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Stop motori diesel e benzina, Italia torna all’attacco, von der Leyen promette tavolo di confronto

Lo stop ai motori diesel e benzina in UE dovrebbe partire già dal prossimo anno, ma l’Italia non molla: il ministro per le Imprese e il Made in Italy Adolfo Urso, davanti ad uno “scenario drammatico” di “una tempesta perfetta”, torna all’attacco e chiede un intervento rapido da parte dell’Europa: per salvare il futuro dell’auto e scongiurare multe salate ai costruttori già a partire dal prossimo anno servono “risorse comuni” e una “strategia industriale. Sostiene Urso.

Non vi è nessuna retromarcia dall’Ue sul contestato stop ai motori a diesel e a benzina nel 2035, ma arriva il contributo da parte di Ursula von der Leyen in persona che, nominata recentemente per la seconda volta, ha promesso l’avvio di un dialogo strategico sul futuro dell’automotive, assicurando che sarà lei stessa a supervisionarlo.

Al fianco di altre realtà europee come Repubblica Ceca, Austria, Bulgaria, Romania, Slovacchia e Polonia, l’Italia, con il contributo di Urso come portavoce, ha portato sul tavolo del Consiglio UE Competitività istanze e preoccupazioni delle case automobilistiche, che rischiano di dover pagare dazio già nel 2025 se non si adegueranno per tempo ai target più rigidi sulle emissioni delle nuove auto immatricolate, previste dal regolamento sulle emissioni CO2.

Il sistema delle penalità è pensato per scoraggiare e anzi far “crollare ogni loro possibilità di investimento”, ha denunciato Urso, puntualizzando che per evitare di incorrere in sanzioni le industrie “rinunciano a investire nell’elettrico; rinunciano a realizzare in Europa le gigafactory e chiudono anche gli stabilimenti dell’endotermico”. Uno scenario davanti al quale, con il non-paper promosso da Roma e Praga, i sette alleati hanno fatto appello all’UE affinché “agisca subito” per creare le giuste condizioni per centrare l’obiettivo finale del 2035 e anticipando la revisione delle norme, prevista per legge nel 2026, al prossimo anno così da scongiurare le penalità e non lasciare solo il comparto.

“Riuniremo tutte le parti interessate intorno a un tavolo per ascoltarci a vicenda” ha dichiarato Ursula von der Leyen, rinnovando il suo impegno e lasciando uno spiraglio d’azione. Sulla scia di quanto fatto per l’agricoltura, promette di progettare insieme agli stakeholder “le soluzioni” per una transizione “profonda e dirompente”.

Anche perché i limiti più severi che scatteranno dal 2025 sono solo la punta dell’iceberg: un primo passo di una normativa che può portare prima a una riduzione delle emissioni del 55% dal 2030, per poi arrivare a vietare le vendite di nuovi veicoli a benzina e diesel dal 2035, dando risultati evidenti e significativi.

Il titolare del ministero delle imprese, soddisfatto dell’ampia “convergenza delle posizioni espresse dai Paesi sul nostro non-paper sull’automobile”, ha anticipato che la battaglia dell’Italia riguarderà anche altri comparti industriali. Roma non è l’unica capitale a temere gli effetti negativi del meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere, noto come ‘carbon tax, ed è al lavoro con altri Paesi Ue, tra cui Francia e Polonia, per presentare a Bruxelles un nuovo documento informale per rivederne alcuni parametri rivolti alle “industrie energivore, a partire da siderurgia e chimica”.