Con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica di gruppo entro il 2050 e l’adozione di una strategia sul cambiamento climatico, Unipol, gruppo assicurativo leader in Italia nei rami danni e tra i primi dieci in Europa con una raccolta diretta assicurativa pari a 13,6 miliardi di euro a fine dicembre 2022, è in prima linea nell’affrontare i rischi e cogliere le opportunità connessi alla crisi climatica.
Le assicurazioni svolgono infatti un ruolo fondamentale nella lotta al cambiamento climatico. Non solo in merito ai processi tradizionali di trasferimento del rischio, attraverso l’offerta di prodotti assicurativi, ma anche nel supportare le aziende, pubbliche e private, nell’implementazione di piani di adattamento al cambiamento climatico che permettano di ridurre l’esposizione ai rischi e allo stesso tempo per mobilitare le risorse necessarie a finanziare l’adattamento e a sostenere la resilienza delle comunità.
Unipol agisce sui tre ambiti principali che caratterizzano la propria attività, quindi i prodotti e servizi assicurativi, l’attività di investimento, la gestione degli immobili del proprio patrimonio.
“È importante accompagnare le imprese nella redazione di un piano di adattamento specifico che preveda azioni puntuali per ridurre il rischio effettivo a cui sono esposte. Questo è molto rilevante in particolar modo nel settore dell’agricoltura, dove la scommessa oggi in Italia per UnipolSai come assicuratore è di mantenere l’assicurabilità degli agricoltori a lungo termine, nonostante l’aumento dei rischi catastrofici e sistemici” ha affermato Marisa Parmigiani, Head of sustainability and stakeholder management Unipol Group, Direttrice Fondazione Unipolis, in questa intervista a ESGnews, “Siamo infatti già in una fase in cui alcuni rischi non sono più assicurabili in quanto non riguardano più una probabilità, bensì una certezza”.
Unipol ha presentato la nuova strategia climatica: quali sono i principali obiettivi?
La strategia climatica di Unipol verte su tre ambiti principali collegati alle nostre attività di core business, quindi gestione e sviluppo immobiliare, per il quale abbiamo stabilito un obiettivo di riduzione delle emissioni Scope 1 e 2 del 46,2% entro il 2030, le attività di investimento, in relazione alle quali Unipol ha aderito alla Net-Zero Asset Owner Alliance, impegnandosi a ridurre le emissioni dei propri portafogli di investimento a zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050 e ad agire attraverso l’engagement delle aziende su cui ha investito. E infine, i prodotti e servizi assicurativi per i quali il gruppo ha fissato un target connesso all’incidenza dei prodotti a valore sociale e ambientale, definendo un obiettivo del 30% da raggiungere entro il 2024. A fine 2022, tali prodotti rappresentano il 27,1% della raccolta diretta.
In particolare, poi, per quanto riguarda gli investimenti, a giugno abbiamo stabilito degli obiettivi intermedi al 2030 in linea con il Target Setting Protocol della Net Zero Asset Owner Alliance. Il gruppo Unipol si è impegnato a ridurre del 50% entro il 2030, rispetto al 30 settembre 2022, l’intensità di carbonio (tCO2(e)/ EVIC) dei propri portafogli di azioni quotate e obbligazioni societarie quotate gestiti direttamente, corrispondenti a un valore di 16,5 miliardi di euro. A supporto del raggiungimento di questo target, saranno svolte attività di engagement con le 20 società che generano le maggiori emissioni di Scope 1 e 2 che nel 2022 rappresentavano oltre il 70% del totale delle emissioni assolute degli asset. Infine, intendiamo aumentare gli investimenti tematici per gli SDGs e passare al 2024 a 1,3 miliardi di euro rispetto agli 862,2 milioni di euro investiti a fine 2021. Gli investimenti in tal senso, private equity e project financing, riguardano energie rinnovabili ed ecoefficienza, mobilità sostenibile, acqua, gestione sostenibile delle foreste, agricoltura biologica ed eco-innovazione.
Come mai avete scelto di aderire alla Net Zero Asset Owner Alliance (NZAOA) e non alla Net-Zero Insurance Alliance (NZIA)?
La NZIA chiede di definire il modello con cui accetti e non accetti i clienti e dunque il rischio che si creino delle situazioni distorsive sul mercato è molto alto. Pertanto, entro l’anno definiremo un modello e un obiettivo di riduzione delle emissioni anche per il nostro portafoglio di sottoscrizioni che saranno coerenti con i criteri NZIA. Ma non abbiamo ritenuto opportuno aderire a un’alleanza che riteniamo critica dal punto di vista dell’antitrust e che entra nel merito della costruzione della metodologia.
Quali caratteristiche deve avere un prodotto o servizio per essere considerato a valore sociale e ambientale?
Per essere classificato come “soluzione a valore sociale e ambientale”, un prodotto o servizio deve essere in grado di rispondere a bisogni sociali migliorando la vita delle persone, avere un impatto ambientale positivo o rispondere alle preoccupazioni relative al clima.
Proprio in relazione al clima, il ruolo delle compagnie di assicurazione nel percorso di transizione climatica è cruciale poiché possono agire su leve differenti. Da una parte attraverso il proprio modello di attività come entità, in secondo luogo nelle proprie scelte di investimento e infine incentivando i propri clienti a comportamenti più responsabili. Come agite su questi tre fronti?
