Salone del Risparmio

Un anno di Mifid ESG: il punto di vista degli investitori

È passato quasi un anno dall’introduzione della modifica alla Mifid 2 che prevede l’integrazione delle preferenze ESG nella valutazione di adeguatezza. Una modifica normativa che si inserisce in un contesto di forte ascesa della finanza sostenibile, sostenuta dalla reattività del risparmio gestito nell’offerta e dall’interesse verso i fondi articolo 8 e 9.
Di questo si è parlato alla conferenza Essere o non essere green. Le scelte degli investitori tra complessità e adeguatezza” organizzata da Assogestioni e moderata da Manuela Mazzolenidirettore sostenibilità e capitale umano di Assogestioni nella cornice del Salone del Risparmio 2023. 

Gli esperti e i rappresentanti dell’industria del risparmio gestito hanno fatto un primo bilancio sull’introduzione delle preferenze di sostenibilità nella valutazione di adeguatezza, discutendo dell’impegno dell’industria e delle sfide affrontate nell’applicazione della nuova regola, in particolare in tema di comunicazione con il cliente, e delle reazioni degli investitori all’offerta di questa nuova opzione.

Come ha risposto l’investitore retail all’applicazione della modifica alla normativa? Nadia Linciano, responsabile della divisione studi e reggente temporaneo dell’ufficio studi economici di Consob, riportando i risultati del Rapporto Consob sulle scelte di investimento delle famiglie italiane riferito al 2022, ha esaminato due aspetti: le conoscenze e le attitudini sugli investimenti sostenibili degli investitori e il tema dell’acquisizione delle preferenze di sostenibilità e la mappatura dei prodotti sostenibili. 

Rispetto alla prima questione, tra i risultati più rilevanti è emerso che le conoscenze di base degli investitori retail si attestano al 63%, un dato in crescita, ma che segnala quanta strada ancora ci sia da fare. Tuttavia il 57% degli intervistati ha dichiarato di ritenere gli intermediari finanziari poco o per nulla affidabili, evidenziando un problema di fiducia. Rispetto al tema della sostenibilità, poi, i dati non sono molto incoraggianti: il 63% non riesce a risparmiare per obiettivi troppo lontani nel tempo, un dato che segnala un’incompatibilità con la sostenibilità che richiede un approccio di lungo periodo. Inoltre, il 43% del campione non dispone di conoscenze di base di finanza sostenibile. A fronte di questa ignoranza, però, è emerso un buon interesse per gli investimenti ESG (nel 2022 al 63%, in diminuzione rispetto al 74% del 2021 probabilmente per il contesto macroeconomico). 

Inoltre, un altro aspetto sottolineato da Consob è che la maggior parte degli investitori non è disposto a rinunciare al rendimento per investire in prodotti ESG. “Non mancano, tuttavia, gli intervistati che sarebbero disposti a pagare una sorta di greenium per sostenere la causa della sostenibilità. Il 15% di loro sarebbe disposto a farlo”, evidenzia la Linciano. 

Se la predisposizione degli investitori verso gli investimenti sostenibili è incoraggiante, guardando al dato sul possesso dei prodotti ESG in portafoglio si nota quanto questo sia ancora poco diffuso: solo l’11% degli italiani destina i propri risparmi agli investimenti sostenibili, mentre il 64% non li ha. Il principale deterrente al possesso è la mancanza di conoscenza. Dunque, sottolinea Nadia Linciano, la chiave per aumentare l’esposizione alla sostenibilità dei risparmiatori è legata all’informazione disponibile che spieghi loro perché un prodotto sostenibile possa definirsi tale. 

Tornando alla mancanza di fiducia verso i consulenti, Consob ha riscontrato che solo il 41% degli intervistati ritiene importante comunicare al consulente le proprie preferenze di sostenibilità e solo il 19% ricorda di aver ricevuto un sollecito da parte del consulente a riflettere sulle proprie preferenze di sostenibilità. “Questi dati non stupiscono perché ci troviamo ancora in evoluzione. Con lo sviluppo ulteriore della normativa e l’ampliamento delle competenze dei consulenti le prospettive sono positive”, spiega La Linciano. 

