Solide, ma non crescono. Le banche escono a testa alta dalle ultime sfide globali. L’industria finanziaria ha mostrato di sapere affrontare in modo positivo e con resilienza le recenti scosse quali la pandemia e la guerra in Ucraina. Tuttavia, il settore si trova in una fase di cambiamento epocale e gli operatori tradizionali stanno perdendo quote di mercato, insidiate dalle società tecnologiche. Il problema è la capacità di crescere, di trovare nuove fonti di reddito. E l’economia del clima potrebbe essere un nuovo Eldorado. Un nuovo settore nel quale gli istituti di credito potrebbero trovare spazio grazie agli stretti legami con le imprese. Sono gli spunti che emergono dal ventiquattresimo report annuale della società di consulenza Oliver Wyman the State of the Financial Services Industry (SOFS), intitolato A Tectonic Shift Between Risk, Data and Technology, in cui la società di consulenza fa il punto sullo stato dell’arte dell’industria finanziaria mondiale.
“L’ultimo decennio è stato positivo per il settore dei servizi finanziari; non ha dovuto affrontare grandi crisi, ha visto moltissima innovazione e gioca un ruolo importantissimo a livello sociale nella lotta al Covid-19 e ai cambiamenti climatici”, ha commentato Ted Moynihan, Partner e Global Head of Industries di Oliver Wyman, uno dei massimi esperti dei sistemi finanziari.
E la fotografia è incoraggiante. Dal report emerge infatti che, dopo la crisi del 2008, il sistema finanziario è posizionato molto meglio del passato per assorbire uno shock economico. La rigida normativa di rafforzamento patrimoniale messa a punto dalle autorità di vigilanza, si è mostrata efficace e gli istituti di credito hanno dato prova di solidità riuscendo a svolgere il proprio ruolo di supporto dell’economia, essenziale per lo sviluppo.
Ma guardando in avanti, l’analisi mette in evidenza come nei servizi finanziari sia in corso un cambiamento strutturale, con i player tecnologici che sfidano gli storici protagonisti per posizionarsi in un mercato che si sta rapidamente espandendo verso nuovi servizi. Gli operatori tradizionali, organizzati attorno alla intermediazione del credito e dei rischi di mercato, crescono con maggiore lentezza, e la maggior parte della creazione di valore dell’industria è guidata dalle aziende che gestiscono le infrastrutture finanziarie come le borse e i pagamenti, i dati e la tecnologia.
Banche, compagnie di assicurazione e società di asset management rappresentavano dieci anni fa circa il 90% del valore dell’industria in termini di capitalizzazione. Nel 2022 il loro peso è sceso al 65%, con i FIT (financial infrastructure and technology) che hanno conquistato circa il 35%. Gli operatori tradizionali si sono molto impegnati nella propria trasformazione tecnologica, migliorando con successo la user experience. Innovazioni che hanno permesso di mantenere la propria clientela e difendere le posizioni di mercato. Però non sono stati sufficienti a conquistare nuovi spazi e nuove fonti di reddito. Il risultato è che il loro tasso di crescita (3%) è nettamente inferiore rispetto a quello dei competitor tecnologici (8%). Una differenza che si traduce in una inferiore valutazione di mercato con multipli in media pari a 10/20 volte gli utili e a 30/40 volte per i secondi.
Ormai quasi un terzo delle 50 maggiori istituzioni finanziarie è rappresentato da imprese classificabili come player tecnologici, mentre dieci anni fa erano soltanto due.
Una svolta potrebbe essere rappresentata dalla sempre maggiore importanza della sfida climatica, attorno alla quale potrebbe svilupparsi una vera e propria “economia del clima“, con nuovi servizi e nuove fonti di ricavo per le banche.
“Sul clima, le società di servizi finanziari stanno svolgendo un ruolo di primo piano, assumendo impegni ambiziosi per lo zero netto e iniziando a stanziare enormi investimenti per aiutare i clienti aziendali e al dettaglio a realizzare i propri piani di transizione zero netto nei prossimi anni” sottolinea il report.
Molti dei potenziali nuovi servizi sono molto diversi dalle tradizionali offerte finanziarie. Invece di fornire un saldo del conto, ad esempio, una banca può consigliare ai clienti se stanno pagando in eccesso per i servizi energetici o se i loro modelli di spesa creeranno un problema quando si tratta dei costi di istruzione dei loro figli tra 10 anni.
Il cambiamento climatico, fa notare Oliver Wyman, è il più grande cambiamento fisico ed economico da generazioni. Il profilo economico di ogni attività e bene deve essere ricalcolato e avviato verso la transizione, incidendo sul valore di tutti i debiti e di tutti i mezzi propri e di ogni altro strumento finanziario. La società di consulenza evidenzia come la Securities and Exchange Commission ha ora incaricato le aziende di seguire i requisiti Taskforce on Climate-related Financial Disclosures (TCFD) entro la fine del 2023, secondo le indicazioni della TCFD che ha affidato alle aziende l’onere di rendere note le proprie emissioni di gas serra in concomitanza con altre informative finanziarie.
