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XXII Settimana della Cultura d’Impresa

Confindustria: per l’80% degli italiani la sostenibilità è importante

Per l’80% dei consumatori italiani la sostenibilità è un fattore rilevante nelle scelte di acquisto, nonostante venga comunque in secondo piano rispetto a qualità e prezzo. Anche le imprese considerano la sostenibilità una soluzione a lungo termine ma solo una pmi su quattro ha una figura dedicata. Sono questi alcuni dei risultati emersi dalla ricerca di Confindustria sullo stato dell’arte della sostenibilità in Italia, che fornisce un’analisi quantitativa del sentiment dei consumatori nei confronti della sostenibilità a 360° e sulla valutazione della maturità delle aziende italiane nell’integrazione di tali temi nelle rispettive realtà. Tra ottobre e novembre scorsi l’indagine, condotta da Havas Pr, ha coinvolto un campione di 500 rispondenti rappresentativi della popolazione italiana e 16 imprenditori del panorama industriale italiano. Havas avvisa che senza politiche pubbliche a supporto degli investimenti 5.0 è alto il rischio di costi insostenibili e di perdere quote di competitività.

Lo studio è stato illustrato in occasione dell’evento principale della XXII Settimana della Cultura d’Impresa di Confindustria Industria 5.0: il futuro è qui. Consapevolezza e sviluppo sostenibile al MAXXI di Roma. La giornata, attraverso gli interventi di illustri relatori, ha dedicato particolare attenzione alla riflessione e alla condivisione di esperienze sui temi chiave della sostenibilità e della responsabilità economica, ambientale e sociale nelle varie declinazioni e in diversi settori.

Dall’ indagine quantitativa sui consumatori è emerso che gli italiani continuano a prediligere prodotti di alta qualità, ma il prezzo resta un determinante critico. Il 92% considera la qualità e l’89% il costo come i principali fattori di acquisto. La sostenibilità, focalizzata su aspetti ambientali e sociali, è rilevante per l’80% degli intervistati, con particolare attenzione da parte di donne e individui tra i 55 e 64 anni. La presenza di figli accentua l’interesse per qualità, origine e sostenibilità della filiera.

Nonostante gli atteggiamenti positivi dichiarati, solo il 28% degli italiani si dichiara ‘molto attento’ alla sostenibilità, mentre il 52% si dichiara ‘abbastanza attento’ al tema e lo associa principalmente al riciclo e alla raccolta differenziata. Uno su cinque (20%) si dichiara indifferente o considera la sostenibilità non rilevante. Il 60% degli intervistati dichiara di non conoscere l’acronimo ESG.

Per quanto riguarda le aziende, oltre che sugli aspetti ambientali sono state interrogate anche su fattori legati alla sfera sociale. In particolare, il 46% degli intervistati considera la tutela dei lavoratori come il principale criterio per un’azienda sostenibile, seguito dal rispetto delle pari opportunità (41%).

Lo studio rileva inoltre che i giovani si informano e scelgono marchi sostenibili, mentre il 57% degli italiani è disposto a optare per prodotti sostenibili senza impatti sul portafogli, scendendo al 50% nella fascia 45-54 anni.

Per il settore privato, emerge l’importanza della comunicazione trasparente ed efficace. I consumatori, infatti, si informano principalmente attraverso canali diversificati, con il sito ufficiale dell’azienda al primo posto (45%). La comunicazione diventa anche uno strumento di employer branding, con una distribuzione equa tra i generi, le età e le diverse provenienze dei consumatori.

Dall’indagine qualitativa realizzata attraverso interviste agli imprenditori è emerso che le imprese italiane integrano la sostenibilità sin dalla fondazione e la considerano una soluzione a lungo termine. Le imprese stanno evolvendo da un approccio “conforme alle normative” a un approccio che utilizza la sostenibilità per differenziarsi sul mercato. La soddisfazione dei dipendenti è prioritaria, con attenzione crescente all’inclusione ed equità. Il welfare, le competenze e il rapporto con le scuole sono temi rilevanti. L’innovazione tecnologica è fondamentale per la transizione green, con un focus sull’economia circolare e l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale. La governance della sostenibilità e il passaggio generazionale sono sfide, con solo il 25% delle PMI che ha una figura dedicata alla sostenibilità.

Da questo punto di vista la collaborazione tra filiere sembra essere un elemento chiave. Le imprese investono nella formazione ESG per supportare le filiere più piccole. Il Made in Italy, con i suoi tratti distintivi di qualità, creatività e relazioni umane, offre un vantaggio unico. Le priorità di investimento denotano un chiaro focus verso un approccio integrato alla sostenibilità: digitale, green e capitale umano-formazione ESG.

Le imprese intervistate esprimono la necessità di rivedere le politiche industriali, sia nazionali sia europee, in ottica di integrazione dei tre aspetti della sostenibilità “ESG”, per puntare sul made in Italy come leva efficace per valorizzare il nostro Paese sui mercati di tutto il mondo, generando ricchezza e sviluppo nel lungo periodo.

“Il capitalismo sta evolvendo e le imprese sono chiamate non più a produrre valore ma valori: economici, sociali e ambientali. Il business in chiave 5.0 mette l’uomo al centro e chiarisce che quello sulle persone è, oggi, un investimento industrialE” ha affermato Katia Da Ros, Vicepresidente di Confindustria per Ambiente, Sostenibilità e Cultura, “In questo contesto, l’employer branding è un fattore chiave per comunicare i propri valori e condividere una visione di futuro e di comunità, puntando sulle risorse umane. A ciò si aggiunge una buona governance della sostenibilità, che significa anzitutto un’organizzazione aziendale in grado di accompagnare l’evoluzione dei processi produttivi. L’approccio alla sostenibilità”, ha proseguito Da Ros, “non può che essere integrato, come emerge chiaramente nelle interviste qualitative dell’indagine: una buona governance è il presupposto per una buona rendicontazione; una buona rendicontazione per un efficace employer branding e quest’ultimo per far evolvere i modelli di business in chiave 5.0”.

Questo significa investimenti per le imprese ma senza politiche pubbliche che li supportino e che siano guidate dal criterio della neutralità tecnologica, “rischiano di trasformarsi in un costo insostenibile e di far perdere al Paese quote di competitività”, ha sottolineato la Vicepresidente di Confindustria Da Ros che ha infine evidenziato come dal suo punto di vista con il Green Deal, si è assistito ad una politica comunitaria che ha affrontato gli obiettivi ambientali in modo ideologico, senza comprendere i rischi per i settori industriali più esposti alla concorrenza internazionale e senza comprendere che lo sviluppo e l’innovazione industriale sono il punto centrale delle soluzioni tecnologiche per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, ambientale, economica e sociale. Per questo, ha aggiunto Da Ros, “occorre adeguare i tempi della transizione green ai tempi di trasformazione industriale per evitare il rischio di deindustrializzazione in Europa e assicurare la sostenibilità economico-sociale. Bisogna stimolare, come fanno USA e Cina, gli investimenti innovativi, per trasformare la sfida della transizione ecologica in una grande opportunità di sviluppo sostenibile”.

Durante l’evento, il Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin ha confermato la rilevanza dei temi ESG, dichiarando “È ormai assodato che lo sviluppo dovrà viaggiare inevitabilmente lungo i binari della sostenibilità. Lo sviluppo dovrà essere necessariamente e inevitabilmente sostenibile. Lo sviluppo al quale puntiamo è quello che porta benessere alle comunità senza intaccare l’ambiente e il territorio”.