La partita della trasformazione sostenibile è la maggiore sfida delle economie nei prossimi decenni e per vincerla occorre una grande collaborazione tra tutti i soggetti, chiamati a contribuire alla creazione di un mondo inclusivo e carbon neutral attraverso il raggiungimento degli obiettivi net zero. È quanto traspare dalla prima giornata della Sustainability Week, il principale evento sulla sostenibilità organizzato dalla Borsa Italiana, da quest’anno esteso anche a tutto il circuito di Euronext, che nasce proprio dalla volontà di creare un momento di scambio collaborativo tra i player impegnati in vari ruoli ad attuare questo cambiamento che insieme alle aziende interessa il mondo della finanza e quindi del mercati finanziari.
Un percorso iniziato da Borsa Italiana da alcuni anni e che sta portando i suoi frutti come dimostra l’elevata adesione da parte delle aziende, arrivate a 63 dalle 12 della prima edizione, ma anche la consapevolezza mostrata dai diversi protagonisti sull’importanza di integrare gli elementi ambientali, sociali e di governance, quelli riassunti nella sigla ESG, nella propria strategia, di azienda, ma anche di investitore o istituzione.
Certo, le difficoltà sono ancora molte: i linguaggi per parlare di sostenibilità sono tanti e differenti a seconda del Paese e del settore economico, la velocità di implementazione e integrazione delle strategie, a partire da quelle net zero, varia a seconda del contesto e della qualità e quantità di operatori lungo la supply chain, i dati sono in trasformazione con l’avvento impetuoso dell’Intelligenza Artificiale e le regolamentazioni in materia ESG ancora volatili sebbene siano attese maggiori chiarificazioni nel prossimo futuro. Con un focus sul raggiungimento degli obiettivi net zero, la sessione pubblica del mattino della Sustainability Week, Achieving net zero: the perspective for corporates and investors on the path to a carbon-neutral world, ha messo sul tavolo una fotografia delle sfide a cui sia gli investitori sia le aziende devono far fronte per rispettare gli impegni climatici.
“Il raggiungimento del net zero è un impegno globale. Abbiamo bisogno di una gestione matura, a partire dai board che hanno la possibilità di spingere il piede sull’acceleratore” ha dichiarato David Atkin, CEO, UNPRI, intervistato da Fabrizio Testa, CEO e GM, Borsa Italiana, nei momenti iniziali della conferenza, “Ci sono molte questioni difficili da comprendere e affrontare. La strada non è lineare, ma non può che essere questa la direzione da intraprendere per garantire un futuro alle prossime generazioni. Quindi integrare le variabili ESG – ormai mainstream – nelle strategie aziendali e di investimento per ridurre i rischi e cogliere le opportunità, confrontarsi facendo engagement su questi temi e imparare da aziende che sono più avanti nel percorso di transizione, entrando a far parte delle piattaforme internazionali per poter aver accesso alla conoscenza che già esiste in particolare sul fronte climatico” ha concluso Atkin.
Ma a che punto sono gli investimenti ESG e l’adozione di strategie di decarbonizzazione delle imprese volte allo zero netto? Quali sono gli approcci e le modalità scelte dalle società di gestione e quali le modalità di finanziamento per supportare la trasformazione? Muovere i capitali verso soluzioni “climate positive” sarà necessario per poter riuscire a raggiungere i target net zero, in primo luogo nel settore dell’energia. “È necessario triplicare le risorse finanziarie investite nelle soluzioni tecnologiche green se vogliamo davvero soddisfare il fabbisogno energetico e al contempo usare al 100% energia pulita” ha affermato David Livingston, Senior Advisor, U.S. Special Presidential Envoy for Climate, parlando di First Mover Coalition (FMC), la coalizione di aziende – tra cui le italiane Eni e Enel – nata con l’intento di finanziare le tecnologie per la transizione nei settori in cui le emissioni sono particolarmente difficili da abbattere (i cosiddetti settori brown come quello dell’oil&gas, dell’aviazione e dei trasporti, il settore navale, dei prodotti chimici e dell’acciaio) che rappresentano oltre un terzo di tutte le emissioni globali. Impegnata nello sviluppo di tali mercati emergenti, FMC ha spinto, secondo quanto riportato da Livingston, la domanda per prodotti a emissioni vicino allo zero per 12 miliardi di dollari.
