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Evento ItaSIF e DNV

CSRD e CSDD: il settore Fashion & Luxury pronto a cogliere opportunità e sfide della normativa

Il settore del Fashion & Luxury può svolgere un ruolo chiave nel processo di transizione. Per farlo, però, deve sfruttare le opportunità e affrontare le sfide legate al processo normativo europeo. Ed è importante che si attivino tutti i protagonisti della filiera, dai fornitori ai rivenditori del settore moda. È quanto emerso dal webinar moderato da Francesco Bicciato, direttore generale del Forum per la Finanza Sostenibile “Sostenibilità nel settore Fashion & Luxury: sfide e opportunità di CSRD e CSDDD”, organizzato dal Forum per la Finanza Sostenibile in collaborazione con DNV, ente indipendente che opera in più di 100 Paesi fornendo servizi di certificazione, assurance e gestione del rischio.

Da una parte, l’entrata in vigore della Direttiva UE sulla rendicontazione in materia di sostenibilità (CSRD) comporta in prima battuta la necessità, per i soggetti obbligati, di definire e attuare strategie di sostenibilità. Dall’altra, la proposta di Direttiva sulla Corporate Sustainability Due Diligence (CSDDD) mira a introdurre requisiti obbligatori di due diligence che le aziende dovranno implementare per identificare, prevenire e mitigare gli impatti negativi delle attività delle aziende sui diritti umani e sull’ambiente.

L’obiettivo è promuovere comportamenti aziendali sostenibili e responsabili lungo l’intera catena del valore, garantendo maggiore certezza del diritto per le imprese e maggiore trasparenza per consumatori e investitori. “La normativa impone alle organizzazioni di dimostrare responsabilità lungo tutta la propria filiera, sia per quanto riguarda i temi ambientali che sociali. Ci saranno diverse implicazioni per le società che si confronteranno con questa necessità”, spiega Riccardo Arena, ESG Line Manager di DNV.

“Il settore Fushion & Luxury sta ricevendo direttive di compliance molto sfidanti. Noi DNV siamo attivi da alcuni anni, per dare fiducia ai vari stakeholder rispetto alle valutazioni fatte. Nel settore Fashion & Luxury i requisiti di compliance possono essere delle vere opportunità, anche di mercato”, sostiene Alessandro Di Benedetto, Sales Manager presso DNV.

In questo contesto, uno dei player più importanti nel settore moda italiano, il gruppo Tod’s, non resta indietro. “Tod’s è da sempre attenta alla filiera in ottica sostenibile. L’azienda ha attivato un processo di reporting strutturale sulle tematiche ESH che coinvolge tutti gli stakeholder, che nel 2022 sono stati 400, oltre a un milione di clienti in tutto il mondo”, afferma Chiara Murano, Head of Corporate Social Responsibility del gruppo Tod’s, “Dal 2017, inoltre, il gruppo pubblica la DNF (dichiarazione non finanziaria, ndr), dove da poco ha iniziato a integrare i requisiti richiesti dalla CSRD, tra i quali in primis la doppia materialità. Già dal 2019, però, Tod’s ha avviato un programma di audit sulle filiere che include il rispetto dei diritti umani e la compliance ambientale. In vista della CSRD e CSDDD l’obiettivo è arrivare a un sistema di gestione di queste attività più strutturato, nell’ottica di contribuire a guidare processi di miglioramento dell’ecosistema produttivo dei temi ambientali, sociali e di governance. Nel corso dell’ultimo anno, poi, il gruppo ha rafforzato il piano di sostenibilità al 2025 e ha aderito al Global Compact delle Nazioni Unite”.

Anche sul fronte della governance ESG, Tod’s si sta impegnando, prosegue Murano, ad esempio per rafforzare la presenza femminile nel gruppo, che al 31 dicembre 2022 era pari al 70% dell’organico complessivo e il 60% delle donne era in posizioni manageriali. “Un altro aspetto molto caro a Tod’s è il tema della formazione e dello sviluppo professionale, che il gruppo promuove tramite l’academy Bottega dei Mestieri, favorendo il ricambio generazionale”, aggiunge l’Head of Corporate Social Responsibility.

