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Normativa

Mediobanca: il punto su finanza sostenibile e greenwashing

Con l’espansione del mercato dei prodotti finanziari ESG e la sentita necessità di far fronte alle sfide globali attuali – tra cui figurano il cambiamento climatico, le disuguaglianze di genere e la lotta alla povertà – identificare le pratiche di greenwashing e contrastarle è una prerogativa fondamentale per raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Generalmente inteso come informazioni fuorvianti sulle effettive caratteristiche di sostenibilità dei prodotti finanziari, il greenwashing, ormai meglio definibile come ESG-washing, è sicuramente tra i maggiori timori e rischi percepiti dalla platea di investitori e una priorità globale in cima all’agenda dei regulator su scala internazionale. 

L’evento Finanza sostenibile e Greenwashing tenutosi nella sede di Mediobanca a Milano e organizzato assieme a KPMG, si è inserito in questo contesto con una finalità divulgativa e un panel di esponenti della vigilanza, operatori di mercato e professionisti di settore. Come ricordato in apertura da Giovanna Frati, Vice Responsabile dell’Ufficio Vigilanza SGR e OICR di CONSOB, l’attuale contesto regolamentare non definisce ancora con chiarezza i comportamenti illeciti imputabili al greenwashing e questo determina maggiori rischi per tutti gli stakeholder del mercato dei capitali e dei sevizi finanziari, siano essi emittenti, intermediari bancari e finanziari, investitori o consumatori.

L’assenza di una chiara definizione di greenwashing può comportare una eccessiva prudenza per i fornitori di servizi e prodotti finanziari e minare di conseguenza la fiducia degli investitori o consumatori nei prodotti sostenibili. Oppure, alimentare fenomeni di green bleaching, ossia, come spiegato da PierMario Barzaghi, Partner di KPMG, Head of Sustainability Services, “la circostanza in cui i player del mercato finanziario decidono di non dichiarare le caratteristiche ESG dei propri prodotti per non incorrere in ulteriori obblighi o rischi legali”.

Occorre, quindi, in questo mare magnum di informative e proposte d’investimento innovative fare chiarezza. In primo luogo, cercando di ridurre l’eccessiva discrezionalità concessa – ancora – ai market partecipants, ciascuno dei quali fa affidamento a centinaia di differenti data provider. Al contempo, è necessario perseverare negli sforzi di definizione di linee guida chiare che definiscano (una volta per tutte) quali sono gli investimenti che possono essere ritenuti sostenibili e quali standard utilizzare per la rendicontazione delle performance ESG di una azienda o delle caratteristiche di sostenibilità di un prodotto finanziario. In questo senso, la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Standard Directive) e la tassonomia ambientale sono arrivate in soccorso, ma, come ricordato dalla Frati, le normative sono in evoluzione e ci sono attese per la CSDD (EU Corporate Sustainability Due Diligence Directive) e la tassonomia sociale.

Una luce di speranza in un quadro della finanza sostenibile complesso, articolato e ancora in via di definizione, è data dalla consapevolezza condivisa tra gli operatori del sistema finanziario di quanto i rischi di greenwashing possano minare la fiducia degli investitori ancor prima che il mercato degli investimenti sostenibili possa pienamente e ordinatamente svilupparsi. Da qui la necessità di continue evoluzioni normative e dei relativi framework. I regulator, infatti, consci del rischio e dell’ampiezza del fenomeno del greenwashing, sembrano ben intenzionati a completare il quadro normativo esistente con una terminologia chiara ed esaustiva.

Tanto è vero che l’ESMA (European Securities and Markets Authority) a novembre 2022 ha avviato una consultazione pubblica sull’utilizzo nel nome dei fondi di investimento di termini legati alle caratteristiche ESG e alla sostenibilità affinché siano evitati messaggi fuorvianti; lo IOSCO (International Organization of Securities Commissions) ha ribadito la necessità di una convergenza di azione di tutti i partecipanti ai mercati finanziari affinché agiscano per contrastare il rischio di greenwashing che si può verificare lungo tutto il ciclo di vita dell’investimento, non solo in fase di vendita; e le tre autorità di vigilanza europee (EBA, EIOPA ed ESMA – ESA), hanno lanciato una Call for Evidence, finalizzata a raccogliere informazioni sui rischi e sulle pratiche di greenwashing nei settori bancario, assicurativo e dei mercati finanziari.

In particolare, le ESA, ciascuna separatamente ma attraverso un lavoro congiunto, dovranno presentare a fine maggio 2023 una relazione sullo stato di avanzamento e a fine maggio 2024 una relazione in merito ai casi di greenwashing che si verificano nel settore finanziario dell’UE, nonché sulle azioni di vigilanza intraprese e sulle sfide affrontate per affrontare i relativi rischi.

“Negli ultimi anni vi è stata una crescita esponenziale degli investimenti sostenibili nel settore finanziario” ha commentato Massimiliano Carnevali, Group Chief Compliance Officer di Mediobanca, “Un trend per certi versi inatteso, alla luce anche delle basi informative pressoché embrionali e di un quadro regolamentare articolato e ancora in costruzione, che ha determinato l’insorgere, nel nostro comparto in particolare, del rischio di greenwashing”.

Il group chief ha menzionato una serie di fenomeni esemplificativi come la declassificazione dei fondi art.8 e art.9 per la SFDR, iniziato a metà del 2021, che ha portato instabilità nel settore del risparmio gestito; o i casi in cui, per quanto riguarda le obbligazioni ESG (green, social o sustainability bond), si ottengono finanziamenti che non vengono poi usati per attività sostenibili; oppure ancora, nel caso dei sustainability-linked bond si indicano KPI ESG che non vengono rispettati alla data dichiarata portando a una modifica da parte dell’emittente degli obiettivi per scongiurare l’aumento del costo del capitale.

“La creazione di un level playing field con una definizione certa e ragionevole di ESG-washing è un elemento essenziale per non frenare un processo virtuoso di investimenti nell’economia reale con un orientamento allo sviluppo sostenibile” ha concluso Carnevali.