“La sostenibilità non è più solo finanziaria”, ha dichiarato Giovanni Gorno Tempini, Presidente di Cassa Depositi e Prestiti, “Investimenti e progetti devono guardare anche ai fattori ESG”. E se la solidità patrimoniale di Cassa rimane un obiettivo fondamentale, questa tiene ora in conto l’ambiente, il sociale e la governance. “Cambiamento climatico e tutela dell’ecosistema, crescita inclusiva e sostenibile, ripensamento delle filiere produttive e digitalizzazione e innovazione sono le quattro sfide che vanno affrontate per supportare l’economia italiana e il processo di transizione verso un’economia sostenibile. Incorporare elementi ESG nel nostro processo decisionale significa far evolvere le nostre scelte e i nostri partner devono sapere che questi sono pilastri cui non possiamo prescindere” ha concluso il presidente Cdp.
Indice
Investimenti ESG e net zero: lo scenario
Il primo giro di tavola rotonda ha visto come protagonisti le società di gestione con gli interventi di Frédéric Hoogveld, Head of Investment Specialists & Market Strategy – Amundi ETF, Indexing & Smart Beta, Jenn-Hui Tan, Global Head of Stewardship and Sustainable Investing, Fidelity International e Stefano Mach, Co-Founder & CEO, IMPact SGR moderati da Fabrizio Testa, CEO e GM, Borsa Italiana. Tutti convergono sull’importanza dell’engagement. Il coinvolgimento sulle tematiche di sostenibilità, compreso il net zero, è essenziale. Studiare il business e le possibilità che di volta in volta si possono cogliere per sviluppare le migliori strategie e supportarne l’implementazione, facendo luce sugli impatti positivi di un approccio ESG, dovrebbe essere il pilastro alla base di quello che viene ora definito come “collaborative engagement”. Jenn-Hui Tan ha poi posto l’attenzione in particolare sulla necessità di integrare la biodiversità nei tavoli di discussione con il management e di conseguenza nelle strategie net zero. “Non possiamo permetterci di continuare a perdere biodiversità perché fornisce i servizi ecosistemi necessari alla sopravvivenza umana” ha esordito il Global Head of Stewardship and Sustainable Investing di Fidelity, “Per questo è importante integrare le considerazioni sugli impatti sulla biodiversità nei piani industriali, nelle scelte di investimento e nella costruzione dei portafogli ESG”. D’altro canto, clima e biodiversità sono strettamente legati. “Il cambiamento climatico ha un forte impatto sulla natura e sulle sue capacità di fornire i servizi e le risorse necessarie all’uomo e alle attività economiche. Non agire sul clima significa quindi compromettere anche le attività industriali, oltre che la nostra capacità di raggiungere il net zero considerando che la maggior parte delle soluzioni di offsetting dipendono proprio da biodiversità e natura”.
Del resto, l’intensificarsi degli eventi estremi che hanno colpito le città italiane negli ultimi mesi ha reso anche chiaro come il cambiamento climatico abbia impatti finanziari negativi nell’immediato. Per questo, l’impegno a ridurre le emissioni non può che essere una questione da prendere sul serio. “La questione non è solo come le aziende impattano sul clima ma anche come questo impatta sulle attività aziendali” ha affermato Stefano Mach, Co-Founder & CEO, IMPact SGR, “Chiediamo alle imprese non solo gli impegni in termine di riduzione delle emissioni assolute ma anche il valore del rapporto tra il totale delle emissioni sul capex in quanto è un buon indicatore delle scelte del CdA e una proxy del futuro dell’azienda”.
L’impact investing
L’impact investing, di cui IMPact SGR è pioniere, è oggi un mercato di oltre 1,5 trilioni di dollari. Nel futuro, secondo Mach, c’è bisogno di una nuova visione dei dati che siano diversi rispetto a quelli ESG classici: più specifici e affidabili. Non a caso l’uso dell’Intelligenza Artificiale è sempre più ampio e testato in tale campo e secondo il Ceo spingerà la crescita di società che si occupano di questo settore. Fondamentale sarà però anche il modo in cui i clienti percepiscono gli investimenti a impatto positivo. “Bisogna cambiare la visione dell’impact investing” ha dichiarato Stefano Mach, “non dovrebbe essere considerata solo una classe d’investimento, bensì una modalità di investimento ordinario”.
Integrare l’ESG nella strategia a lungo termine
Il cambiamento però non avverrà da un giorno all’altro. Non è possibile spegnere o bloccare il sistema fondato su vecchi cardini e accenderlo o riattivarlo con un ingranaggio nuovo in una notte o in un anno. Soprattutto, è irrealistico pensare che questo possa avvenire nello stesso momento e alla stessa maniera in differenti Paesi e settori che, a prescindere dall’ESG, corrono a velocità diverse. Ma se c’è un luogo su cui puntare i riflettori per comprendere se la transizione sostenibile effettivamente avverrà e gli impegni climatici saranno veramente rispettati, quello è il board. È infatti ai vertici che si prendono le decisioni fondamentali per supportare le strategie di lungo periodo. È il consiglio di amministrazione che approva e sceglie la direzione e di conseguenza il ruolo che il net zero e la sostenibilità hanno e avranno a livello aziendale. A discuterne, nella seconda metà della prima mattinata della Sustainability Week, sono stati Francesco Gattei, CFO, ENI, Marco Arduini, CEO, EuroGroup Laminations, Paolo Gallo, CEO, Italgas, Renato Mazzoncini, CEO, A2A e Fabio Fritelli, CFO, Maire Tecnimont, moderati da Claudia Parzani, Chair, Borsa Italiana.
