Inwit rating | ESG News

Intervista

Cavatorta (Inwit): la nostra sostenibilità si basa su innovazione e rispetto delle diversità

Inwit, società leader in Italia nel settore delle infrastrutture digitali a supporto degli operatori di telecomunicazione, si è posta obiettivi ambiziosi in termini di sostenibilità a partire dalla partenza della “nuova” Inwit, avvenuta a fine marzo 2020. Il 2021 rappresenta quindi un anno importante, in cui l’azienda ha fatto notevoli passi avanti su più fronti, ponendo le basi di una governance rigorosa per presidiare le variabili ambientali e sociali con regole chiare e in linea con il recente sviluppo normativo. 

Un percorso avviato a novembre del 2020 con la definizione del Piano di Sostenibilità, parte integrante del Piano Industriale e che ha visto nel maggio 2021 l’approvazione della policy Stakeholder Engagement e il primo Stakeholder Forum. 

Nel luglio dello stesso anno, Inwit si è focalizzata sulle tematiche delle persone e del rispetto delle diversità, promuovendo diverse policy specifiche per presidiare le tematiche ambientali e che riguardano le persone, con particolare attenzione per diversità e inclusione (D&I). Proprio il suo impegno rispetto al tema della D&I le ha consentito di essere riconosciuta come seconda società italiana nel settore dal “2021 Diversity & Inclusion Top 100 Index” di Refinitiv. Sul fronte ambientale, a fine anno, Inwit ha rendicontato per la prima volta il proprio impatto sul cambiamento climatico, ottenendo un punteggio pari a B dall’organizzazione internazionale CDP Climate Change.  

L’impegno si è tradotto in termini finanziari anche nell’emissione del primo sustainability-linked term loan da 500 milioni di euro legato a specifici indici di sostenibilità.

Anche nel 2022 il gruppo di infrastrutture ha mantenuto un ritmo sostenuto rispetto alle tematiche ESG. A marzo ha approvato, infatti, l’aggiornamento al 2024 del Piano di sostenibilità – che si pone come obiettivo principale quello di raggiungere la carbon neutrality entro il 2024 – e ha ottenuto la validazione della propria strategia climatica dalla Science Based Target initiative.

Per approfondire i traguardi raggiunti dal primo tower operator italiano per infrastrutture wireless, rendicontati nel Report Integrato 2021 che contiene la quarta Dichiarazione volontaria di carattere Non Finanziario (DNF), ESGnews ha intervistato Laura Cavatorta, Presidente Comitato Sostenibilità e membro Comitato Nomine e Remunerazione di Inwit.

Quali sono i principali risultati che avete raggiunto nel 2021 sotto il profilo della sostenibilità?

Il 2021 è stato un anno molto significativo, ricco di risultati. Abbiamo lavorato su più fronti, dato che il profilo ESG di un’azienda si declina su più dimensioni. Ad esempio, sul piano della governance abbiamo adottato la Policy Health Safety & Environment. Molto importanti, sempre in questo ambito, anche la Policy di Stakeholder Engagement, fondamentale per rispettare il codice per una buona governance, e la Policy anticorruzione. In ambito social, inoltre, abbiamo approvato la nostra Policy Diversity & Inclusion, di cui siamo molto orgogliosi. 

Rispetto al tema strettamente ambientale, invece, abbiamo rendicontato per il primo anno sull’impatto che abbiamo in termini di climate change, ottenendo uno score B da CDP Climate Change. Inoltre, come primo power operator italiano, Inwit ha ottenuto la certificazione della Science Based Target initiative dei target di riduzione delle emissioni di CO2, validazione fondamentale perché di fatto ha approvato il percorso e l’impegno dell’azienda verso un’economia low carbon.

Sempre sul fronte ambientale, nel 2021 abbiamo realizzato la prima torre strutturata senza cemento e acciaio, ma in legno lamellare – un materiale pienamente riciclabile – nell’area di Brugherio, sulla tangenziale est di Milano, un’area paesaggisticamente rilevante. L’auspicio è che questa possa essere la prima di una serie di torri che costituiscano un nuovo standard. 

Laura Cavatorta, Presidente Comitato Sostenibilità e membro Comitato Nomine e Remunerazione di Inwit

In ambito sociale, nel 2021 il 47% delle nuove assunzioni sono state rappresentate da donne. Anche sul fronte della formazione sono state erogate circa 64 ore di formazione pro capite a tutti i dipendenti. Infine, sul piano finanziario nel 2021 abbiamo sottoscritto il primo Sustainability-linked loan per 500 milioni di euro, legato a specifici indicatori di sostenibilità, tra cui riduzione della CO2, parità di genere e riduzione digital divide. 