Un enorme processo che per le banche può rappresentare un’enorme opportunità, ma che al momento nessuna istituzione pare sia pronta per cogliere. “Eserciti di società di dati, società di infrastrutture di mercato e società tecnologiche si stanno allineando per facilitare questo processo, con l’aspettativa che ciò genererà nuovi mercati per l’informazione grandi come i mercati finanziari odierni. Eppure quasi nessun istituto finanziario storico è organizzato in modo efficace per competere in questo mercato, nonostante i numerosi vantaggi iniziali sia delle banche che delle compagnie assicurative“, sottolinea lo studio.
Sapere inserire valore aggiunto nell’analisi dei dati climatici, che secondo la società di consulenza saranno probabilmente i prossimi big data, e aggiungere servizi di consulenza per le imprese e perché no delle famiglie nella gestione del loro percorso di transizione.
“I dati climatici saranno probabilmente la nuova miniera d’oro, e una pletora di aziende legate ai dati si sta allineando per svolgere un ruolo, dagli specialisti dei dati ai fornitori di ERP alle società di contabilità. Chi ha il miglior accesso ai dati necessari per ricavare le stime delle emissioni di gas serra? Certamente i fornitori di cloud gestiscono sempre più tutti i dati, il che avrebbe bisogno di un partner esperto per estrarli, ad esempio uno dei grandi fornitori di dati finanziari ed energetici. La strada verso una vasta scala sta probabilmente nel collegare dati potenti a un’esperienza utente potente, come Fitbit for Carbon Footprint“, suggerisce la società di consulenza.
Lo studio evidenzia che il valore aggregato delle grandi infrastrutture finanziarie, data company e imprese fintech è cresciuto del 400%, generando quasi 2,3 trilioni di dollari negli ultimi 10 anni, rispetto al 70% e 1,3 trilioni di dollari generato dagli incumbent. Nove trilioni di dollari di nuovo valore sono stati creati dal mondo delle big tech che si sta spostando verso i servizi finanziari a partire dai pagamenti, ma ormai chiaramente con l’obiettivo di estendere ad altri servizi e prodotti finanziari.
“L’ultimo decennio ha anche visto dei cambiamenti importanti, che hanno trasformato i servizi finanziari in un settore più ampio, con più aziende che agiscono in concorrenza tra loro e, nel complesso, uno spostamento del valore relativo dagli operatori storici a nuovi attori”, ha aggiunto Moynihan. “A causa dell’aumento dei tassi d’interesse e della volatilità, prevediamo che entro pochi anni il panorama sarà già piuttosto diverso, e a trarne beneficio saranno coloro che sapranno anticipare e sfruttare al meglio i nuovi driver di crescita”.
Il report evidenzia infatti che in assenza di una reazione coraggiosa, offensiva e non difensiva, come quella osservata sino ad ora, questo spostamento di valore continuerà. La maggior parte dei player storici stanno faticando nel trovare il modo giusto di riorganizzarsi e investire efficacemente nelle attività che oggi producono maggior valore e crescita. A mano a mano che i modelli di business delle big tech convergono, i loro portafogli e la loro penetrazione all’interno della finanza integrata diventeranno sempre più importanti. Allo stesso tempo, la diffusione degli asset digitali e dei sistemi di identità digitale sta accelerando questo spostamento di valore.
Una mano per i bilanci delle banche potrebbe arrivare dall’attuale contesto macroeconomico e geopolitico. L’aumento dei tassi d’interesse potrebbe generare guadagni aggiuntivi per alcuni istituti bancari o assicurativi, mentre gli investitori stanno mettendo in dubbio i business model di alcune big tech e fintech. Per gli incumbent è giunto dunque il momento di posizionarsi in maniera più decisa sulle nuove fonti di valore, investendo in maniera coraggiosa sulle nuove tecnologie per trasformare i loro modelli di business e creare nuovi mercati.
Questo discorso, secondo quanto dichiarato da Claudio Torcellan, Partner e Market Leader di Oliver Wyman per il Sud Est Europa è valido in particolar modo in Italia in cui “la necessità di muovere offensivamente per ricatturare una traiettoria di crescita e di generazione di valore risulta particolarmente pressante per le banche italiane che negli ultimi anni hanno dovuto allocare molte delle loro risorse a ristrutturare i bilanci impattati dalla crisi a discapito degli investimenti in digitale e nuove tecnologie”.
“I piani industriali presentati di recente evidenziano però un chiaro cambio di passo sul tema dell’innovazione e della digitalizzazione”, ha concluso Torcellan.