Proprio la Parzani ha sottolineato l’importanza della vision e della mission di una società: solo sapendo dove si vuole andare infatti si può costruire il sentiero per percorrere la strada. E per Italgas, per esempio, questo significa approcciare la transizione “non da un punto di vista ideologico, bensì da quello tecnologico”, ha dichiarato il Ceo Gallo, “quindi trasformare le infrastrutture affinché possano trasportare differenti tipologie di gas, come il biometano o l’idrogeno che insieme potranno sostituire oltre il 30% del gas importato dalla Russia”. Entro il 2023 il 90% delle reti di Italgas sarà completamente digitale e pertanto l’impegno della società è anche volto alla formazione del personale, affinché sia anch’esso pronto a gestire le nuove modalità di lavoro e di gestione aziendale, e all’assunzione di nuove figure, come i data scientist.
Una visione di lungo periodo lungimirante, inoltre, è fondamentale per mantenere la propria posizione strategica, come nel caso di A2A, che, secondo player per generazione elettrica in Italia, per conservare il proprio primato sta investendo e transitando verso il solare e l’eolico. “Sappiamo che se vogliamo mantenere il nostro posizionamento non possiamo non investire in eolico e solare” ha affermato Mazzoncini. Guardare al futuro d’altro canto significa guardare alle opportunità e non lasciarsi sfuggire i cambiamenti del mercato, anche se questo significa centuplicare il capex in tre anni come nel caso della multiutily italiana. Non a caso, a gennaio scorso A2A ha collocato con successo un green bond da 500 milioni di euro con durata 11 anni che si basa sul Sustainable Finance Framework del gruppo, ossia l’insieme di linee guida che rafforzano il legame fra strategia finanziaria e strategia sostenibile e che definisce i progetti strategici di economia circolare e transizione energetica.
Raggiungere il net zero: il sentiero per un mondo carbon neutral
Eppure, al momento le ambizioni narrate non sembrano convogliare in un successo assicurato e quindi a un mondo carbon neutral. Come ricordato da Andrea Maggiani, Founder Carbonsink & Global Tech Strategy Director, South Pole, quasi l’80% delle emissioni globali è incluso in strategie e target net zero, ma non siamo nella traiettoria per mantenere l’aumento della temperatura entro 1,5 °C, come previsto dagli Accordi di Parigi.
Questo vuol dire che è necessario passare dalle ambizioni all’azione e per farlo, secondo Maggiani, non bisogna dimenticare la CO2 residua, ossia quella che non riusciremo a eliminare nonostante gli sforzi. “Sarebbe necessario avere due target separati. Uno per la riduzione dei gas serra e l’altro legato alla rimozione” ha affermato il founder di Carbonsink, ora parte di Southpole, “Soprattutto, non devono essere usate strategie di rimozione della CO2 a supporto dei piani di riduzione delle emissioni, altrimenti si continuerà a dire che le aziende stanno compensando e non rimuovendo le emissioni”.
Inoltre, una questione rilevante riguarda la qualità degli strumenti di rimozione e riduzione della CO2, come per esempio quella dei crediti di carbonio. Da questo punto di vista, gli advisor hanno un ruolo importante. “Le soluzioni giuste esistono già” ha sottolineato Alexander Cox, Head of Carbon Markets & Head of Group Transformation, Partner, ERM, società di consulenza che accompagna le aziende nella decarbonizzazione individuando la strategia climatica e indirizzando l’allocazione del capitale. “Aiutiamo le aziende a capire quali sono i crediti di carbonio di alta qualità perché la reputazione legata agli impegni climatici è importante” ha aggiunto.
Ad oggi, la maggior parte dei progetti di offsetting e rimozione, associati ai crediti di carbonio, è legato alla natura (oltre il 90%). Oltre al monitoraggio e al reporting, per poter effettuare una reale valutazione della qualità dei progetti è essenziale soprattutto l’inclusione dei dati – spesso difficili da verificare – sulla durata e la valenza della rimozione.
D’altro canto, però, per essere credibili sugli impegni net zero non si potrà fare a meno dell’ausilio della tecnologia. “Molte delle tecnologie per rimuovere la CO2 esistono, bisogna dare segnali al mercato perchè sono necessari investimenti e fiducia” ha concluso Maggiani.