La locandina della Finance for sustainability conference

Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza

Sostenibilità e trasparenza in vetrina alla “Finance for Sustainability Conference”

Promuovere l’interesse degli investitori retail nei confronti della sostenibilità è un obiettivo chiave, soprattutto spingendo sulla trasparenza: è questo il messaggio chiave emerso nel corso della seconda edizione della “Finance for Sustainability Conference”, il convegno organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. L’evento si è concentrato sul tema della trasparenza delle informazioni relative alla sostenibilità nel settore finanziario come stabilito dalla “Sustainable Finance Disclosure Regulation dell’Unione europea (SFDR), entrata in vigore lo scorso marzo. La normativa richiede, per la prima volta, che i gestori patrimoniali forniscano informazioni sui rischi ambientali, sociali e di governance dei loro investimenti. 

In particolare, il nuovo regolamento europeo mira a disegnare i criteri con cui i partecipanti dei mercati finanziari e i consulenti finanziari definiscono, misurano e riportano le dinamiche ESG nei loro processi di investimento e di consulenza. Criteri che richiedono un alto livello di competenza per la costruzione di un portafoglio sostenibile. 

Le opinioni degli esperti

Nadia Linciano, Head of Economic Studies Unit di Consob, ha aperto il dibattito evidenziando l’importanza, in ambito ESG, del rapporto tra consulente e investitore. “La finanza sostenibile mostra da tempo una crescita significativa. Alcuni ostacoli possono tuttavia pregiudicarne lo sviluppo: la mancanza di un linguaggio comune, l’assenza di una tassonomia delle attività sostenibili, la carenza di informazioni affidabili e comparabili. L’Unione Europea intende promuovere un ecosistema efficiente dell’informazione non finanziaria, in grado di consentire una transizione ordinata verso un modello di sviluppo basato sull’integrazione dei fattori ESG nel processo decisionale di tutti gli attori del mercato. In particolare, promuovere l’interesse degli investitori retail negli investimenti sostenibili è un obiettivo chiave, al quale intermediari e consulenti finanziari sono chiamati a contribuire sia fornendo informazioni sulle caratteristiche ESG dei prodotti sia rilevando le preferenze degli investitori in materia di sostenibilità. Le evidenze sulla relazione consulente-cliente raccolte da CONSOB, Università Alma Mater di Bologna e RomaTRE lasciano emergere alcune aree di miglioramento da tenere in conto affinché la comunicazione tra consulente e investitore diventi una leva verso l’integrazione dei fattori ESG nel processo di investimento degli individui”.

In questo contesto, Marilisa Guida e Rita Cappariello di Banca d’Italia hanno sottolineato che le banche centrali svolgono un ruolo centrale nell’individuare e misurare i rischi climatici, che si ripercuotono sull’attività economica, e nel sensibilizzare intermediari e investitori sull’importanza di un approccio sostenibile. “I rischi climatici hanno importanti ripercussioni sull’attività economica perché possono determinare il successo di alcune imprese e un quadro avverso per altre. Un aspetto su cui le banche centrali si stanno concentrando riguarda quindi la misurazione dei rischi climatici e ambientali. Si tratta di un compito fondamentale, poiché la corretta misurazione dei rischi è la premessa per una loro efficace gestione, ma non è un compito agevole, in quanto i dati disponibili a questo fine sono ancora carenti quanto a qualità e completezza“.

Per regolamentare è necessario conoscere e non c’è conoscenza senza analisi dei dati. Questo è un limite secondo Bankitalia, considerato che attualmente gli indicatori ESG “sono basati su informazioni di tipo qualitativo perché attualmente per la valutazione delle tre dimensioni di sostenibilità non esistono criteri condivisi a livello internazionale. Nell’ambito del proprio impegno sul fronte dei rischi ambientali, Banca d’Italia conduce ricerche sui possibili effetti macroeconomici e finanziari dei cambiamenti climatici e sulle opportunità offerte dalla finanza sostenibile, con l’obiettivo di sensibilizzare gli intermediari finanziari, gli investitori e i risparmiatori a considerare i rischi climatici”.

Manuela Mazzoleni, Direttore Sostenibilità e Capitale Umano di Assogestioni, ha poi fatto luce sul processo ancora in divenire della classificazione dei fondi secondo la SFDR. “Il 2021 ha visto una decisa impennata che ha portato il patrimonio investito in fondi classificati ai sensi della SFDR come prodotti che promuovono caratteristiche ambientali e sociali (art 8) e prodotti con obiettivi di sostenibilità (art 9) a pesare complessivamente per quasi il 30% del totale del patrimonio investito in fondi nel nostro Paese, con circa il 40% gestiti da gruppi Italiani (in linea con il mercato nel suo insieme). Il panorama è sicuramente ancora fluido e il ritardo del legislatore europeo nella definizione delle modalità di disclosure e degli indicatori da utilizzare ha sicuramente protratto nel tempo la fase di consolidamento nell’interpretazione e nell’attuazione delle norme e generato qualche ambiguità, tuttavia la direzione e la dimensione del cambiamento sono inequivocabili. I cambiamenti di questi mesi rappresentano solo l’inizio di un lungo viaggio di trasformazione dell’industria del risparmio gestito e non solo”. 

