Consulenza finanziaria

Consob: nei questionari dei consulenti necessari progressi, anche su preferenze di sostenibilità

Come sono svolti i questionari di profilazione dei clienti da parte dei consulenti finanziari? La Consob ha effettuato un aggiornamento del primo studio sulla materia del 2012, riscontrando un miglioramento, ma anche aspetti che possono essere ancora resi più chiari. L’analisi, effettuata prima dell’introduzione nell’agosto 2022 della revisione dei questionari Mifid II che prevede la specifica inclusione di domande sugli investimenti ESG nei questionari, mostra che prima di quella data solo 2 formulari, sul campione di 22 intermediari bancari, ponevano quesiti sulle preferenze di sostenibilità, ma non ne tenevano conto nella profilazione del cliente.

Un aspetto che è ora cambiato con l’introduzione della nuova normativa, come evidenzia il discussion paper pubblicato dalla Consob sulla Profilazione della clientela ai fini della valutazione di adeguatezza” che approfondisce il tema della rilevazione delle preferenze di sostenibilità. D’altronde, come messo in luce dall’Osservatorio Consob 2021, coloro che si dichiarano interessati agli investimenti sostenibili rappresentano il 73% del campione degli intervistati, dato in aumento rispetto agli anni precedenti.

In generale, secondo quanto emerso dall’approfondimento Consob, i questionari utilizzati dagli intermediari finanziari per valutare l’adeguatezza degli strumenti finanziari forniti ai clienti sono diventati di più facile comprensione rispetto a dieci anni fa. In particolare, la Consob ha riscontrato una crescente attenzione verso l’utilizzo di metriche tali da contenere i rischi di orientamenti opportunistici delle profilazioni, non allineate alle caratteristiche effettive della clientela.

Tra i margini di miglioramento su cui si può lavorare, la Consob sottolinea l’eccessiva permanenza di domande per la rilevazione delle conoscenze finanziarie basate sull’auto-valutazione e la mancata valorizzazione di talune informazioni raccolte in sede di somministrazione del questionario. Per rendere più chiari i concetti a cui si riferiscono i questionari il report suggerisce l’introduzione di esempi concreti relativi alle situazioni finanziarie a cui le domande fanno riferimento e l’utilizzo di grafici.

Come comprendere le preferenze di sostenibilità del cliente

Dal 2 agosto 2022 gli intermediari devono integrare nei questionari sulla profilazione del cliente le preferenze di sostenibilità, con un certo grado di dettaglio e arrivando a comprendere la percentuale di portafoglio che l’investitore vorrebbe impiegare in tali prodotti. Nello scorso mese di settembre l’ESMA nei suoi Orientamenti ha precisato che il consulente deve aiutare i clienti a comprendere il concetto di preferenze di sostenibilità, spiegando le caratteristiche di tali prodotti in modo chiaro ed evitando un linguaggio tecnico per poi  individuare tra i prodotti adeguati da proporre al risparmiatore.

La Consob sottolinea che, seppure dagli studi appare evidente un identikit del cliente che generalmente ha una maggiore preferenza per gli investimenti sostenibili (donne, giovani, con carattere altruista), mentre coloro che hanno un approccio più di breve termine (short termism) generalmente non sono avvezzi a un approccio sostenibile , il professionista deve evitare gli stereotipi pensando che l’individuo condivida le preferenze del gruppo sociale di appartenenza.

Tornando al tema della sostenibilità, secondo la Consob anche il riferimento ai più comuni stereotipi, ad esempio la tendenza a ritenere che un individuo condivida le preferenze del gruppo sociale di appartenenza, potrebbe influenzare la valutazione di adeguatezza e l’informativa al cliente. Ad esempio, le donne e le persone giovani, ad alto reddito e con un elevato livello di istruzione sono generalmente considerate più attente ai temi della sostenibilità rispetto ad altri investitori. Una sopravvalutazione delle evidenze a sostegno di tali stereotipi potrebbe indurre a ignorare le motivazioni e le preferenze di clienti che non appartengono a questi gruppi.

Il professionista deve stare attento a evitare l’effetto di falso consenso. Questo bias consiste nella tendenza a ritenere che gli individui con cui si entra in relazione condividano le proprie convinzioni e preferenze. Ciò potrebbe scoraggiare dal proporre prodotti sostenibili i consulenti che considerano il concetto di investimento sostenibile troppo “confuso” o “complesso”. Nella stessa direzione potrebbe agire la convinzione del consulente che ritiene i propri clienti più propensi a privilegiare i profili finanziari dell’investimento rispetto alle caratteristiche di sostenibilità.

La rilevazione delle preferenze di sostenibilità in Europa

Nel discussion paper la Consob allarga lo sguardo al di fuori dell’Italia per esplorare come vengono rilevate le preferenze di sostenibilità in altri Paesi europei. Alla fine del 2021, il think tank indipendente 2° Investing Initiative ha condotto una campagna di mystery shopping in sei paesi europei (Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda e Romania). La campagna si è concentrata sulla considerazione delle motivazioni di sostenibilità dei clienti da parte dei consulenti finanziari, pochi mesi prima dell’applicazione della revisione della MiFID II entrata in vigore nell’agosto 2022.

L’esercizio ha evidenziato che le prassi operative dei consulenti finanziari europei sono molto eterogenee e che la valutazione del profilo del potenziale cliente (per quanto riguarda sia le preferenze di sostenibilità sia le altre variabili informative) è ancora in gran parte effettuata in modo informale. Inoltre, quasi il 50% dei consulenti non registra le informazioni raccolte. Peraltro, solo nel 55% dei casi il consulente che ha rilevato informazioni in merito alle preferenze di sostenibilità ha poi proposto un prodotto sostenibile.

Tali evidenze si associano a una conoscenza dei prodotti sostenibili ancora contenuta da parte dei consulenti finanziari: tranne che in Danimarca e in Germania, solo pochi tra i professionisti coinvolti nel mystery shopping si sono dimostrati competenti e preparati. Tale aspetto appare tanto più rilevante se si considerano le difficoltà connesse alla necessità di tradurre le definizioni tecniche individuate dalla normativa MiFID II in domande chiare e semplici, adatte al basso livello di conoscenza dei clienti retail, e la conseguente eterogeneità che potrebbe registrarsi nelle prassi di profilazione e distribuzione.

Dall’analisi il think tank elabora poi alcuni suggerimenti da mettere in pratica per i policy makers, tra cui: la necessità di orientamenti per la formazione specifica dei consulenti; l’esigenza di prevenire opzioni di scelta predefinite basate sulla gamma di prodotti del distributore; la necessità di individuare linee guida per adattare le preferenze di sostenibilità, in caso di mancanza di specifici prodotti nella gamma di offerta della banca.