Le banche europee sono ancora lontane dall’incorporare il rischio climatico nei propri stress test e nelle proprie politiche interne e scelte finanziarie. È quanto rivelano i risultati, pubblicati oggi, dello stress test della BCE avviato a fine gennaio. Nonostante si rilevino miglioramenti rispetto al 2020, dall’analisi è emerso che gli istituti bancari non sono ancora in linea con le best practice suggerite dalla BCE e, in particolare, circa il 60% non dispone ancora di un quadro di stress test sul rischio climatico, la maggior parte delle banche non include il rischio climatico nei propri modelli di rischio di credito e solo il 20% considera il rischio climatico come una variabile nella concessione dei prestiti.
“Le banche dell’area Euro devono urgentemente intensificare gli sforzi per misurare e gestire il rischio climatico, colmando le attuali carenze di dati e adottando le buone pratiche già presenti nel settore”ha dichiarato Andrea Enria, presidente del Consiglio di vigilanza della BCE.
Il test, che fa parte della più ampia tabella di marcia della BCE in materia di clima ha raccolto informazioni, qualitative e quantitative, con l’obiettivo di valutare la preparazione del settore al rischio climatico e di raccogliere le migliori pratiche per affrontare i rischi legati al clima.
“Questo esercizio rappresenta una tappa fondamentale nel percorso per rendere il nostro sistema finanziario più resiliente ai rischi climatici” ha dichiarato Frank Elderson, vicepresidente del Consiglio di vigilanza della BCE, “Ci aspettiamo che le banche intraprendano azioni decisive e sviluppino solidi quadri di stress test climatici nel breve e medio termine”. Elderson ha sottolineato in un Tweet che le banche non hanno robusti quadri operativi per testare i rischi climatici, mancano dei dati rilevanti e devono ancora includere i rischi climatici nelle politiche di credito e nella loro attività complessiva.
Al test hanno partecipato 104 banche ed è stato composto da tre moduli in cui gli istituti coinvolti hanno fornito informazioni sulle proprie capacità di stress-testing climatico, sulla dipendenza da settori che emettono carbonio e sulla performance in diversi scenari su vari orizzonti temporali. Nello specifico, la prova di stress “bottom-up” nell’ambito del terzo modulo è stata limitata a 41 banche sottoposte a vigilanza diretta per garantire la proporzionalità con le banche più piccole.
Indice
Le capacità di stress-testing climatico
I risultati del primo modulo mostrano che circa il 60% delle banche non dispone ancora di un quadro di stress test sul rischio climatico. Allo stesso modo, la maggior parte delle banche non include il rischio climatico nei propri modelli di rischio di credito e solo il 20% considera il rischio climatico come una variabile nella concessione dei prestiti. Attualmente le banche non sono in linea con le migliori pratiche, secondo le quali dovrebbero stabilire capacità di stress-testing climatico includendo diversi canali di trasmissione del rischio climatico (per esempio, rischi di mercato e di credito) e i portafogli (imprese e mutui).
La dipendenza da settori che emettono carbonio
Il secondo modulo del test rileva che, in aggregato, quasi due terzi del reddito delle banche deriva da industrie ad alta intensità di gas serra. In molti casi, le “emissioni finanziate” dalle banche provengono da un piccolo numero di grandi controparti, il che aumenta la loro esposizione ai rischi di transizione. Le banche spesso si affidano a proxy per stimare la loro esposizione ai settori ad alta intensità di emissioni. Sebbene questo sia un buon primo passo per colmare le lacune di dati, è necessario intensificare il coinvolgimento dei clienti per ottenere dati più precisi sui piani di transizione dei loro clienti. Questo è un prerequisito fondamentale affinché le banche possano valutare e gestire la loro esposizione ai rischi climatici in futuro.
La prova di stress “bottom-up”
La prova di stress “bottom-up” del terzo modulo ha richiesto alle banche di prevedere il livello delle perdite in caso di eventi meteorologici estremi e in scenari di transizione con diversi orizzonti temporali. Il test ha confermato che il rischio fisico ha un impatto eterogeneo sulle banche europee. I risultati mostrano che la vulnerabilità delle banche a uno scenario di siccità e calore dipende fortemente dal tipo di attività e dalla posizione geografica delle loro esposizioni. L’impatto di questo rischio si concretizza in una diminuzione della produttività dei settori, per esempio nell’agricoltura e nell’edilizia, e in un aumento delle perdite sui prestiti nelle aree colpite. Analogamente, nello scenario riguardante il rischio di alluvione, si prevede che le garanzie immobiliari, i mutui ipotecari e i prestiti alle imprese sottostanti subiscano danni, in particolare nelle località più colpite.
Gli impatti economici del cambiamento climatico
Lo stress test ha dunque mostrato che le perdite di credito e di mercato di una transizione “disordinata” e considerando i due scenari di rischio fisico ( siccità e calore e alluvioni) ammontano complessivamente a circa 70 miliardi di euro per le 41 banche in questione. Tuttavia, questo dato sottostima in modo significativo gli impatti economici del cambiamento climatico, in quanto riflette solo una frazione del pericolo reale, a causa della scarsità di dati disponibili in questa fase iniziale, della modellazione alla base delle proiezioni delle banche (che cattura solo in modo rudimentale i fattori climatici), dell’esclusione dagli scenari di eventuali crisi economiche e altri impatti e delle esposizioni prese in considerazione nell’esercizio (che rappresentano solo circa un terzo delle esposizioni totali delle 41 banche).
Per quanto riguarda le proiezioni a lungo termine delle banche in base a diversi scenari di rischio climatico, i risultati mostrano che una transizione verde “ordinata” si traduce in perdite inferiori rispetto a un’azione disordinata o a nessuna politica di intervento. Tuttavia, le banche riescono a malapena a distinguere tra i vari scenari a lungo termine perché non dispongono di strategie solide, se non la tendenza a ridurre le esposizioni dei settori più inquinanti e a sostenere le imprese che emettono meno carbonio. Pertanto, gli istituti bancari devono considerare i canali di trasmissione diretti e indiretti nei loro piani strategici a lungo termine.
Cosa comporta lo stress test per le banche
I risultati di questo stress test confluiranno in un processo di revisione e valutazione prudenziale da un punto di vista qualitativo. Quest’anno non è previsto un impatto diretto sul capitale. Tutte le banche partecipanti hanno ricevuto un feedback individuale e sono tenute ad agire di conseguenza, in linea con la serie di best practice aggiornate che la BCE pubblicherà entro la fine dell’anno. Integreranno poi i risultati di altre attività di vigilanza attualmente in corso, come la revisione tematica del 2022 che punta a stabilire in che modo e se le banche stanno incorporando i rischi climatici e ambientali nelle loro strategie, nella governance e nella gestione del rischio.
Prosegue dunque l’azione per il clima della Banca centrale europea che quattro giorni fa ha, inoltre, adottato ulteriori misure per integrare il cambiamento climatico nelle proprie operazioni di politica monetaria dell’Eurosistema.