Relativamente al secondo tema, l’esperta della Consob ha ricordato che l’acquisizione delle preferenze di sostenibilità si riferisce alla richiesta fatta al cliente se voglia integrare o meno e in che misura il suo investimento con prodotti legati a tre categorie: quelli allineati alla tassonomia, quelli riferiti all’SFDR e quelli che tengono conto dei PAI (Principal Adverse Impact). La categorizzazione dei fondi richiama l’altra questione, ovvero la mappatura dei prodotti sostenibili, tema che impone l’obbligo all’intermediario finanziario di dotarsi di procedure sempre più rigorose. “Anche in questo caso”, conclude Nadia Linciano, “l’evoluzione normativa sarà un punto di svolta”. 

Proprio la complessità della regolamentazione europea è uno dei concetti su cui si è sviluppato il dibattito tra gli esperti del settore intervenuti in una tavola rotonda. Complessità legata al fatto che ancora non sia disponibile una definizione univoca di investimento sostenibile.

La confusione concettuale, tuttavia, non è l’unico fattore che ha messo alla prova il mondo degli investimenti ESG. “La nuova regolamentazione è arrivata in un contesto macroeconomico molto difficile che ne ha inficiato lo sviluppo. Questo si è riflesso nella duplicazione a marzo 2023 rispetto a fine 2021 dei clienti che ritengono più importante il rendimento rispetto alla sostenibilità”, osserva Gianluca Serafini, amministratore delegato e direttore generale di Fideuram Asset Management.

Tuttavia, sottolinea l’esperto di Fideuram, non è solo la regolamentazione a necessitare di ulteriore tempo per procedere nel suo sviluppo. Anche la rete, infatti, ha bisogno di adeguarsi gradualmente potenziando le competenze necessarie. Per farlo, evidenzia Serafini, è necessario attivare un processo di adeguamento concreto che vuol dire investimento reale nella sostenibilità e non unicamente legato alla volontà di essere compliant rispetto alla normativa. Se questo sforzo non viene sostenuto dall’industria il rischio è che aumentino i costi e che il risultato sia deludente, conclude Serafini. 

Secondo Stefano Giuliani, Ceo di BancoPosta Fondi SGR per rispondere alla scarsa domanda di prodotti sostenibili da parte dei clienti, bisogna stimolare l’interesse degli investitori strutturando un’offerta sofisticata, non generica. 

Un altro aspetto emerso nel corso della tavola rotonda e portato alla luce da Andrea Mottarelli, Country Head Italia di DWS è il fattore legato al modello di distribuzione dei prodotti, che è molto diverso tra i Paesi e che ha un certo impatto sulla diffusione dei fondi ESG. “Se in Paesi in cui c’è l’inducement il modello è molto guidato dagli asset manager e la scelta è fatta a monte, in altri, come l’Italia, la diffusione degli investimenti sostenibili dipende maggiormente dalle attitudini dei clienti. Ed è facile che la loro predisposizione per l’ESG aumenti in contesti di mercato favorevoli e diminuisca in quelli difficili, come si è visto nell’ultimo anno”, osserva Mottarelli. 

A conclusione della tavola rotonda, Gian Franco Giannini Guazzugli, ex presidente del Forum per la Finanza Sostenibile sposta il focus su un altro tema: l’etichetta e la definizione dei prodotti è utile o può anche complicare la già debole conoscenza dei risparmiatori di alcune tematiche? “Il compito del consulente è anche quello di semplificare il ventaglio di prodotti che vengono presentati ai clienti. Per questo l’incontro tra consulente e cliente per valutare le preferenze di sostenibilità deve essere un momento approfondito che tenga in considerazione tutte le dimensioni dell’ESG. Le regole servono, anche se è difficile armonizzarle”, conclude Giannini Guazzugli.