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Evento di Borsa Italiana

Regolamentazione ESG: gli impatti dell’evoluzione normativa sugli attori finanziari

Le sfide che il processo normativo sulla finanza sostenibile ha introdotto nel mondo degli operatori finanziari, siano essi banche o autorità di vigilanza, asset manager o compagnie di assicurazione, sono numerose e impegnative. Al contempo, però, l’iter legislativo degli ultimi anni fornisce anche diverse opportunità che, se colte in tempo e con le giuste modalità, possono rendere ancora più competitivi gli attori finanziari.

È quanto emerso nel corso del webinar “Evoluzione Normativa e Regolamentare: impatti su emittenti, investitori e intermediari” organizzato da Borsa Italiana con la Sustainable Finance Partnership, l’iniziativa lanciata nel 2021 con l’obiettivo di migliorare la cultura sulla finanza sostenibile valorizzando le esperienze dei partner per il mercato dei capitali italiano. E per riuscire a rispondere in modo adeguato al flusso continuo di novità regolamentari è importante una collaborazione e confronto costante tra gli operatori finanziari e le istituzioni e le autorità di vigilanza.

Regolamentazione ESG: il punto di vista delle autorità di vigilanza

Aumentare la conoscenza sulle materie ESG attraverso studi e ricerche, ma anche con la pratica della propria attività istituzionale di controllo. Sono questi due degli ambiti che vedono impegnata la Consob, l’autorità di vigilanza di riferimento nel settore finanziario che ha specifici incarichi anche in tema ESG per migliorare l’adozione delle pratiche ESG nel contesto finanziario italiano, ruolo che svolge a stretto contatto con le corrispettive europee, le ESA (EBA, EIOPA ed ESMA).

Con l’attività di vigilanza sulle questioni della sostenibilità, compresa la verifica sulle DNF (Dichiarazioni Non Finanziarie) delle aziende, la Consob intende innalzare la consapevolezza degli investitori retail e diffondere maggiore conoscenza degli investimenti ESG. Infatti, come sottolinea Nadia Linciano, Responsabile Divisione Studi della Consob, le rilevazioni annuali dell’autorità mostrano come la mancanza di conoscenza sia uno dei deterrenti verso gli investimenti ESG. A ciò si aggiunge il basso livello di engagement degli attori finanziari e il fatto che il quadro normativo sia in continua evoluzione. “Un chiaro esempio della confusione che deriva dalla normativa è il concetto di Do Not Significantly Harm, che viene declinato in modo diverso nella tassonomia rispetto all’SFDR. Oppure le lacune esistenti sulla nozione del fenomeno del greenwashing. Fenomeni di questo tipo complicano l’attività di vigilanza”, spiega l’esperta della Consob. 

Ma l’ostacolo maggiore alla vigilanza degli attori finanziari, secondo la Responsabile Divisione Studi della Consob, è la mancanza di standardizzazione di dati e informazioni. E su questo punto è d’accordo anche Luca Zucchelli, direttore del Dipartimento Vigilanza Bancaria e Finanziaria, Servizio Supervisione Intermediari Finanziari della Banca d’Italia, che sostiene che “un punto centrale è quello della difficoltà a reperire dati robusti e affidabili su cui poi basare le proprie analisi, metriche e sistemi di gestione del rischio. Questo influisce anche sulle analisi che vengono poi fatte dai soggetti interessati, ovvero dalle banche e dagli intermediari, e sulla loro capacità di gestione dei rischi”. 

All’interno della Banca d’Italia, spiega Zucchelli, c’è un comitato ad hoc che coordina le questioni legate alla sostenibilità. L’autorità di supervisione della banca si compie attraverso il confronto con le sedi di regolamentazione internazionale, come il comitato di Basilea, ed europee, con l’Autorità bancaria europea (EBA). 

“La regolamentazione sui principi di revisione”, sottolinea Zucchelli, “si è sviluppata molto negli ultimi anni. Basti pensare al noto Secondo pilastro di Basilea, o alla direttiva CRD dell’Autorità bancaria europea che richiede alle banche di definire piani di transizione. Anche nel mondo del risparmio gestito e delle assicurazioni, inoltre, sono state inserite delle modifiche a delle direttive preesistenti per integrare le questioni ESG nella governance e nei sistemi di gestione del rischio”. 

