Sta cambiando il modo in cui gli azionisti fanno sentire la propria voce nelle società in merito alle questioni di sostenibilità. Richieste più precise in ambito climatico e ESG, su cui si accordano con gli emittenti prima delle assemblee generali e più spazio alle loro proposte, supportate dagli investitori che richiedono sempre più diritti per gli azionisti. È una nuova stagione del voto per delega quella che emerge dall’analisi del database delle risoluzioni del PRI (Principles for Responsible Investment) in cui la rete di istituzioni finanziarie ha raccolto in questi primi mesi del 2023 oltre 800 risoluzioni degli azionisti, proposte del management e votazioni sulle questioni ESG. Al 30 giugno, 431 hanno pubblicato i risultati del loro voto nel database, mentre 214 non sono state portate avanti.
Tra le principali tendenze emerge come le proposte delle società riguardanti la nomina degli amministratori, sulle quali era quasi scontato che ottenessero un sostegno per lo più unanime, diventano sempre più un canale dove si riversa il malcontento. La partita in ambito sostenibilità si gioca sempre più spesso prima delle assemblee generali attraverso la richiesta di piani e impegni ESG concreti e informazioni puntuali sulle attività di transizione climatica. “L’enorme numero di proposte che chiedono di agire sul cambiamento climatico e che sono state ritirate in cambio di impegni aziendali è la vittoria silenziosa della stagione delle deleghe 2023” ha sostenuto Ceres, società internazionale che lavora con investitori e aziende per integrare le pratiche ambientali, sociali e di governance nelle strategie aziendali principali e cogliere le opportunità della transizione sostenibile, a Reuters lo scorso giugno.
Indice
L’analisi del PRI sulle risoluzioni in ambito ESG
Se il 2022, secondo PwC, era stato l’anno in cui la stagione delle deleghe aveva registrato uno dei record più alti di proposte azionarie in ambito ESG sostenute dalla maggioranza negli ultimi anni, il 2023 già vede un’inversione di tendenza. Al 31 maggio, solo 15 risoluzioni hanno ricevuto il sostegno della maggioranza, rispetto alle 50 dello stesso periodo dell’anno scorso. Ma per il PRI questo fenomeno è dovuto a diverse ragioni e “non va preso per apatia. Si tratta piuttosto, in parte, di un segno della crescente attenzione degli investitori verso richieste specifiche e più impegnative“. E infatti, la rete internazionale di istituzioni finanziarie ha evidenziato come molti azionisti abbiano ottenuto un successo in merito a questioni di sostenibilità prima della data dell’assemblea generale, grazie ad accordi di recesso attentamente negoziati.
Le risoluzioni sul clima si stanno evolvendo
Azionisti e investitori sembrano dunque allearsi per chiedere maggiore pragmatismo che parte in primo luogo dall’informazione, o meglio dall’informativa, per poter poi lavorare su proposte puntuali. E questo è particolarmente evidente nelle risoluzioni sul clima.
Dall’analisi, emerge infatti che è diminuito il sostegno alle risoluzioni che chiedono alle compagnie di assicurazioni di eliminare la sottoscrizione e/o la concessione di prestiti a progetti di combustibili fossili, nonostante molte società abbiano costantemente ottenuto punteggi negativi su queste pratiche negli ultimi tre anni. Ma, al contempo, le risoluzioni che chiedono informazioni hanno ottenuto più sostegno. Per esempio, quindi, le risoluzioni che chiedono informazioni sui piani di transizione climatica hanno ricevuto supporto da parte degli azionisti fino al 42,8% e in particolare una votazione presso Coterra Energy che chiedeva maggiori informazioni sulle emissioni di metano ha ottenuto un sostegno del 74,4%.