Sul piano ambientale, Tod’s ha iniziato a misurare anche le emissioni Scope 3, cercando di ridurre l’impronta a partire dai siti produttivi logistici. “Il gruppo sta cercando di integrare la tutela ambientale e delle persone lungo tutto il ciclo produttivo, anche per anticipare la CSDDD”, conclude Murano.

Ma, come si diceva, tutta la filiera deve attivarsi per stare al passo con gli sviluppi normativi, anche i fornitori. Ne è un esempio il gruppo Piacenza, che comprende Piacenza 1733, Lanificio Cerruti e Lanificio Piemontese, azienda attiva nella produzione di lane extrafini e fibre nobili. “Rispetto a Tod’s, il gruppo Piacenza rappresenta la parte che sta a monte della filiera. In quanto tale, ha una responsabilità enorme perché è la parte della filiera che impatta di più sull’ambiente”, afferma Alessandro Canepa, R&D Manager del gruppo Piacenza.

Conscia di questa responsabilità, negli ultimi anni la società ha perfezionato negli ultimi anni il processo di controllo della filiera, anche in conseguenza della pressione dei brand interlocutori, sempre più attenti alle tematiche della sostenibilità. “Negli ultimi anni questa pressione è stata poi alimentata dall’UE con la normativa sull’ecodesign, normativa che aiuterà anche a standardizzare e semplificare i processi di certificazione dei prodotti”, aggiunge Canepa.

A proposito di standardizzazione, il gruppo Piacenza ha sviluppato, in collaborazione con DNV, il politecnico di Milano, ENEA, il CNR e il sistema moda Italia, il Progetto Trick, con l’obiettivo di creare una piattaforma, supportata dalla tecnologia blockchain, che promuova l’economia circolare e un maggiore controllo della filiera nel settore tessile e moda. “Il progetto vuole garantire la tracciabilità dei prodotti lungo la supply chain, per informare accuratamente i clienti. Si tratta di un’esigenza sempre più forte, che è evidente anche nelle ultime iniziative europee come l’adozione di un passaporto digitale dei prodotti (DPP, Digital Product Passport), un’etichetta che contiene informazioni utili ai clienti quali la composizione e il riciclo di un capo”, conclude Canepa.

Non solo le aziende, ma anche la finanza ha un ruolo centrale nell’adattamento del settore tessile e moda alla transizione. Ne è ben conscia Crédit Agricole CIB, il ramo corporate e investment banking del gruppo Crédit Agricole, che sostiene le aziende e i clienti interessati a operazioni di finanza sostenibile. “La finanza serve per monitorare e incentivare i miglioramenti dei processi. In questo modo quello che offriamo ai clienti sono le competenze che servono per avere strumenti che sostengono questo cambiamento. Quando si parla di finanza sostenibile si parla di concretezza”, sostiene Alberto Bezzi, Head of Middle Office Trade Finance di Crédit Agricole CIB Italy.

“La finanza è il ponte necessario per passare da investimenti di breve termine a obiettivi di lungo periodo che abilitano la transizione. Per farlo, gli attori finanziari hanno bisogno di un contesto chiaro e che garantisca la trasparenza delle operazioni di mercato”, afferma Giancarlo Pavia, Executive Director di Sustainable Investment Banking di Crédit Agricole CIB Italy.

Il sostegno non è solo economico, ma anche legale. “Il nostro principale obiettivo è quello di sostenere le imprese nell’arginare il rischio di greenwashing”, conclude Simone Davini, Head of Legal di Crédit Agricole CIB Italy, “ma per migliorare il nostro lavoro rispetto a questo punto è necessario che il quadro normativo si uniformi perché attualmente è molto frammentato”.