Un altro tassello fondamentale nel quadro della vigilanza europea, osserva l’esperto della Banca d’Italia, è il sistema di supervisione unico europeo della BCE. Tale sistema prevede la definizione di aspettative annuali, esercizi di autorevisione e, più recentemente, gli stress test sulle banche rilevanti.  “Un quadro che abbiamo cercato di tradurre a livello nazionale”, prosegue l’esperto, “Ad aprile 2022 abbiamo pubblicato le aspettative di vigilanza in materia di rischi climatici e ambientali dirette alle banche sottoposte alla nostra supervisione. Aspettative non prescrittive che avevano come area di interesse governance, gestione del rischio e le disclosure”.

Nonostante le insidie non siano assenti nel sistema normativo europeo, esso è quindi decisamente ambizioso e all’avanguardia rispetto al resto del mondo, come ha evidenziato Laura Rinaldi, Head of Unit, Financial sector and Access to Finance della Commissione UE.

L’esperta della Commissione ha ricordato che il quadro normativo europeo sulla finanza sostenibile si basa su 4 pilastri:

  • La tassonomia, che classifica le attività sostenibili;
  • La disclosure informativa per creare un’autodisciplina del mercato e che è legata anche al tema del greenwashing;
  • Il sistema di etichette dei prodotti sostenibili;
  • I meccanismi di vigilanza.

“La Commissione europea da un lato fissa le regole, dall’altro sostiene le autorità nazionali per implementare i framework con il supporto tecnico del Financial sector and Access to Finance, il dipartimento che dirigo. Così affianchiamo gli stati membri nel loro processo di sviluppo sulla base di esigenze di riforme proposte da loro stessi. Noi poi li aiutiamo a realizzarle non dando fondi, ma expertise”, afferma Rinaldi. 

Secondo quanto riferito dall’esperta, negli ultimi sette anni il dipartimento della Commissione che lei dirige ha supportato circa 160 progetti legati all’attuazione del Green Deal. “Nel settore finanziario abbiamo più di 20 progetti in oltre 20 Paesi. Questi coprono una dimensione strategica per le autorità nazionali sulla finanza sostenibile e una dimensione tramite la quale aiutiamo le banche e società di promozione ad identificare la capacità interna di sviluppo di attività sostenibili. Sono previsti anche sistemi di controllo e vigilanza per sviluppare modelli e metodologie di monitoraggio delle disclosure e della gestione dei rischi”, spiega Rinaldi. 

La risposta degli operatori di mercato al quadro normativo

Come rispondono gli operatori di mercato agli input e ai cambiamenti provenienti dal mondo normativo? In generale, lo fanno cercando di potenziare la propria strategia sostenibile identificando gli obiettivi di sostenibilità e individuando definizioni specifiche per i prodotti ESG coerenti con quanto previsto dalla regolamentazione europea e internazionale. 

Sycomore AM

In Sycomore AM, per esempio, hanno deciso di adottare la definizione ufficiale dell’SFDR di investimento sostenibile. Tuttavia la società di gestione francese ha sviluppato un proprio modello già da 10 anni e aveva previsto una descrizione di cosa volesse dire investimento ESG, come sottolinea Francesca Mozzati, Product Specialist, CFA ESG di Sycomore AM. “La sostenibilità è alla base del nostro modello di business e abbiamo da oltre un decennio abbiamo investito in metriche proprietarie per misurare i nostri investimenti. E queste metriche sono ora al servizio della nuova normativa”, aggiunge Mozzati.

Tra le metriche, ad esempio, la “societal contribution”, che misura con un’analisi quantitativa variabili delle aziende investite quali la salute e la sicurezza, la diversità e l’inclusione. Oltre alla metodologia proprietaria, la società ha affinato la propria gestione degli investimenti sostenibili tramite il ricorso alla politica di esclusione e al monitoraggio delle controversie. Le metriche e la metodologia di Sycomore AM, consentono quindi ai gestori di valutare un fondo attraverso strumenti diversi e non soltanto tramite i regolamenti, come per esempio l’SFDR. 