Il PRI ha inoltre evidenziato come i temi sulla “transizione giusta” siano più presenti nei voti per delega con un 2023 in cui le risoluzioni presentate sono state sette, ossia cinque in più rispetto alle sole due del 2022. Prendendo il caso del Giappone, Akemi Yamasaki, Chief Consultant, ESG, Japan Shareholder Services, ha osservato in un rapporto del PRI che “la stewardship in Giappone è in una fase di transizione… le istituzioni sono diventate più disposte a usare il loro potere di voto”. E proprio in Giappone, dopo due anni di impegno da parte degli investitori nei confronti di Toyota in materia di lobbying sul clima, quest’anno gli azionisti hanno votato per la prima volta in occasione dell’assemblea generale della società.
E proprio l’assemblea, e soprattutto la nomina dei consiglieri, stanno diventando un’arma sempre più importante per gli azionisti in materia di sostenibilità e clima. Il PRI in un recente approfondimento ha evidenziato il caso del presidente del consiglio di amministrazione e dell’amministratore delegato di National Grid che sono stati messi sotto esame per la mancata divulgazione delle attività di lobbying sul clima. Sottoposta alle pressioni degli investitori e inclusa tra i voti segnalati da Climate Action 100+, l’azienda si è di recente impegnata pubblicamente a rivedere regolarmente le sue attività di lobbying, riconquistando così il sostegno degli investitori per le prossime elezioni degli amministratori.
Altro esempio è anche J-Power che lo scorso anno ha dovuto affrontare, e rispondere, alle pressioni degli azionisti sugli obiettivi di emissione di gas serra per il 2023. Quest’anno, lo stesso gruppo di investitori ha votato contro il vicepresidente esecutivo di J-Power, sottolineando “l’incapacità di rispondere in modo significativo a un voto importante degli azionisti” e opponendosi alla sua strategia Blue Mission.
Azionisti e l’integrazione della sostenibilità negli investimenti
Il 2022 è stato un anno in cui v’è stato molto dibattito sul ruolo delle considerazioni sulla sostenibilità negli investimenti arrivando al voto per delega. Nel 2023 delle 62 risoluzioni presentate finora, 17 si sono concentrate su questioni relative a diversità, equità e inclusione. Tuttavia, come negli altri anni, il sostegno rimane basso, con una media del 2,8%, secondo quanto emerso dai dati del PRI.
Eppure la sostenibilità non dovrebbe avere connotazioni politiche dal momento che riguarda nuove modalità di concepire l’operato aziendale a favore di un maggiore benessere delle persone e del pianeta. Inoltre, se si considerano per esempio i danni degli impatti del cambiamento climatico, l’integrazione di considerazioni su tematiche e rischi ESG significa sempre più favorire non solo la scelta di opzioni più sostenibili, ma anche meno rischiose per il capitale e più redditizie. Lo ha sottolineato anche il CEO del PRI David Atkin, dichiarando: “Gli investimenti ESG sono intrinsecamente apolitici. Investire in sostenibilità significa sostenere che gli investitori hanno maggiori probabilità di successo quando considerano tutte le informazioni potenzialmente rilevanti e utili dal punto di vista economico nelle loro decisioni di investimento”. Per questo, “Il PRI continuerà a sostenere le società finanziarie nell’incorporazione e nell’adozione di pratiche di investimento responsabili, anche nelle loro attività di voto” ha concluso Atkin.
Come cambia il supporto al management con il voto per delega
Come già evidenziato nell’articolo Are corporate boards responding to successful shareholder ESG proposals?, chiedere conto agli amministratori di non aver agito in base a risoluzioni sostenute dalla maggioranza può essere una potente strategia di escalation, in particolare nelle giurisdizioni in cui le risoluzioni degli azionisti non sono vincolanti.
L’analisi mostra come gli investitori colleghino sempre più spesso i compensi dei cda agli obiettivi di performance ESG e votino contro gli amministratori che non rispondono alle questioni di sostenibilità sollevate dagli azionisti.
Gli investitori hanno una forte propensione a chiedere conto ai board e, dato che continuano ad aggiornare le loro politiche di voto, in particolare per quanto riguarda l’opposizione alla rielezione degli amministratori, il PRI si attende di “vedere una maggiore opposizione da parte del management il prossimo anno”.