I rischi climatici e ambientali sono ancora poco considerati dalle banche di medio-piccole dimensioni (LSI – Less Significant Institutions) e dagli intermediari finanziari non bancari. L’attesa analisi annuale della Banca d’Italia sui piani di azione ESG degli istituti di minori dimensioni e degli intermediari, evidenzia un basso livello di allineamento alle aspettative di vigilanza (pubblicate nel 2022 dalla stessa Banca) sull’inclusione di tali rischi.
E’ quanto emerge dai due rapporti pubblicati annualmente dall’istituto centrale, uno sui piani di azione su clima e ambiente delle LSI e l’altro sui piani degli intermediari non bancari, nei quali via Nazionale fa il punto sulla preparazione dei soggetti finanziari presi in considerazione, in riferimento all’adozione dei requisiti previsti dalle aspettative di vigilanza, sottolineando come, nonostante alcuni progressi sulla governance e sulla gestione dei rischi, siano ancora diffuse difficoltà nell’attuazione dei progetti ESG in generale. A rappresentare una particolare criticità sono la raccolta e la reperibilità di dati puntuali necessari per realizzare i piani e pubblicare i bilanci. Nota positiva, però, la crescente consapevolezza di banche e intermediari dell’importanza che la sostenibilità riveste nei modelli di business.
La ricerca sulle banche medio-piccole
Nonostante i progressi osservati nell’ultimo anno, analizzando un campione di 21 banche minori che avevano riferito i loro piani d’azione entro la fine di marzo 2023, la Banca d’Italia rileva un livello complessivamente basso di allineamento alle aspettative di vigilanza. Ciò dipende in larga misura dal fatto che l’attuazione della maggior parte delle progettualità sul tema ESG deve essere ancora avviata o è in una fase preliminare.
Stato di avanzamento delle iniziative complessive
Il quadro si conferma comunque eterogeneo: un contenuto numero di banche sta proseguendo speditamente il percorso di allineamento, mentre altre hanno soltanto di recente avviato in concreto alcuni progetti. Alcune banche minori, al fine di sovrintendere all’implementazione del piano, hanno addirittura costituito gruppi di lavoro a cui partecipano gli addetti delle diverse funzioni, hanno individuato le funzioni responsabili dei vari cantieri e riferito reporting periodici ai CdA per monitorare i progressi e i ritardi delle diverse iniziative. Tuttavia, in quasi nessun piano risultano indicate le risorse umane e gli investimenti necessari per l’attuazione delle misure programmate, carenze che, secondo Bankitalia, non permettono di valutare pienamente l’effettiva percorribilità dell’obiettivo triennale di completo allineamento alle aspettative, la sostenibilità economica del progetto e la sua reale fattibilità.
Tale situazione, secondo la Banca d’Italia, evidenza come i piani di azione presentino un diverso grado di maturità e necessitino pertanto di essere meglio dettagliati quanto prima. Tanto più perché il 2023 è generalmente rappresentato come un anno chiave della pianificazione, prevedendosi l’avvio del 70% delle iniziative nell’anno che si è appena concluso.
Tempistiche di avvio (sx) e di completamento (dx) delle attività pianificate
Per quanto riguarda la governance, Bankitalia osserva che le iniziative di adeguamento dei sistemi di governo societario, con l’inclusione dei rischi climatici e ambientali nello spettro delle competenze e responsabilità degli organi sociali, sono state portate a termine da quasi tutte le banche. Anche gli interventi organizzativi sono in una fase di sviluppo promettente, con l’assegnazione di nuovi ruoli e responsabilità in materia ESG a strutture già esistenti o costituite ad hoc.
Elementi di incertezza si manifestano, tuttavia, nella ridefinizione del perimetro delle attività delle funzioni di controllo, nonché nell’integrazione, ancora in una fase iniziale, dei fattori ESG nelle politiche di remunerazione (con la definizione di Key Performance Indicators – KPI) e nel sistema di reporting agli organi sociali.
Una tendenza positiva, invece, è rappresentata dal fatto che le banche analizzate convergono nel considerare la riqualificazione dell’offerta commerciale con prodotti e servizi “green” come un obiettivo a rilevanza strategica, sebbene nella maggior parte dei casi le iniziative previste non abbiano ancora raggiunto un sufficiente livello di concretezza e non siano associate all’individuazione di KPI connessi ad obiettivi di sostenibilità.
Per quanto concerne, invece, il problema diffuso relativo a dati puntuali e affidabili per svolgere l’analisi, Bankitalia nota che le banche hanno iniziato ad affrontare il nodo dello sviluppo di una base dati e di adeguamento dei sistemi informativi, consapevoli che essi rappresentano i fattori abilitanti per la misurabilità dei rischi climatici. In tale contesto, un maggior numero di banche rispetto a quanto emerso nella Thematic Review del 2022 ha effettuato preliminari analisi di materialità dei rischi climatici, seppure per lo più di natura qualitativa e basate in prima battuta sul rischio di credito.
Per quanto riguarda gli interventi di gestione dei singoli rischi, la Banca d’Italia rileva un impegno significativo delle banche minori per includere i fattori climatici e ambientali nei processi creditizi (concessione, monitoraggio, valutazione delle garanzie). Tali iniziative sono state avviate dalla maggioranza delle banche minori ma le tempistiche di realizzazione risultano lunghe, in quanto la conclusione delle attività è attesa, nella maggior parte dei casi, tra il 2024 e il 2025.
