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Rapporto annuale The Big Picture

Standard Ethics: 75% delle banche italiane conforme a standard ESG, modello virtuoso in EU

Il 75% delle banche italiane è conforme agli standard di sostenibilità internazionali definiti da UE, ONU e OCSE. È quanto emerge dal rapporto annuale dell’agenzia di rating londinese Standard Ethics (SE) per il 2022 The Big Picture e che evidenzia come il modello bancario italiano risulti particolarmente virtuoso in ambito ESG se confrontato con quello europeo in cui la percentuale degli istituti di credito risultati sostenibili si attesta al 51%.

Banca Generali, BPER Banca, FinecoBank, e Unicredit sono le banche, inserite nell’indice di sostenibilità di Standard Ethics, SE Italian Banks, che mostrano la compliance agli standard di sostenibilità più alta e valutata come molto forte, “EE+”.

The Big Picture, Standard Ethics

Gli analisti di SE, che nel rapporto hanno presentato un confronto complessivo del settore bancario a livello mondiale, hanno osservato che le banche italiane si stanno conformando volontariamente alle raccomandazioni globali in materia di sostenibilità, come si può notare dalle pratiche di corporate governance e dai Codici di Condotta degli istituti di credito nostrani, i quali includono formalmente riferimenti agli standard internazionali ESG. Inoltre, le banche italiane, vantano performance positive per quanto riguarda gli aspetti e le metriche in ambito sociale – la “S” dell’acronimo ESG. In particolare, forte attenzione alle comunità locali e agli stakeholder e passi concreti verso la parità di genere nelle loro strutture di governance.

Il rapporto sintetizza anche i risultati dello Standard Ethics Italian Index, aggiornato al 30 settembre 2022, il quale include le principali 40 società quotate per capitalizzazione di mercato e che appartengono quindi ai settori bancario (20%), utilities (15%), automotive (8%) e assicurativo (8%). Gli analisti hanno evidenziato che circa il 57% delle imprese ha un grado di conformità agli standard internazionali di sostenibilità tra l’adeguato e il molto forte (ovvero il rating EE+, EE, EE-) e il 38% un grado non pienamente sostenibile (E+ o E).

The Big Picture, Standard Ethics

Le società con il rating ESG (Corporate SER) più alto sono: A2A, Banca Generali, BPER Banca, Eni, FinecoBank, Prysmian, UniCredit, UnipolSai. Seguono Enel, Generali, Intesa Sanpaolo, Leonardo, STMicroelectronics, Unipol, Banco Bpm, Terna e Snam le cui prospettive per il futuro secondo le analisi di SE sono positive. Anche DiaSorin, Hera, Mediobanca, Moncler, Banca Mediolanum, Interpump Group e Ferrari rientrano in un livello adeguato di sostenibilità, mentre non sono pienamente sostenibili Cnh Industrial (ma ha una prospettiva positiva già nei prossimi mesi), Amplifon, Azimut Holding, Buzzi Unicem, Italgas, Pirelli, Poste Italiane, Recordati e Stellantis tutte classificate E+.

I margini di miglioramento più significativi, secondo gli analisti di Standard Ethics, riguardano: Nexi, Salvatore Ferragamo, Campari, Inwit, Telecom Italia e Tenaris.

Il settore del Food&Beverage italiano secondo Standard Ethics

Nel report di quest’anno, per la prima volta, sono stati presentati anche i risultati del nuovo benchmark tematico per le aziende del settore alimentare, pubblicato il 18 marzo 2022, il Food&Beverage Sustainability Italian Benchmark.

Il Corporate Standard Ethics Rating (Corporate SER) assegnato a ciascuno dei costituenti del benchmark fa parte di un quadro di analisi che comprende 50 tra le maggiori aziende operanti nel settore alimentare italiano, tra le quali sono state selezionate 30 aziende.

Dall’analisi del benchmark è emerso che, in generale, viene prestata grande attenzione ai principi di sostenibilità del prodotto e della catena di fornitura, oltre a un’ampia applicazione di buone pratiche ESG in termini di processi produttivi. Tuttavia, l’adozione di questi principi quando sono inerenti al produttore, ai suoi modelli di governance e ai suoi azionisti, appare debole.

In particolare, in tutti i casi esaminati, la qualità e la sostenibilità del prodotto appaiono allineate alle linee guida internazionali. L’industria italiana rimane un punto di riferimento globale quando si parla di qualità e sono comuni le “best practice” nelle aree di produzione e in quelle correlate alla sostenibilità: tra cui la tracciabilità nella e lungo la catena di fornitura; il packaging; la salute e la sicurezza sul lavoro; il controllo di qualità; la gestione dei rischi operativi; l’utilizzo e la rendicontazione delle materie prime; il benessere degli animali; l’informazione dei consumatori e altro. Inoltre, in questo caso l’industria italiana appare significativamente affidabile e tecnologicamente avanzata.

A livello strategico e aziendale, tuttavia, la nozione di sostenibilità “viene spesso confusa con la filantropia, e i suoi principi soggettivi di natura etica, o con il concetto di Responsabilità Sociale d’Impresa (RSI) o semplicemente con gli obblighi di legge, generando così ambiguità nella nomenclatura e nella terminologia”, si legge nel documento.

Si tratta di approcci che spesso ignorano temi centrali, come per esempio la gestione del rischio ESG, la parità di genere, la selezione qualitativa e quantitativa dei membri del consiglio di amministrazione e le questioni fiscali, per citarne alcuni. C’è quindi spazio per migliorare la qualità complessiva e la disponibilità di informazioni ESG, che riguardano l’effettivo posizionamento dell’azienda rispetto agli obiettivi internazionali (ambientali, sociali e di governance) e le relative tempistiche.