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Banche: azioni ancora poco incisive su clima e biodiversità

Le maggiori banche europee non stanno facendo abbastanza per affrontare il cambiamento climatico e la perdita di biodiversità. È quanto evidenzia l’indagine In Debt to the Planet – An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies dell’organizzazione non governativa ShareAction, attiva nella definizione di standard internazionali per gli investimenti responsabili, nella sensibilizzazione e nell’analisi dati in ambito di sostenibilità finanziaria.

ShareAction ha infatti analizzato, valutato e classificato le 25 maggiori banche europee in base al loro approccio al clima e alla biodiversità e nel documento finale, pubblicato a dicembre, ha sottolineato come le lacune riscontrate comportino rischi reali per il nostro pianeta e per tutti coloro che lo abitano.

Gli approcci delle istituzioni finanziarie sono infatti giudicati insufficienti. In media, le banche raggiungono un punteggio del 43,7%, equivalente a una valutazione pari a “C+”, più della metà (19) non hanno ottenuto nemmeno la metà dei punti disponibili. Nessuna, in particolare, si è posizionata nei primi due percentili (da 75 a 87.5 e da 87,5 a 100 punti), meritando uno score A.

Delle 25 istituzioni analizzate, le prime tre posizioni sono occupate da banche francesi. Il punteggio più alto è stato raggiunto dalla francese BNP Paribas, pari al 63%, equivalente a una valutazione B+. Sul podio anche Société Générale (56%) e Crédit Agricole (51%), mentre le italiane UniCredit e Intesa Sanpaolo ottengono la quattordicesima e la sedicesima posizione con i punteggi rispettivamente pari a 43% e 42%.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

ShareAction nota che, se da un lato negli ultimi mesi c’è stato un miglioramento rispetto all’anno precedente, supportato dalle richieste delle istituzioni internazionali, come per esempio la BCE, e dall’adesione delle banche alle dichiarazioni di impegno internazionali, nessun istituto incorpora i rischi climatici e di biodiversità in modo comprensivo in tutte le aree che sarebbero da prendere in considerazione.

Anche se l’80% delle banche prese in considerazione ha stabilito almeno un target relativo al clima e alcune banche dimostrano di essere all’avanguardia su alcuni temi, rimangono ampi spazi di miglioramento. La maggior parte dei target sono riferiti a misure di intensità delle emissioni, mentre dovrebbe essere anche calcolata anche la riduzione in termini assoluti, altrimenti gli effetti sulla crisi climatica risultano vani. Inoltre, nonostante alcuni impegni a non finanziare determinate attività, spesso nelle policy sono previste eccezioni. Scappatoie che permettono di aggirare i divieti.

Infine manca trasparenza, con il rischio di fare insinuare pratiche di greenwashing e comunque di non permettere agli analisti esterni, come ShareAction, di comprendere, anche quando il clima è inserito o citato nei processi di governance, se poi venga realmente preso in considerazione in maniera efficace ed effettiva nel processo decisionale. Nonostante infatti molte tra le 25 intervistate abbiano adottato e promuovano una strategia climatica, non sono in grado di fornire esempi convincenti di supervisione delle azioni messe in atto per affrontare la crisi climatica.

L’integrazione dei temi della biodiversità poi è solo agli albori. La performance media in materia di biodiversità è inferiore a quella del clima sotto tutti gli aspetti: il punteggio medio è stato del 35% per la biodiversità rispetto al 48% per il clima e per alcune banche il divario tra i due temi è ancora maggiore.

La governance dei rischi sul clima e di biodiversità

Per i CdA delle maggiori banche europee la biodiversità non è una priorità, mentre lo sta sempre più diventando la questione clima, tanto è vero che è in crescita il numero di banche che ha almeno un componente del board con competenze scientifiche sull’argomento, cosa che non avviene in ambito biodiversità.

A loro difesa, le 25 banche europee intervistate sostengono che i principali ostacoli al miglioramento sono la disponibilità e la qualità dei dati sulle emissioni, la mancanza di metodologie standardizzate – in particolare per comprendere gli impatti sulla biodiversità dei clienti – e l’assenza di un approccio integrato.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

È interessante notare come ad oggi tutte le banche prevedano una formazione sulla sostenibilità sia per i membri del consiglio di amministrazione che per i dipendenti, ma non è altrettanto diffusa la formazione specifica sul clima e lo è ancor meno quella sulla biodiversità.

Quasi tutte le banche, infine, incorporano indicatori chiave di performance (KPI) legati al clima (diversamente che per la biodiversità) nelle strutture di incentivazione dei consigli di amministrazione, ma tali incentivi legati a target climatici non sono sempre misurabili nè collegati alle leve di decarbonizzazione più critiche.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

La gestione dei rischi climatici

L’analisi evidenzia come, nonostante ormai i rischi climatici vengano identificati da tutte le maggiori banche europee, questi non sono adeguatamente integrati nei processi di gestione del rischio standard e le informazioni relative al clima, come le emissioni di gas serra o i piani di transizione energetica, sono richieste solo in maniera limitata nell’ambito delle operazioni di due diligence.

