Nulla sarà più come prima. Di fronte a uno scenario che si presenta come ancora fortemente incerto con la resistenza ucraina più forte del previsto, la reazione dei paesi occidentali che hanno predisposto sanzioni culminate con l’espulsione di alcune banche russe dal sistema Swift e il presidente russo Vladimir Putin che attiva l’allerta nucleare, prima dei colloqui tra Mosca e Kiev previsti per oggi, gestori e strategist invitano alla prudenza e a decisioni non impulsive. Quale sviluppo prenderà la situazione non si può sapere, ma quello che è certo è che gli equibri dei rapporti internazionali sono destinati a un cambiamento di lungo periodo. Con conseguenze politiche ed economiche. Intanto questa mattina all’apertura il rublo è precipitato, perdendo circa il 30%.
Dopo il tonfo dei mercati registrato il 24 febbraio, giorno dell’attacco dell’Ucraina da parte delle forze armate russe, i listini hanno ripreso quota. Considerando una prospettiva più allargata, dal 15 febbraio, giorno in cui Putin ha fatto credere di iniziare la ritirata delle truppe, mentre gli Stati Uniti avvertivano della possibilità di un imminente attacco, Piazza Affari ha lasciato sul terreno il 4,5%, mentre l’Eurostoxx 50 ha perso il 4,1% e l’MSCI world il 2,4%. Per gli investitori, una questione chiave è comprendere se questa reazione del mercato sia sufficiente per tenere conto dei rischi che questa crisi pone all’economia globale e quindi agli utili aziendali, e come questo influenzi l’attrattiva relativa dei mercati degli asset. Una cosa poi è molto rilevante: per i fondi ESG si impongono ulteriori considerazioni a rispetto all’analisi economica, che portano a pensare che la Russia non sia più un paese compatibile con gli investimenti sostenibili, dato l’aperto contrasto delle sue politiche con il rispetto della vita umana e dell’SDG numero 16 dell’Onu – Pace, giustizia e istituzioni forti.
In una riunione ad hoc, il Credit Suisse Investment Committee si è riunito per discutere l’escalation del conflitto in Ucraina. “Poiché la Russia si sta muovendo verso un’escalation militare su larga scala, il conflitto si è trasformato in quello che abbiamo descritto a metà febbraio come il nostro scenario “Invasione e conflitto aperto”, scrive in una nota.
Alla fine dello scorso anno, Credit Suisse ha ridotto il rischio nei portafogli a causa delle crescenti tensioni geopolitiche, vendendo la propria posizione sovrappesata in azioni globali per il timore che la combinazione di una stretta monetaria e del conflitto con la Russia più l’aumento dei prezzi dell’energia avrebbe creato una confluenza sgradita di “venti contrari”.
Secondo il Comitato di Investimenti, gli ultimi eventi segnano un altro passo significativo verso un nuovo ordine mondiale, in cui il presidente russo Vladimir Putin intende riposizionare la Russia come una nazione potente la cui forza si basa sulle sue risorse energetiche e di materie prime, nonché sul suo esercito. Questo avrà probabilmente
delle ripercussioni significative per gli accordi di sicurezza in Europa e nel mondo.
Mantenere l’allocazione attuale
Anche se i membri del Comitato di Investimenti concordano sul fatto che i mercati impareranno a convivere con la realtà di un nuovo ordine mondiale nel lungo termine, raccomandano di continuare a essere cauti nel breve termine. I mercati non sono ancora a buon mercato e ci sono diverse incognite su come questa crisi potrebbe evolvere.
Per il momento, però, Credit Suisse mantiene le attuali allocazioni, compresa un’allocazione neutrale alle azioni. Inoltre, i membri del Comitato ritengono che gli investitori dovrebbero ancora cercare modi per impostare una diversificazione di portafoglio anche rispetto a questa crisi geopolitica e al potenziale impatto su altre economie.
Pronti ad agire
Secondo il Comitato, non è ancora il momento di agire, dato che i governi occidentali utilizzeranno strumenti di politica fiscale per tamponare le ricadute economiche.