Unipol è sia “risk engineer”, quindi accompagna i propri clienti nell’adozione di piani di adattamento al cambiamento climatico, sia “risk taker” nel momento in cui assume e compensa la parte residuale del rischio (il cosiddetto rischio residuo) che i nostri assicurati si trovano a dover affrontare proprio in relazione ai piani di adattamento. In primo luogo, quindi, Unipol accompagna le imprese, con un’attenzione particolare alle PMI, a identificare i rischi a cui sono esposte e le azioni necessarie per ridurli. È stato, per esempio, proprio questo l’obiettivo del progetto LIFE DERRIS, cofinanziato dall’Unione Europea e partito nel 2017 a Torino, che ha coinvolto, in una prima fase, 30 PMI nella valutazione della propria vulnerabilità agli eventi climatici estremi e in un percorso di formazione per acquisire conoscenze utili relative alla prevenzione e alla gestione del rischio e delle emergenze. Il progetto ha permesso poi lo sviluppo del CRAM Tool, uno strumento di autovalutazione dei rischi climatici che è stato ad oggi usato da oltre 9.000 imprese per affrontare gli eventi climatici estremi.
In particolare, poi, per il settore agricolo, particolarmente colpito e vulnerabile agli impatti del cambiamento climatico, UnipolSai ha promosso LIFE ADA – ADaptation in Agriculture, insieme ai partner ARPAE Emilia-Romagna, Cia–Agricoltori Italiani, CREA Politiche e Bioeconomia, Festambiente, Legacoop Agroalimentare Nord Italia, Leithà e Regione Emilia-Romagna. L’obiettivo è in primis aumentare il grado di consapevolezza dell’esposizione dei prodotti di un’impresa ai principali rischi climatici quali alluvione, ondate di calore, grandine o vento forte e poi, analizzando il singolo caso, di redigere un piano di adattamento specifico che preveda azioni puntuali per ridurre il rischio effettivo a cui l’azienda è esposta. Questo è molto importante in particolar modo nel settore dell’agricoltura, dove la scommessa oggi in Italia per UnipolSai come assicuratore è di mantenere l’assicurabilità degli agricoltori a lungo termine, nonostante l’aumento dei rischi catastrofici e sistemici. Siamo infatti già in una fase in cui alcuni rischi non sono più assicurabili in quanto non riguardano più una probabilità, bensì una certezza. Faccio per esempio riferimento al rischio grandine in periodi estivi: UniPolSai non assicura più le aziende che non abbiano una rete per la grandine perché la possibilità che piova grandine che rovini il raccolto è ormai, purtroppo, sempre più certa.
Alla luce dell’aumento degli eventi catastrofici estremi degli ultimi tempi, è aumentata la richiesta di prodotti assicurativi in tal senso?
Se c’è stato un incremento delle richieste nella parte property per rischi di eventi atmosferici estremi lo riscontreremo nel bilancio al 31 dicembre perché la rilevazione dei dati è annuale. Ma mi sembra plausibile poter prevedere un aumento. D’altro canto questi eventi climatici particolarmente forti sono connessi anche un aumento dei sinistri.
La copertura assicurativa non basta per la riduzione dei rischi climatici delle imprese se non accompagna a un piano di investimenti nella transizione.
Si, il piano di adattamento prevede necessariamente un piano di investimenti e in merito abbiamo infatti una partnership con Bper Banca. Il problema è che spesso le imprese, soprattutto quelle del settore agricolo, non sono culturalmente abituate a ragionare in termini di previsione e prediligono il gioco delle probabilità: non scelgono di sostenere un costo “certo”, come può essere quello della rete per la grandine, rispetto a quello che vedono ancora come solo “probabile” come quello del danno al raccolto dovuto a grandine, nonostante poi possa essere superiore. Anche per questo abbiamo inserito dei requisiti per la sottoscrizione delle assicurazioni per incentivare comportamenti virtuosi e di prevenzione al rischio. Ma siamo ancora lontani da una cultura diffusa su questi temi presso il sistema produttivo.
C’è dunque ancora un elemento di resistenza, secondo lei come si può superare?
Con l’informazione e la formazione. Il problema principale è che spesso non è facile raggiungere gli interlocutori. Quindi, in particolare Unipol cerca di fare molta formazione con le associazioni di categoria per poter prediligere i canali che ciascun attore è abituato ad ascoltare. Stiamo poi ragionando sull’introduzione di misure incentivanti, per quanto riguarda le assicurazioni, perché vogliamo riuscire a adottare criteri che aiutino sempre il cliente a valorizzare il proprio prodotto. Per esempio, in ambito agricoltura abbiamo introdotto una premialità aggiuntiva e una riduzione del costo del prodotto assicurativo per i prodotti biologici.
Passando al settore immobiliare, uno dei comparti più impattanti sulle emissioni, avete adottato una strategia anche a questo riguardo?
La nostra attività immobiliare è totalmente orientata al green building e abbiamo sviluppato processi di riqualificazione di numerosi edifici in quest’ottica. Ne sono esempio i tre edifici milanesi del gruppo Unipol (Torre Galfa, De Castillia 23 e Romana 19) hanno ottenuto, a seguito di lavori di ristrutturazione, la certificazione di sostenibilità BREEAM IN USE con livello Excellent. Nelle attività di manutenzione di edifici esistenti, l’obiettivo è di migliorare costantemente l’efficienza energetica attraverso gli aspetti di manutenzione e di rinnovo degli impianti, e consolidando il sistema di gestione dell’energia certificato secondo lo standard ISO50001.
In particolare, tale approccio e il monitoraggio delle performance ambientali del gruppo Unipol ha fatto registrare nel 2022 una riduzione complessiva delle emissioni di CO2 (calcolate secondo la metodologia market-based) dell’1,6%, pari a 16.280 tonnellate CO2 equivalenti.