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Normativa UE sui fondi ESG

SFDR, si è chiusa la consultazione. Chi ha risposto alla Commissione UE

A quasi tre anni dalla sua entrata in vigore, nel marzo del 2021, la SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation), la normativa europea che istituisce un sistema di classificazione dei fondi ESG (Environmental, Social, Governance) e che stabilisce le regole di divulgazione sui prodotti sostenibili, è ancora oggetto di discussione. Il problema? La scarsa chiarezza di alcuni concetti contenuti nel regolamento e i requisiti altamente stringenti, soprattutto per i fondi classificati come “Articolo 9”. Situazione che ha spinto la Commissione europea, nel settembre dello scorso anno, a lanciare non una ma ben due consultazioni. Una pubblica destinata ad una platea più ampia e una mirata per gli esperti del settore, sul tema. In generale, obiettivo della seconda consultazione era di effettuare una valutazione approfondita del quadro normativo della SFDR, esaminando questioni quali la certezza del diritto, l’usabilità e il modo in cui il regolamento può svolgere il suo ruolo nell’affrontare il greenwashing.  

La SFDR in breve

La SFDR è uno dei regolamenti più importanti relativi alla finanza sostenibile, che punta a fornire un framework agli operatori del mercato per aumentare la trasparenza nel settore. Definendo le modalità con cui i partecipanti ai mercati finanziari devono divulgare le informazioni sulla sostenibilità, la norma consente agli investitori che cercano di destinare i propri risparmi ad aziende e progetti che sostengono obiettivi di sostenibilità di fare scelte più informate. L’SFDR è inoltre concepita per permettere agli investitori di valutare adeguatamente come i rischi di sostenibilità sono integrati nel processo decisionale di investimento. In questo modo, il regolamento contribuisce a uno dei grandi obiettivi politici dell’UE: attrarre finanziamenti privati per aiutare l’Unione Europea a passare a un’economia a zero emissioni nette.

Peculiarità della SFDR è che include livelli di classificazione per i fondi di investimento focalizzati sulla sostenibilità, ciascuno con diversi requisiti di informativa, compresi i fondi “Articolo 8” che “promuovono caratteristiche ambientali o sociali o una combinazione di tali caratteristiche” e i più rigorosi “Articolo 9”, che “hanno come obiettivo gli investimenti sostenibili”.

Uno dei requisiti chiave del regolamento, e tra i più impegnativi per i gestori patrimoniali, è la rendicontazione del Principal Adverse Impact (PAI) che le decisioni di investimento hanno su un’ampia gamma di fattori di sostenibilità, come il clima e l’ambiente, nonché gli aspetti sociali e occupazionali.

La consultazione

Per raccogliere i pareri dei partecipanti alla consultazione mirata, la Commissione europea ha sottoposto loro un questionario che tratta quattro temi principali:  

  • requisiti attuali dell’SFDR;
  • L’interazione con altre normative sulla finanza sostenibile;
  • Eventuali modifiche agli obblighi informativi per i partecipanti al mercato finanziario;
  • Possibile istituzione di un sistema di categorizzazione dei prodotti finanziari.

In sostanza, le tematiche dei primi due quesiti posti dalla Commissione esplorano il funzionamento pratico del regolamento e le potenziali problematiche che le parti interessate potrebbero dover affrontare nella sua attuazione. Tematiche più generali che sono state sottoposte anche ai destinatari della consultazione pubblica. Le ultime due, invece, si focalizzano su possibili soluzioni per affrontare eventuali carenze e modificare la normativa originaria.

Mentre la consultazione spiega che la SFDR è stata progettata per richiedere ai prodotti che fanno dichiarazioni di sostenibilità “di rivelare informazioni a sostegno di tali affermazioni e combattere il greenwashing”, rileva che questi requisiti “potrebbero essere visti come un onere aggiuntivo sui prodotti che tengono conto di considerazioni di sostenibilità” e chiede agli intervistati di considerare se tutti i prodotti “indipendentemente dalle relative dichiarazioni di sostenibilità” debbano avere requisiti di informativa uniformi. Nella consultazione la Commissione aggiunge che questa mossa potrebbe avere il vantaggio di consentire agli investitori di comprendere le prestazioni di sostenibilità dei prodotti anche per i prodotti che non fanno dichiarazioni di sostenibilità.

La Commissione nella consultazione chiede anche quali requisiti di informativa si dovrebbero considerare per tutti i prodotti finanziari, elencando informazioni relative alla tassonomia, strategie di coinvolgimento, esclusioni e linee guida su come le informazioni relative ai fattori ESG siano utilizzate nel processo di investimento.

Oltre alle potenziali modifiche ai requisiti di informativa e alle domande sull’attuale funzionamento dei regolamenti SFDR, la consultazione della Commissione UE include anche domande sullo sviluppo di un più “preciso sistema di categorizzazione dei prodotti a livello UE basato su criteri puntuali” per i prodotti finanziari sostenibili oltre alle attuali categorie gli articolo 8 e 9. Questo è uno dei punti centrali della consultazione europea che di fatto mette in dubbio la classificazione della SFDR, ipotizzando di sostituirla con categorie più vicine al nuovo regolamento britannico appena pubblicato (SDR, Sustainable Disclosure Regulation) dalla FCA (Financial Conduct Authority).

Chi ha risposto alla consultazione (pubblica) sulla SFDR

La consultazione pubblica, indirizzata a un’ampia gamma di portatori di interesse con una conoscenza più generale del regolamento, ha ricevuto 63 risposte complessive. Sebbene vi fossero opinioni divergenti in merito alle modifiche, tra chi proponeva interventi meno invasivi sulla normativa e chi invece era a favore di cambiamenti sostanziali, tutti concordavano sulla necessità di una revisione.

Per quanto riguarda le categorie dei rispondenti, la Commissione ha rilevato che il 38% è rappresentato da aziende, poco più del 20% da associazioni imprenditoriali, quasi il 16% da cittadini europei, il 4,7% da ONG, stessa percentuale del mondo accademico, il 3,2% da associazioni di consumatori, così come nel caso delle pubbliche autorità, e poco più dell’1% da cittadini non UE. 

Guardando al pubblico che ha risposto da un punto di vista di differenziazione geografica, invece, spicca la Francia al primo posto, con il 21%, seguita dal Belgio (14%), dalla Germania (11%), dalla Romania (10%), dal Regno Unito (8%), dall’Italia (6%), dai Paesi Bassi (5%) e dalla Spagna (5%).