Economia circolare

MainStreet Partners, termovalorizzatori: pro e contro sulla sostenibilità

L’argomento termovalorizzatore suscita grandi divergenze di opinione. Sulla costruzione di un impianto di incenerimento dei rifiuti urbani in grado di recuperare l’energia prodotta dalla combustione per trasformarla in elettricità e calore vicino a Roma c’è stato un forte scontro politico ed è stato uno dei temi caldi tirati in ballo per porre in questione il governo Draghi. In Italia, secondo il Rapporto sui rifiuti urbani dell’Ispra 2021 il 21% dei rifiuti viene incenerito, contro il 22% che finisce in discarica. Una quota che, secondo gli obiettivi europei dovrà scendere al 10% entro il 2035. Ma per fare questo occorrono più termovalorizzatori. L’Italia ne ha 37, contro i 48 del Regno Unito, i 96 della Germania e i 126 della Francia.

Il Team di Ricerca ESG di MainStreet Partners ha analizzato la tecnologia per convertire i rifiuti in energia per comprendere se sia veramente una soluzione sostenibile alla luce anche dell’espansione attesa del settore. Secondo un recente studio di Global Market Insights, il mercato waste-to-energy (WTE) o di valorizzazione dei rifiuti dovrebbe superare i 70 miliardi di dollari entro il 2030, grazie alla riduzione della produzione di metano decisa dai governi durante la ventiseiesima Conferenza delle Parti sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (COP26).

La termovalorizzazione è un processo che genera elettricità e/o calore dall’incenerimento dei rifiuti. È considerata una forma di energia rinnovabile ed è un modo efficace per trasformare i rifiuti ed evitare che la maggior parte di essi finisca nelle discariche.

Non si tratta certamente solo di rifiuti urbani. Negli ultimi anni infatti le aziende hanno prestato maggiore attenzione all’impronta ecologica e hanno sfruttato vari metodi di riciclaggio, raccolta e riuso per ridurre l’impatto sull’ambiente.

Negli Stati Uniti esistono attualmente 75 impianti che recuperano energia dalla combustione dei rifiuti solidi urbani (RSU). Questi impianti sono presenti in 25 Stati, soprattutto nel Nord-Est.

In Europa l’incenerimento viene promosso come alternativa alla messa in discarica. Secondo l’ultima statistica disponibile da Eurostat, nel periodo 2006-2016 la quantità di rifiuti sottoposti a trattamento termico è aumentata del 30%.

Per raggiungere gli attuali obiettivi dell’UE, entro il 2035 sarà necessaria una capacità di trattamento di 142 milioni di tonnellate di rifiuti residui. Attualmente la capacità di termovalorizzazione dell’UE si attesta a 90 milioni di tonnellate, lasciando altri 50 milioni di tonnellate di rifiuti non riciclabili da trattare ogni anno.

Perché la termovalorizzazione?

Attualmente solo il 20% dei rifiuti globali viene riciclato e si prevede che la produzione di rifiuti aumenterà del 70% entro il 2050. Questo ha spinto a concentrarsi su modi alternativi per utilizzare i nostri rifiuti ed allo stesso tempo soddisfare il continuo aumento del bisogno energetico.

Punti a favore della termovalorizzazione

Riduzione delle discariche

Mandare i nostri rifiuti nelle discariche è sempre stata un’opzione facile. Vengono scaricati e sotterrati e col tempo si decompongono in parte. Tuttavia, le discariche occupano molto spazio e distruggono habitat e paesaggi. Inoltre, quando i rifiuti vengono messi in discarica, emettono metano. Questo gas è ancora più dannoso per l’ambiente rispetto alla CO2: pur non rimanendo nell’atmosfera come la CO2, assorbe più calore, contribuendo al riscaldamento globale.

