Nonostante gli impegni dichiarati a raggiungere il net zero, le emissioni di gas serra delle società quotate continuano ad aumentare, tanto che a fine 2023 dovrebbero raggiungere le 12,4 gigatonnellate (Gt), in aumento dell’11% rispetto al 2022. È quanto rilevato dall’MSCI ESG Research che evidenzia come la rotta non sembra essere quella auspicata dall’Accordo di Parigi. Secondo le stime, infatti, di questo passo le aziende supereranno il limite dei gas serra che permetterebbe di contenere il riscaldamento globale a un livello tale (1,5°C) da consentire all’umanità di evitare gli esiti più dannosi del cambiamento climatico.
Stime dell’aumento delle emissioni entro fine 2023
Il rapporto MSCI Net Zero Tracker, pubblicato a due settimane dalla COP28 di Dubai, svela che entro aprile 2026, le 9.152 aziende che compongono l’indice MSCI All Country World Investable Market esauriranno il “budget” che hanno a disposizione per le emissioni che limiterebbero il riscaldamento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali.
Secondo MSCI, le aziende di 9 Paesi del G20 ridurranno le proprie emissioni a un ritmo più lento tra il 2022 e il 2030 rispetto ai cinque anni successivi all’accordo sul clima di Parigi del 2015, quando il mondo si impegnò a mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C. Ciò, secondo gli studiosi di MSCI, rende imperativo concentrarsi sull’innovazione politica e sui progressi tecnologici per contribuire a limitare il costo dell’energia a basse emissioni di carbonio.
Tra i dati più preoccupanti del rapporto, vi sono quelli relativi alla Cina, il più grande emettitore al mondo, che punta a ridurre le emissioni a un tasso medio annuo dello 0,3% entro il 2030, ma che invece secondo MSCI è sulla buona strada per aumentare le emissioni delle proprie società quotate a un tasso annuo dello 0,5%.
In generale, però, i governi di 13 paesi del G20, tra cui la stessa Cina, gli Stati Uniti e il Giappone, hanno fissato obiettivi per ridurre le emissioni nazionali di gas serra provenienti dai settori chiave come l’agricoltura, l’energia e l’industria in media del 4,5% ogni anno tra lo scorso anno e il 2030. Si tratta di un dato molto più consistente rispetto al calo annuo dello 0,8% registrato nei cinque anni trascorsi dalla firma dell’Accordo di Parigi, osserva il rapporto.
Al contrario, si prevede che le emissioni degli impianti delle società quotate aumenteranno dell’11% su base annua nel 2023. Emissioni che invece dovrebbero diminuire del 43% in questo decennio per essere coerenti con il limite globale di 1,5 gradi.
Si prevede che l’azione climatica da parte dei Paesi supererà la decarbonizzazione delle loro società quotate nel prossimo decennio
Il continuo aumento delle emissioni previsto dalle società quotate avviene nonostante il 34% di esse abbia fissato obiettivi che aspirano a raggiungere emissioni nette pari a zero, rispetto al 23% del 2021. Progressi anche sulla rendicontazione delle emissioni Scope 3, che sono divulgate oggi dal 39% delle società quotate, rispetto al 31% del 2022.
Sempre più aziende fissano obiettivi di decarbonizzazione
Nel rapport MSCI individua anche le 20 società quotate che attualmente emettono di più. Di queste, nessuna è italiana, cinque hanno sede negli USA, quattro in Cina e 3 nel Regno Unito. Tra le più note, Exxon Mobil, Shell, BP, Chevron, SAIC, TotalEnergies, Rio Tinto, Porsche e Volkswagen.
Le 20 società quotate con la maggiore impronta di carbonio
Conclusioni
Per evitare gli effetti più costosi e dannosi del riscaldamento globale MSCI sottolinea l’urgenza di aumentare l’ambizione climatica a livello globale. A ciò si aggiunge il forte bisogno di ingenti investimenti (trilioni di dollari) che ogni anno dovranno essere destinati al settore dell’energia pulita, in particolare nei Paesi in via di sviluppo.
La COP28 potrà fungere da occasione unica per riprendere quanto promesso e lasciato in sospeso alla COP27, in particolare la questione del fondo Loss & Damage e il finanziamento ai Paesi in via di sviluppo per realizzare la transizione climatica.