Nella definizione degli obiettivi e nel raggiungimento dei traguardi, abbiamo cercato sempre di tenere il focus sulla sostenibilità in coerenza col business aziendale, per avere un’integrazione tra piano strategico ed evoluzione del percorso della sostenibilità. 

Quali sono i rischi che vedete dal punto di vista ESG nel vostro tipo di attività e nelle caratteristiche del vostro business?

Per fortuna, il tipo di business che svolgiamo ci consente di non avere dei rischi ESG rilevanti. Tuttavia, così come per i rischi tradizionali, definiamo i temi materiali anche dal punto di vista ESG e li analizziamo sotto il profilo del rischio e delle opportunità. Perché individuare un rischio ci consente di mettere in atto una serie di azioni che ci rinforzano e si trasformano in opportunità. Proprio nell’ottica dell’integrazione tra strategia aziendale e percorso della sostenibilità, la Società ha predisposto un presidio dedicato all’interno della struttura aziendale dell’ERM – Enterprise Risk Management. Inoltre, oltre al monitoraggio del rischio, sfruttiamo anche l’analisi di questi elementi per erogare ore formative rivolte al personale, al fine di creare una competenza maggiore rispetto alle questioni della sostenibilità. 

Il vostro personale è formato da figure prevalentemente tecniche?

È prevalentemente tecnico e altamente qualificato. Quindi la formazione che si fa rispetto ai temi ESG spesso riguarda dimensioni che non appartengono al background formativo di origine. La formazione erogata ha riscosso grande interesse tra il personale. 

In Italia il mondo del lavoro fatica a trovare personale qualificato con formazione scientifica, ancor più di genere femminile.

È proprio così, è inutile negarlo. Abbiamo ancora oggi un numero di dottori e dottoresse in materie STEM che è molto limitato, soprattutto rispetto alla componente femminile. 

Per colmare questo divario, insieme a #donneSTEM dell’Università Luiss finanziamo delle borse di studioper le ragazze che vogliono intraprendere il percorso STEM. C’è un lungo lavoro da fare, trattandosi di un tema culturale e di stereotipi. 

Siamo comunque fiduciosi che nel tempo si possa aumentare la percentuale di donne con competenze STEM all’interno dell’azienda, per questo è probabile che negli anni a venire avvieremo altre iniziative in tal senso. Oggi in questo le aziende sono sostenute dal PNRR e dalla sensibilità della ministra delle pari opportunità Bonetti, molto sensibile rispetto a questo argomento.

Dal punto di vista delle emissioni GHG il vostro tipo di business come si posiziona?

Non siamo un’industria altamente emissiva, ciò non toglie che abbiamo messo a punto una strategia climatica molto articolata e ben definita. Per raggiungere la carbon neutrality nel 2024, vogliamo ridurre di molto le emissioni tramite specifiche iniziative e, qualora fosse necessario far fronte a qualche emissione residua, agire per compensazione.

Tra le varie iniziative, abbiamo installato pannelli fotovoltaici su alcune delle torri, siamo partiti con impianti di free cooling, sistemi di efficienza energetica perché prevedono che il raffreddamento interno possa avvenire anche con aria esterna quando le condizioni atmosferiche lo rendono possibile (cioè in inverno, ndr). 

Sempre in termini di efficientamento abbiamo sviluppato dei raddrizzatori di corrente, che servono a ridurre perdite di corrente. Poi siamo su alcuni progetti con una tecnologia PCM a cambio di fase che riguarda una tipologia di batterie che lavora sia in accumulo sia in rilascio. Tali batterie, che sono molto intelligenti, ottimizzano la capacità di stoccare energia e riutilizzarla nei momenti in cui ce n’è bisogno. 

Pertanto, pur non essendo un’industria particolarmente energivora ed emissiva, abbiamo stabilito una strategia energetica che lavora su più fronti con tecnologie all’avanguardia.

E per quanto riguarda la vostra catena di produzione?

Un fattore rilevante in tal senso è il riciclo estremamente virtuoso che Inwit esegue per quanto riguarda la gestione e lo smaltimento dei rifiuti. Ricicliamo oltre il 95%. 