Data l’inflazione già alta, inoltre, secondo gli esperti le banche centrali avranno più difficoltà a sostenere l’economia, specialmente se le strozzature dell’offerta si accentueranno di nuovo. Secondo il Comitato non si dovrebbe verificare una recessione a breve termine e gli utili aziendali dovrebbero tenere. Se questo non avverra, sarà il momento per il Comitato di considerare un ulteriore de-risking.
Gli esperti di Credit Suisse non sono gli unici ad esortare atteggiamenti cauti di fronte a questo “nuovo ordine mondiale”, soprattutto nel breve termine.
Per quanto riguarda le azioni, Pio Benetti, Head of Discretionary Mandates di Kairos Partners ritiene che “star fermi” sia una scelta di investimento attiva e consapevole. Questa strategia per il comparto azionario, secondo l’esperto, può essere gestita al meglio anche grazie all’andamento positivo di quello obbligazionario.
Per il Financial Strategist di Kairos Partners Alessandro Fugnoli, prezzare una guerra per i mercati non è mai facile, nel caso del conflitto russo-ucraino la difficoltà risiede nella “natura ibrida militare, strategica ed economica”. È l’aspetto strategico, secondo Fugnoli, quello che può avere un maggiore impatto sui mercati, in particolare in relazione al premio per il rischio da attribuire ad azioni e bond europei. Anche il tema delle sanzioni è da tenere d’occhio secondo l’analista, soprattutto perché se ciò portasse all’interruzione dell’esportazione di gas dalla Russia, le ripercussioni negative sull’Europa durerebbero anni e non mesi (per costruire un nuovo sistema di gasdotti con altri Paesi).
Anche Benetti, evidenzia la necessità per l’Europa di risolvere la propria dipendenza energetica dalla Russia e quella tecnologica dall’Asia. “E ciò richiederà un’ulteriore espansione del bilancio pubblico, supportata dall’azione espansiva della Banca Centrale”, commenta Bonetti.
Come gli analisti di Credit Suisse, anche Richard Flax, Chief Investment Officer di Moneyfarm, sottolinea l’importanza che riveste la diversificazione dei portafogli. Inoltre, come Bonetti, Flax ritiene che sia una mossa saggia non agire sul fronte delle azioni, almeno finché non si stabilizza la situazione.
Sull’inflazione, Flax si mostra meno sicuro, ma lo scenario che prospetta rispetto alle azioni che intraprenderanno le Banche Centrali è che non dovrebbero agire, sebbene il contesto inflazionistico sia già difficile. La politica monetaria, infatti, può far poco in caso di shock sul lato dell’offerta.
Per gli investitori, il consiglio dell’esperto è di “mantenere la rotta e resistere all’impulso di disinvestire, per proteggere la ricchezza”, perché spesso disinvestire durante le turbolenze del mercato cristallizza le perdite.
Mark Dowding, Chief Investment Officer di BlueBay AM, come tanti altri analisti, rivela che la società di asset management ha deciso per il momento di attendere per quanto riguarda la gestione dei portafogli. Questo “finché la nebbia del conflitto non si diraderà e non avremo una lettura più precisa dell’impatto delle sanzioni”, scrive Dowding.
Anche l’esperto di Bluebay, inoltre, ribadisce la necessità di osservare le reazioni delle Banche Centrali, ritenendo che la Fed alzerà i tassi di 25 punti base e che segnalerà una rapida riduzione del bilancio a favore di una mossa più grande di 50 punti base. La BCE, secondo Dowding, probabilmente “alzerà le sue previsioni economiche, terminerà gli acquisti di asset a settembre e segnalerà tassi più alti nel corso dell’anno”.
François Rimeu, Senior Strategist di La Française AM avverte che è probabile che il conflitto Russia-Ucraina porti a un premio di rischio per le materie prime.
Rimeu scongiura la possibilità che l’esportazione di materie prima (soprattutto metano e altri metalli) dalla Russia all’Europa si interrompa del tutto, sebbene sia difficile prevederlo con certezza. Il Senior Strategist, inoltre, ritiene che la FED continui ad alzare i tassi di interesse e ad adottare una politica monetaria restrittiva, mentre la BCE potrebbe essere in una posizione diversa, data la delicatezza della situazione europea. Quindi, la BCE potrebbe ricorrere ad una posizione meno restrittiva se necessario.
