre alla forma corrisponda realmente una sostanza. Complice la continua evoluzione normativa in ambito sostenibilità che permette di creare un alibi nell’incertezza, sono poche le società che hanno calato nel concreto del rispettivo business e dei processi decisionali un approccio diverso e strutturalmente volto alla sostenibilità.
Molte “svolgono ancora singole iniziative sostenibili senza l’adozione di una strategia di sostenibilità a monte che passi anche per chiare scelte di corporate governance” scrivono Dima, Montalbetti e Ferrara Fierro, concludendo: “Sarebbe, quindi, opportuno continuare a valorizzare l’importanza del tema della sostenibilità nelle scelte di Corporate Governance, attesi i benefici che le imprese potrebbero trarne da una gestione oculata della propria organizzazione interna”.