Secondo Refinitiv siete tra le migliori società sul piano della Diversity & Inclusion. Quali sono le azioni che avete intrapreso per mantenere questo risultato?

Fin dall’inizio, il tema della D&I, insieme a quello delle emissioni di CO2, ha rappresentato il focus dell’azienda. Per questo, abbiamo costituito un team interno D&I, che ha avuto un grande successo. Infatti, molti dipendenti si sono proposti e nella selezione si è posta particolare attenzione all’eterogeneità del gruppo, in modo tale che potesse essere rappresentativo. Al suo interno ci sono sia figure apicali che impiegati, nonché persone di sesso ed età diverse. La Policy su D&I approvata nel 2021 non arriva dall’alto, ma al contrario nasce dalle persone dell’azienda, che sentono queste esigenze e sensibilità.

Per quanto concerne l’SDG 5, relativo alla parità di genere, abbiamo inserito un target sul gender pay gap nel prossimo ciclo di long-term incentives. L’obiettivo è quello di eliminare totalmente il gap, almeno rispetto alla categoria degli impiegati, che rappresentano la parte più numerosa della popolazione aziendale, ma gradualmente vogliamo raggiungere la parità anche ai vertici.  

Come sono strutturati i vostri incentivi legati a variabili ESG?

Fin dall’inizio del nostro percorso, ci siamo concentrati su temi quali: decarbonizzazionesicurezza sul lavoro, formazione e parità di genere. Di recente il focus degli incentivi ESG sta coinvolgendo anche il digital divide, fondamentale nel business in cui operiamo. In presenza di territori in difficoltà per la copertura digitale, è facile che il gap si trasformi anche in gap sociale. Pertanto, ridurre il digital divide consente in effetti di abbattere o ridurre le disuguaglianze sociali, che con la pandemia sono emerse ancora di più. Abilitare al digitale significa includere territori e fasce sociali che altrimenti rischiano di rimanere ai margini. 

Cosa intendete per digitalizzazione inclusiva e quali sono stati i risultati dello scorso anno?

Digitalizzazione inclusiva significa proprio ridurre il digital divide che, se presente, corrisponde a un gap sociale. 

Il 5G è un tema ampiamente discusso. Come è percepita questa tecnologia sotto il profilo ESG? 

Da un punto di vista scientifico non ci sono evidenze di ricadute negative per quanto riguarda la tecnologia 5G. Peraltro noi viviamo in un Paese dove i limiti di emissioni elettromagnetiche sono di gran lunga inferiori rispetto a quelli in uso già da molti anni nel resto d’Europa. 

Credo che la tecnologia 5G sia fortemente legata alla sostenibilità perché abilita alcune possibilità che la tecnologia precedente non consentiva, innescando un processo di innovazione nei modelli di produzione e consentendo di modificare i sistemi tradizionali di produzione rendendoli estremamente più sostenibili. Per esempio, attraverso la sensoristica dell’IoT (Internet of Things) si possono reperire una serie di dati che consentono di trovare soluzioni più rapidamente senza incombere in inefficienze nella ricerca della soluzione migliore. Anche l’intelligenza artificiale può portare a soluzioni ottimizzanti. 

Quindi, digitale e 5G sono due opportunità che ci aiutano a fare un’innovazione che sarà più capace di essere sostenibile e che, per esempio, nel caso delle città abiliterà una serie di servizi che le renderanno più smart. Io vedo sia l’effetto in termini di efficienza, sia in termini sociali, cioè di ricomprendere anche le fasce di cittadinanza che altrimenti sarebbero rimaste escluse. Se non ho più un sistema analogico, fisico, ma digitale posso includere più realtà e non sprecare risorse laddove non è necessario. Il grosso del cambiamento, della transizione, deve passare necessariamente attraverso l’innovazione, che in molti casi passa attraverso il digitale.

Quali domande vi fanno con più frequenza gli investitori e a quali aspetti sono più interessati?

I temi di maggiore interesse degli investitori sono climate changegender equality e digitalizzazione. Sull’ultimo punto l’interesse è spesso centrato sulle emissioni elettromagnetiche, che però sono più di competenza degli operatori telefonici. L’operatore, infatti, è quello che chiede, in base ai servizi che vuole offrire, lo spettro di frequenze che vorrà utilizzare: più i servizi sono ad alta intensità, più le emissioni elettromagnetiche aumentano. Il tutto nel rispetto dei rigidi limiti normativi del contesto italiano, tra i più stringenti a livello europeo.