Al contrario di Rimeu, Donatella Principe, Director – Market and Distribution Strategy di Fidelity International insiste sul rischio reale che la Russia decida di tagliare il rifornimento di materie prime all’Europa, in risposta alle sanzioni. Come Fugnoli, inoltre, anche la Principe ritiene che le alternative che si presenterebbero all’Europa per importare in particolare il gas e alimenti (soprattutto i cereali), sarebbero “soluzioni tampone, parziali, costose e in alcuni casi non di immediata implementazione”.
Per quanto riguarda la diversificazione degli investimenti la Director di Fidelity suggerisce di ricorrere a quella geografica, puntando soprattutto sui mercati asiatici.
“L’Europa ha da due a tre settimane di riserve di gas naturale“. A lanciare l’allarme è il Global Investment Committee di Nuveen. “Mentre gli Stati Uniti potrebbero rifornire l’Europa con gas naturale liquefatto (LNG), ci vorrebbe tempo per reindirizzare le forniture e sarebbe più costoso. L’azione attuale potrebbe portare l’Europa a fare finalmente uno sforzo serio per diversificare la sua dipendenza dalle forniture di gas russo”.
Se si guarda al conflitto tra Russia e Ucraina da un punto di vista dei mercati emergenti, in particolare a Russia e Cina, secondo gli Emerging Market Portfolio Managers di Janus Henderson Daniel J. Graña e Jennifer James, la loro relazione sembra essere migliorata, sicuramente anche in conseguenza di un terreno ideologico comune. In questo frangente, infine, la reazione dei paesi occidentali alla situazione in Ucraina è ciò che più interessa alla Cina per via della vicenda di Taiwan, ricordano Graña e James.
Anche secondo Silvia Dall’Angelo, Senior Economist per la divisione internazionale di Federated Hermes, la probabilità che questo specifico conflitto faccia aumentare i prezzi dell’energia in modo significativo, con effetti inflazionistici immediati ed un grande freno alla crescita globale, è molto alta. La Russia, infatti, è il primo fornitore di gas in Europa, mentre l’Ucraina è un importante produttore di cereali. “In effetti, la conseguenza di mercato più immediata dell’ultima escalation è stata un’impennata dei prezzi del petrolio – commenta Dall’Angelo- Quindi è facile prevedere un aumento dell’inflazione energetica e, in misura minore, alimentare a livello globale nel breve termine”.
Dal punto di vista della politica monetaria, la Senior Economist di Federated Hermes precisa che questo conflitto implica un ulteriore deterioramento dei già difficili compromessi tra crescita e inflazione che le Banche centrali hanno affrontato. “Mentre la Fed sembra essere più isolata – aggiunge l’esperta – la BCE e la BOE affrontano una situazione più difficile, dato che l’Europa è un importatore netto di materie prime energetiche e dipende dalla Russia per il gas e, in misura minore, per il petrolio.
Gli esperti di Pictet Asset Management Andrea Delitala, Head of Euro Multi Asset e Marco Piersimoni, Senior Investment Manager, spiegano nel dettaglio le sanzioni finanziarie imposte finora da Europa e Stati Uniti, che prevedono in particolare delle restrizioni all’accesso della Russia al mercato dei capitali. “Tutti i Titoli di Stato emessi sul mercato primario da marzo 2022 in poi non potranno essere negoziati dagli istituti americani ed europei (restano per ora possibili, invece, le operazioni sul mercato secondario). Sono state, inoltre, congelate le transazioni bancarie in dollari e in euro”, scrivono i due analisti.
Inoltre, Delitala e Piersimoni avvertono che l’esclusione della Russia dallo SWIFT, il circuito dei pagamenti internazionali, considerata l’arma finale dei Paesi occidentali da molti esperti, potrebbe rivelarsi una mossa controproducente nel lungo termine, perché spingerebbe la Russia ad accelerare il passaggio a canali di pagamento alternativi, portando ad una valorizzazione del prezzo del petrolio in valute diverse dal dollaro (renminbi, o persino criptovalute come il Bitcoin).
Anche gli esperti di Pictet AM sottolineano che gli effetti macroeconomici di questa grave crisi geopolitica possono essere riassunti in un peggioramento della combinazione di crescita e inflazione (stagflazione), precisando che la politica monetaria potrebbe far poco contro l’aumento dei prezzi dovuto a inflazione importata.