“La gestione di un portafoglio da un punto di vista finanziario non è variata, le metriche di valutazione e di rischio tradizionali sono state però affiancate da un’analisi di secondo livello degli emittenti che vengono valutati, oltre che da un punto di vista finanziario, anche in chiave ESG al fine di selezionare quelli più virtuosi”, ha commentato Antonio Volpe, Head of External Distribution di Amundi sgr. “L’analisi non si limita a giudicare solo lo stato attuale delle aziende ma anche, in chiave prospettica, comprendere quelle che definiamo ‘improvers’, ossia che hanno intrapreso un percorso di sostenibilità e che saranno le aziende ‘ESG leader’ di domani. Inoltre esercitiamo il nostro voto nelle assemblee con un’attiva politica di engagement finalizzata a orientare le decisioni aziendali verso scelte più sostenibili. Ad esempio Amundi nel 2020 ha avviato un processo di engagement con un migliaio di società votando 50.000 risoluzioni dimostrando tutto il suo impegno concreto e la sua vocazione di gestore leader di sostenibilità”. 

“La misurazione dei rischi legati ai fattori ESG – spiega Arianna Magni, Head of Institutional and International Business Development di Etica Sgr –  è considerata fondamentale per garantire la stabilità del sistema finanziario e anche l’Unione Europea, con il Regolamento 2088 (SFDR), ha posto l’accento sul rischio di sostenibilità. Etica Sgr, innovando gli studi in materia, sei anni fa ha ideato una nuova metrica proprietaria, chiamata ‘rischio ESG’, che si pone l’obiettivo di calcolare concretamente l’impatto di questo genere di rischi sulle performance dei titoli nel portafoglio di un fondo comune d’investimento. Tale metrica entra nei suoi processi a più livelli, nella selezione degli emittenti e nella gestione degli investimenti. Inoltre i fondi di diritto italiano di Etica Sgr si pongono un preciso obiettivo di sostenibilità ai sensi della SFDR, ovvero il contenimento del loro rischio ESG entro un limite percentuale rispetto al massimo rischio ESG possibile”.

“È sempre più evidente che gli effetti fisici prodotti dai cambiamenti climatici stiano aumentando, proprio come i costi che comportano per il settore privato, le aziende, le comunità, le istituzioni e i governi”, ha affermato Barbara Galliano, Deputy Country Head per l’Italia di Natixis Investment Managers. Le soluzioni ci sono ma è urgente accelerare gli investimenti per mitigare i cambiamenti climatici e costruire economie più resistenti agli stessi. In qualità di gestori e investitori attivi, abbiamo anche l’obbligo fiduciario di comprendere i rischi e le opportunità che si presentano alle aziende in cui investiamo in un mondo che sta compiendo la propria transizione verso un modello più sostenibile. Inoltre l’engagement attivo e il voto hanno un ruolo fondamentale, perché permettono di conoscere e instaurare un dialogo con le aziende, anche accompagnandole ad affrontare questioni quali la gestione ambientale, le emissioni e l’efficienza energetica. Ci attendiamo che gli investitori si orienteranno verso soluzioni di finanza sostenibile nelle diverse asset class e, in questo panorama, a crescere più rapidamente potrebbero essere proprio gli investimenti con chiari obiettivi di sostenibilità e d’impatto per i quali i nostri gestori si distinguono per capacità di innovazione”. 

Uno dei temi per noi cruciali è il greenwashing, che non riguarda solo i titoli ma anche i fondi di investimento”, ha sottolineato Max Maria Traversone, Deputy Country Head per l’Italia di Raiffeisen Capital Management. “Per valutare la coerenza di questi ultimi abbiamo sviluppato un questionario di Due Diligence ESG sulle case terze che ne valuta il processo di investimento e le declinazioni ESG, in quella che è una forma di engagement indiretto che riteniamo sarà sempre più usata in futuro dagli istituti finanziari”.

Traversone ha messo in luce l’importanza dell’analisi dei dati ESG per Raiffeisen Capital Management, che conduce attraverso un’analisi proprietaria e la relazione con i data provider per poter vedere il tema da punti di vista e angolazioni diverse. “Nel tempo abbiamo selezionato i nostri Data Provider testandone la qualità e la consistenza dei dati attraverso veri e propri stress test per verificare se avessero previsto in anticipo criticità ESG su titoli più controversi, inoltre, dialoghiamo attivamente con i provider di dati ESG per attuare implementazioni personalizzate sulle nostre esigenze di prodotto”.

Ha concluso i lavori Luca Gabriele Trabattoni, Country Head Italy & Mediterranean Countries di UBP, tornando sul ruolo cruciale del settore finanziario nel favorire un cambiamento strutturale nelle industrie in cui investe. “L’industria del risparmio ricopre un ruolo chiave sul tema dei cambiamenti climatici perché può e deve giocare un ruolo decisivo investendo nell’innovazione e nelle best practice rispettose dell’ambiente”. Trabattoni ha fatto l’esempio dell’industria della moda, “la cui supply chain tradizionale conta diverse problematiche, una su tutte l’impatto dei materiali usati per la produzione di tessuti. La produzione di una fibra naturale come il cotone richiede un’enorme quantità di acqua e terra, mentre il poliestere consuma meno acqua e genera meno rifiuti, ma non è biodegradabile. Sono però sempre più numerosi gli imprenditori che lavorano per produrre eco-fibre alternative come la canapa e la pasta di legno, fondi di caffè o alghe”.

In questo quadro, ha aggiunto, “il settore finanziario rappresenta dunque il link in grado di convertire iniziative sporadiche in un cambiamento strutturale. Incanalando i capitali verso le aziende innovative a impatto che cercano soluzioni nuove e impegnandosi direttamente con loro per promuovere la collaborazione attraverso l’intera supply chain, gli investitori possono sommare tutti questi sforzi e rendere possibile un cambiamento nell’industria della moda”.