Progressi apprezzabili rispetto allo scorso anno anche nelle iniziative relative all’inclusione dei fattori di rischio climatico nel framework per la gestione dei rischi finanziari e nei piani di continuità operativa. Riguardo al primo aspetto, la maggioranza del campione risulta ha aggiornato (o prevede di farlo a breve) la policy di investimento del proprio portafoglio o dei portafogli gestiti per conto terzi, anche ricorrendo a dati forniti da fornitori esterni. Con riferimento ai piani di continuità operativa, un numero crescente di banche tiene conto del possibile impatto avverso di eventi climatici e ambientali estremi sulla propria struttura e sui fornitori rilevanti, rappresentando possibili contromisure. Il profilo di liquidità rimane invece quello verso cui le LSI mostrano minore attenzione.
Infine, relativamente alle iniziative finalizzate a comunicare al mercato le modalità di integrazione dei fattori di sostenibilità nella strategia aziendale, quasi la metà del campione ha adottato (o prevede di adeguare) la propria Dichiarazione Non Finanziaria (DNF), che dovrà essere adattata per tenere conto dell’evoluzione del framework regolamentare in materia di sostenibilità ambientale e dello sviluppo di nuove prassi aziendali.
L’analisi degli intermediari non bancari
Dall’indagine della Banca d’Italia sui piani d’azione degli intermediari non bancari è emerso che essi sono generalmente consapevoli della crescente rilevanza strategica ed operativa dei rischi climatici e ambientali per la sostenibilità del modello di business. La quasi totalità delle società ha infatti dedicato risorse e sforzi all’analisi delle Aspettative e al relativo gap da colmare, pianificando per il prossimo triennio iniziative volte ad assicurare un graduale allineamento con tali linee guida.
La maggioranza dei piani presenta tuttavia margini di miglioramento, con descrizioni delle iniziative programmate che richiederebbero un maggior grado di dettaglio, sia in termini di contenuti sia rispetto alle tempistiche di implementazione. Secondo Bankitalia, infatti, la quasi totalità degli intermediari non ha fornito alcun tipo di informazione sulle risorse umane e sugli investimenti finanziari necessari per la realizzazione del piano. E soltanto un numero limitato di società ha già avviato le attività descritte nei piani, aspetto che mette in luce come il concreto impegno su questi temi dovrà essere verificato in futuro, nell’ambito dell’ordinaria attività di vigilanza.
La qualità dei piani è comunque piuttosto variegata, sia tra tipologie di intermediari sia tra società dello stesso gruppo.
Stato delle iniziative di allineamento alle Aspettative di vigilanza
Con specifico riferimento alle tempistiche, dall’analisi emerge che la maggior parte delle iniziative incluse nei piani è stata già completata (62,8%, 31,8% dichiarata completata e 31% entro fine 2023). Tuttavia, diverse azioni di adeguamento saranno realizzate non prima del 2025 e per un numero rilevante di iniziative non è stata fornita alcuna indicazione sui tempi di realizzazione.
Tempi di avvio delle iniziative pianificate
Rispetto alla governance, l’analisi dei piani di Bankitalia rileva che è l’area in cui si riscontra un maggiore impegno nella pianificazione e nell’implementazione delle attività di adeguamento. Buona parte degli intermediari ha già realizzato o ha programmato la formalizzazione di ruoli e responsabilità in materia di rischi climatici e ambientali, sebbene manchino frequentemente dettagli su come saranno adeguate le relative politiche e procedure aziendali. Inoltre, molti intermediari hanno manifestato l’intenzione di rafforzare le competenze sui temi ESG attraverso l’avvio di specifici corsi di formazione indirizzati ai vertici aziendali. Meno diffusa è invece la previsione di rafforzare i CdA con nuovi esponenti già esperti della materia.
Per quanto concerne modello di business e strategia, l’approccio alla pianificazione strategica risulta abbastanza variegato per tipologia di intermediario. I gestori mostrano una certa sensibilità ai temi climatici e ambientali, che per lo più sono considerati nella definizione delle strategie aziendali, anche integrando l’offerta commerciale con prodotti ESG. Negli altri comparti esaminati dalla Banca è decisamente meno rilevante la quota di società che ha pianificato analoghi interventi sulla propria offerta commerciale. In generale, frequenti ritardi interessano anche l’adozione di procedure formalizzate per la valutazione della materialità, così come lo svolgimento di analisi di contesto e la definizione di obiettivi strategici di sostenibilità accompagnati da KPI utili al loro monitoraggio.
Importanti progressi, invece, si registrano rispetto al sistema organizzativo degli intermediari non bancari, dato che tutti hanno individuato iniziative organizzative volte a rafforzare al loro interno il coordinamento delle tematiche ESG, pur nell’ambito di soluzioni differenziate. In particolare, gestori di dimensioni contenute e SIM hanno optato soprattutto per un modello accentrato, mentre soluzioni più complesse (modello ibrido e decentrato) sono invece preferite dai gestori più grandi. Inoltre, tutte le società stanno investendo nella formazione del personale, mediante corsi sia interni che esterni, mentre la revisione delle policy di remunerazione, volta a introdurre variabili legate ai temi ESG, è un’iniziativa programmata soprattutto dai gestori.
Infine, con riferimento alla gestione dei rischi, dall’indagine è emerso che è l’area con maggiori ritardi. La maggior parte delle iniziative inserite nei piani vanno nella direzione auspicata dalle aspettative di vigilanza, ma sono spesso poco dettagliate. Le iniziative già avviate sono minoritarie e molte sono, invece, le attività per ora solo programmate. Bankitalia ha riscontrato, in particolare, ritardi nella mappatura degli eventi di rischio climatico e ambientale che potrebbero manifestarsi e dei conseguenti effetti sui diversi profili di rischio prudenziali. Infatti, sebbene la mappatura sia stata pianificata dalla larga maggioranza degli intermediari, un numero non trascurabile di società non ha previsto questo tipo di iniziativa e sono poche quelle che l’hanno già formalizzata.