Energia senza limiti

Se utilizziamo i nostri rifiuti in modo efficiente invece, possiamo ricavarne un’enorme quantità di energia. Gli impianti di termovalorizzazione offrono una soluzione alternativa a basse emissioni di carbonio alla nostra attuale dipendenza dai combustibili fossili. Ad esempio, una tonnellata di rifiuti può generare fino a 700 kilowattora di energia. Questo è sufficiente per alimentare una casa per quasi un mese.

Un processo sostenibile

Se il filtraggio di ciò che viene bruciato è eseguito in maniera idonea e la biomassa è l’unica materia prima, il processo è completamente naturale. Ciò significa che non è necessario utilizzare combustibili fossili o fonti non rinnovabili. Poiché gli impianti di termovalorizzazione si autoalimentano, è possibile risparmiare l’equivalente di 200.000 barili di petrolio all’anno per impianto.

Finanziariamente solido

Naturalmente la generazione di energia dai rifiuti comporta dei costi di investimento soprattutto nella costruzione e mantenimento degli impianti. Tuttavia, i rifiuti utilizzati in questo modo non devono più essere trasportati in discarica e l’energia generata può essere venduta. Di conseguenza, è possibile sia risparmiare che trarre profitto da questa fonte di energia sostenibile.

Argomenti contro la termovalorizzazione

Prodotti di scarico

La quantità di ceneri generate varia dal 15% al 25% (in peso) dei rifiuti solidi urbani trattati. Le ceneri che rimangono al termine del processo di combustione vengono inviate in discarica. 

Costo-opportunità

È dimostrato che più della metà dei rifiuti attualmente inceneriti avrebbe potuto essere riciclata o compostata, il che suggerisce che gran parte della capacità di incenerimento in Europa viene utilizzata per bruciare risorse che potenzialmente avrebbero potuto essere riciclate in modo differente con un impatto ambientale migliore.

L’infrastruttura per la conversione dei rifiuti in energia ha una vita media di 20-30 anni e ciò implica che il continuo ricorso all’incenerimento porterebbe a ritardare la necessaria transizione verso infrastrutture di produzione di energia a minore intensità di carbonio, come l’energia rinnovabile eolica e solare. Inoltre, questo sistema compromette il passaggio a opzioni con più basso impatto ambientale, tra cui la riprogettazione dei prodotti per aumentarne la riciclabilità e la longevità.

Ancora inquinanti 

Nel 2017, oltre 40 milioni di tonnellate di CO2 sono state rilasciate dalla termovalorizzazione dei rifiuti nei 28 Paesi dell’UE. L’intensità di carbonio degli inceneritori europei è circa il doppio della concentrazione di emissioni di CO2 derivate dalla rete elettrica media dell’UE e significativamente superiore all’energia prodotta da fonti convenzionali di combustibili fossili come il gas.

Implicazioni per gli investitori

Ci sono diversi motivi per cui gli investitori dovrebbero interessarsi al futuro della tecnologia WTE.

Attualmente l’UE importa il 40% del gas dalla Russia, ma l’invasione dell’Ucraina ha costretto la regione a creare una strategia per ridurre questa percentuale di due terzi entro un anno. Per aumentare l’indipendenza energetica dell’UE, dobbiamo continuare a investire nelle fonti di energia rinnovabili, ma anche ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili. La termovalorizzazione offre un’ulteriore opzione in questo senso.

La digestione anaerobica figura nella tassonomia dell’UE per le attività sostenibili, che mira a indirizzare gli investimenti verso attività che contribuiranno a rendere l’UE neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050.  

Infine, la normativa UE sui servizi finanziari relativa alle informazioni sulla sostenibilità (SFDR) richiederà alle società di investimento di considerare numerosi indicatori nelle potenziali società partecipate, tra cui i rifiuti, le emissioni e il consumo/produzione di energia.

Ciò significa che sarà necessaria una crescente consapevolezza delle pratiche WTE e dei pro e contro associati a questa attività per prendere decisioni informate sulla sostenibilità delle imprese e delle loro operazioni.