IMPact SGR

Anche un altro gestore, IMPact SGR, incorpora ormai nel proprio processo di selezione degli investimenti i criteri ESG, con particolare attenzione al “designi dei prodotti articolo 9 SFDR”, afferma Dario Mangilli, Head of Sustainabilityd di IMPact SGR. “Per valutare le aziende in cui investire ci concentriamo sulla misurazione degli effetti reali che generano, ricorrendo ad alcuni dati di impatto. Inoltre, utilizziamo anche dei dati ESG che misurano invece la capacità manageriale delle società di integrare rischi e opportunità ESG nei processi decisionali”, prosegue Mangilli. 

IMPact SGR, inoltre, integra un quadro di riferimento basato sulla normativa che definisce metriche e indicatori utili per la politica di investimento. E per quanto riguarda i fornitori di dati sulla sostenibilità, la società si rivolge e diverse tipologie di fonti per diversificare e fortificare il proprio approccio. 

Infine, tra i tanti riferimenti normativi, la tassonomia riveste un ruolo fondamentale per IMPact SGR, soprattutto per la dimensione ambientale. “Oltre alla traiettoria di decarbonizzazione delle aziende, ovvero scope 1, 2 e 3, che deve essere almeno del 7% all’anno, guardiamo all’allineamento alle attività tassonomiche delle società per i primi due obiettivi inseriti nella tassonomia, ovvero la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’adattamento ai cambiamenti climatici”, aggiunge Mangilli. 

HDI Assicurazioni

Allungando lo sguardo verso altri tipi di operatori di mercato, tra le realtà del settore assicurativo, invece, HDI Assicurazioni è una società che si pone l’obiettivo di essere proattiva dal punto di vista della sostenibilità. L’azienda, infatti, già da qualche anno ha iniziato ad inserire approcci di esclusione e di decarbonizzazione del portafoglio, per poi creare portafogli sostenibili come quelli di green, social e sustainability-linked bond. “Anche l’attività di engagement è al centro della nostra strategia di sostenibilità, soprattutto quella indirizzata alle società che costituiscono il nostro portafoglio”, commenta Emilio Pastore, Responsabile Tesoreria e Investimenti di HDI Assicurazioni. Per compagnie di assicurazione, secondo Pastore, non è possibile prescindere dall’incorporazione dei fattori ESG nella propria attività anche per la stretta connessione tra concetti come sostenibilità e reputazione, elemento imprescindibile per una Compagnia di assicurazione.

ERM

Altro attore fondamentale per l’evoluzione della finanza sostenibile è il mondo della consulenza sulla sostenibilità. Ne è testimone Giovanni Aquaro, Partner e ESG Lead di ERM. La particolarità di questo genere di operatore di mercato è che ha una visione a 360 gradi sia dello sviluppo normativo sia dei comportamenti delle aziende e dell’asset management rispetto alla sostenibilità. 

“Il contesto normativo attuale sulla finanza ESG, soprattutto l’avvento dell’SFDR, ha portato il mercato ad essere più critico. In pratica questo vuol dire che i gestori non fanno più dichiarazioni e non prendono impegni che non corrispondono alla realtà”, spiega Aquaro. 

Un argomento su cui, in quanto società di consulenza della sostenibilità, ERM insiste molto è, infine, l’integrazione dei rischi climatici nelle strategie di investimento. E lo fa tenendo in considerazione sia il punto di vista delle aziende, sia quello delle società di asset management. “Individuare i rischi climatici è importante perché è fondamentale capire in che modo possono avere impatti sulla revenue e sulla marginalità di un’azienda. Quello che facciamo, quindi, è inserire i presidi di analisi del rischio al giusto livello della catena di investimento. A nostro avviso deve esserci un lavoro congiunto tra società di gestione e azienda. Quest’ultima deve intervenire laddove l’asset manager non può giungere, perché l’azienda ha a disposizione i dati fondamentali per valutare i rischi”, conclude l’esperto di ERM.