La crisi energetica continua ad attanagliare le economie europee. Si prevede, infatti, che nell’ultimo trimestre del 2022 e nel primo trimestre del 2023, l’impatto economico della guerra energetica colpirà il cuore dell’Europa. Stando a un report dell’Economist Intelligence Unit, le economie più a rischio questo inverno saranno quelle dei paesi dell’Europa centrale come Ungheria, Repubblica Ceca e Repubblica Slovacca, anche a causa del loro importante coinvolgimento nella supply chain tedesca. La scarsità del gas metterà inoltre a dura prova il settore industriale in Germania, ma anche in Austria e in Italia.
Il nostro Paese, però, ha il vantaggio di una posizione geografica strategica: può contare infatti sull’accesso ad altri gasdotti e infrastrutture di Gnl. L’Italia ha già ridotto notevolmente la ben nota dipendenza dal gas russo: dal 40% si è passati al 25% grazie a maggiori importazioni da Algeria, Azerbaigian e altri paesi. Sempre secondo l’Economist, è quindi probabile che il razionamento per gli italiani sia limitato. Il giornale britannico, tuttavia, sottolinea l’alta esposizione al rischio di alcuni settori industriali come quello meccanico e metallurgico. Inoltre, il gas ha occupato, nell’ultimo decennio, un posto sempre più importante nel mix energetico italiano e il 50% dell’energia viene oggi prodotta da centrali a gas (nel 2000 era solo il 37%), come ricorda l’Istituto Affari Internazionali. Non solo il caro bollette, ma una strategia energetica complessiva sarà quindi la sfida principale sul tavolo del nuovo governo.
Indice
Prezzi dell’energia alle stelle. Come siamo arrivati a questo punto?
Il calo della produzione interna di gas nell’Eurozona ha favorito, negli anni, la dipendenza dal gas russo. L’impatto dell’invasione russa dell’Ucraina sui prezzi dell’energia è stato quindi immediato. I prezzi di petrolio, carbone e gas sono aumentati rispettivamente del 40%, 130% e 180% dopo due settimane dall’inizio del conflitto il 24 febbraio 2022. Di conseguenza, i prezzi del gas hanno determinato un aumento dei prezzi all’ingrosso dell’elettricità nell’area euro.
La volatilità dei prezzi, sottolinea il bollettino economico della Bce, era già cominciata a dicembre 2021, quando si era cominciato a parlare di una potenziale invasione russa dell’Ucraina. Ma secondo un’analisi Ocse, i problemi alla base della crisi energetica sono ben più strutturali. Le ragioni dell’aumento del prezzo del gas nel post-pandemia sono da ricercarsi altrove: oltre alla forte ripresa dell’economia e dei consumi, a pesare è stata la mancanza di investimenti nel settore energetico e la scarsa regolamentazione del mercato.
Gli alti prezzi dell’energia potrebbero diventare la “nuova normalità”, come avverte l’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza. E l’attuale instabilità del “trilemma energetico” – sicurezza, accessibilità e sostenibilità – se non gestita a dovere potrebbe sabotare la transizione energetica e minare la leadership globale dell’Unione Europea in materia di clima. Per mitigare gli effetti della volatilità dei mercati del gas, l’Istituto europeo suggerisce innanzitutto di adottare le strategie tradizionalmente utilizzate per il petrolio, come la predisposizione di riserve e la distribuzione di sussidi per le famiglie a basso reddito. La legge italiana prevede già lo stoccaggio obbligatorio, e dallo scorso giugno anche l’UE ha adottato nuove normative in materia di stoccaggio del gas che impongono agli Stati membri di riempire gli impianti di stoccaggio all’80% della capacità entro novembre di quest’anno, e al 90% negli anni successivi. L’Italia, su questo tema, si trova già avanti i principali partner europei: ha raggiunto a fine settembre l’obiettivo del 90% degli stoccaggi di gas e punta a superare questa soglia in vista dei picchi di consumi invernali.
Risparmio energetico e incentivi. Un difficile equilibrio
La crisi energetica potrebbe produrre un cambiamento irreversibile nelle abitudini di consumo. I prezzi elevati dell’energia hanno infatti l’effetto di abbassare la domanda e di indurre quindi un cambiamento dei comportamenti in una direzione che potrebbe agevolare la transizione energetica. Anche per queste ragioni, secondo l’Oxford Institute for Energy Studies, “i governi dovrebbero evitare interventi a breve termine che indeboliscano l’incentivo dei consumatori a ridurre la domanda di energia e che aumentino la percezione del rischio politico da parte degli investitori”. Mentre mette in guardia da una protezione generalizzata dei consumatori dall’aumento dei prezzi, lo studio supporta anche la validità delle politiche basate su aiuti mirati, ad esempio, a supporto delle persone più vulnerabili. In via definitiva, alleggerire le bollette delle famiglie in difficoltà resta una priorità, che, infatti, è parte della strategia in 10 punti dell’International Energy Agency per ridurre la dipendenza dell’Europa dall’importazione di gas naturale russo.
Il futuro del mercato energetico
Negli ultimi 30 anni, la direzione presa dai governi europei è stata quella di privatizzare, liberalizzare e, in teoria, rendere competitivo il mercato dell’energia. La guerra in Ucraina, però, ha forzato i paesi ad agire in una direzione ora diametralmente opposta: la battaglia contro il caro bollette di Gran Bretagna e Germania è già iniziata, con la Francia che punta al controllo dei prezzi dell’elettricità. Sono almeno 15 i Paesi membri che chiedono un tetto al prezzo del gas alla Commissione europea. La tendenza verso l’intervento statale nel settore energetico potrebbe essere irreversibile secondo Jonathan Stern, dell’Oxford Institute for Energy Research. Stern ha affermato che la crisi energetica conseguente al conflitto in Ucraina potrebbe in gran parte smantellare il libero mercato: “c’è la sensazione che tutto questo sia temporaneo, che una volta risolto il problema con Putin, si tornerà alla normalità, ma non sarà così”. Un monito chiaro: l’Europa si deve preparare al “new normal” energetico.