Inoltre, anche per quanto riguarda questo aspetto, non è adottato un approccio realmente comprensivo dal momento che nella maggior parte dei casi le istituzioni non identificano gli elementi di rischio sociali o per la biodiversità legati al clima, come quelli derivanti dalla deforestazione.

Dall’analisi emerge poi che la rendicontazione da parte delle banche, sia dell’ammontare dei finanziamenti a settori sensibili per il clima (petrolio e gas, carbone, produzione di energia, tra gli altri) sia delle emissioni finanziate, non copre l’intera portata delle loro attività, bensì quasi solo esclusivamente le attività di prestito. Ciò è vero per tutte le 25 banche intervistate, tranne CaixaBank che non rende proprio noto il volume dei propri finanziamenti a settori sensibili al clima, e per DZ Bank e UniCredit che pur dichiarando l’ammontare dei finanziamenti a settori cosiddetti “climate sensitive”, non comunicano invece le emissioni finanziate.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

Questo fa sì che la rendicontazione non evidenzi in realtà tutti i rischi di transizione e il sostegno reale ai settori ad alto contenuto di carbonio. Oltre all’attività di lending dovrebbero essere analizzati anche gli effetti di quelle sui capital market.

Le banche aiutano, infatti, i propri clienti anche a raccogliere finanziamenti dagli investitori, tramite le emissioni di azioni e obbligazioni. Solo due banche però, Barclays e HSBC, includono informative legate al clima di queste attività sui mercati dei capitali, mentre Santander, le include solo nelle comunicazioni sui finanziamenti.

La mancata segnalazione di queste attività fa si che non si riesca a comprendere a fondo quanto una banca stia indirizzando capitali a settori ad alta intensità di carbonio. Dall’indagine è emerso infatti che, tra il 2016 e il 2021, il 57% dei finanziamenti erogati ai 50 principali produttori di petrolio e gas upstream è avvenuto sotto forma di sottoscrizione dei mercati dei capitali. Sebbene tali attività non compaiano nel bilancio di una banca, la divisione di investment banking può guadagnare commissioni significative dalla sottoscrizione, e quindi i rischi di transizione per una banca possono essere sottostimati.

Impegni sul raggiungimento del net zero

Tutte le 25 banche intervistate si sono impegnate a raggiungere il net zero entro il 2050 e la maggior parte di esse sta facendo progressi anche nella definizione di obiettivi settoriali di decarbonizzazione con 21 banche hanno annunciato obiettivi per almeno un settore.

Tuttavia, solo sei banche hanno fissato un obiettivo generale intermedio e solo tre (Lloyds Banking Group, NatWest, Nordea) hanno assunto impegni allineati con le riduzioni assolute delle emissioni richieste in scenari credibili di 1,5°C.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

Dall’indagine è emerso che gli obiettivi net zero delle maggiori banche europee sono ancora incompleti. Per esempio, la maggior parte delle istituzioni bancarie ha iniziato a fissare obiettivi per settore, ma sono necessarie politiche settoriali solide per limitare i finanziamenti alle attività non allineate con gli obiettivi dell’Accordo di Parigi in quanto, secondo ShareAction, tali politiche sono lo strumento principale che le banche hanno per influenzare l’economia reale.

Inoltre, un altro aspetto critico evidenziato dall’analisi riguarda la finanza cosiddetta “green” o sostenibile. La ONG ha rilevato un’assenza di monitoraggio e controllo delle operazioni di finanza verde e di chiare linee guida. Pur segnalando un incremento dei target legati a questo tipo di operazioni finanziarie, il livello di ambizione varia notevolmente ed è necessaria una maggiore chiarezza su ciò che costituisce un prodotto di finanza verde e in che modo garantisca obiettivi e impatti concreti.

Le strategie sulla biodiversità

Le banche hanno appena iniziato a identificare i rischi, le opportunità e gli impatti legati alla biodiversità. Poche integrano la biodiversità nei principali processi di gestione del rischio e nel valutare l’opportunità di nuovi progetti o nuovi affidamenti.

Solo 16 delle 25 banche oggetto dello studio hanno definito pubblicamente una qualche forma di strategia per valutare i rischi e le opportunità legati alla biodiversità e molte di queste non sono dettagliate o non affrontano tutti gli aspetti degli impatti diretti e indiretti. BBVA, Commerzbank e DZ Bank non hanno alcuna strategia pubblica.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction

Mentre 23 su 25 identificano attualmente i rischi legati ai potenziali impatti sulla biodiversità e sulla natura, solo 15 delle banche intervistate hanno dimostrato una doppia prospettiva di materialità nel valutare la rilevanza di tali rischi, rischiando di sottovalutare la reale portata dei propri impatti e di non riuscire a sviluppare strategie di mitigazione efficaci.

Infine, solo BNP Paribas, BPCE, Credit Suisse, ING e Société Générale hanno integrato pienamente la biodiversità nei processi di rischio standard per l’acquisizione di nuovi clienti, la revisione dei clienti esistenti e la due diligence delle transazioni, dimostrando così che è possibile integrare questo tipo di considerazioni.

In Debt to the Planet, An assessment of the 25 largest European banks’ biodiversity and climate strategies, ShareAction