Solo una parte della clientela dei prodotti finanziari si rende conto che i cambiamenti climatici richiedono un orientamento coerente degli investimenti. L’acronimo ESG (Environment, Social, Governance) è oramai molto noto e non ha bisogno di essere chiarito per i più, quello di cui c’è forse meno consapevolezza è che tutto ciò che in qualche modo rientra nel mondo ESG ha un collegamento con i rischi che dovremo affrontare nel futuro. Per accrescere questa consapevolezza e per ridurre questi rischi occorre un livello di informazione più adeguato. E per quanto riguarda i consulenti, vale a dire i professionisti che guidano l’allocazione del risparmio degli italiani, questo vuol dire una formazione mirata ed una certificazione che renda evidenti queste competenze in materia di sostenibilità da mettere a servizio dei propri clienti-investitori. E tutto questo è al centro delle attività di European Financial Planning Association (EFPA), associazione senza fine di lucro (AISBL) con sede a Bruxelles, che costituisce il più autorevole organismo professionale a livello europeo per quanto riguarda la definizione di standard e la certificazione professionale di financial advisors e financial planners, con più di 60.000 professionisti certificati nel continente.
Emanuele Carluccio, membro del cda di Efpa Italia e presidente di Efpa Europe illustra a ESGnews le certificazioni esistenti in materia di sostenibilità e quelle in rampa di lancio e come il percorso di formazione che porta a tali certificazioni ponga i consulenti nelle condizioni di approfondire e quindi argomentare meglio tutte le tematiche collegate al mondo della sostenibilità e dei rischi a questa connessi: non solo rischi climatici ma anche creditizi e operativi.
Dopo il successo della certificazione ESG Advisor lanciata nel 2020, che ad oggi conta oltre 5mila consulenti certificati, state per introdurre la certificazione ESG Expert Advisor. Quali competenze aggiuntive fornisce e da dove nasce l’esigenza di arricchire il livello di conoscenze dei consulenti sulla finanza sostenibile?
La certificazione ESG Advisor si proponeva di fornire una panoramica a 360 gradi delle tematiche connesse alla finanza sostenibile e, quindi, alle tematiche ESG. La certificazione di ESG Expert seleziona dei focus specifici in relazione ai quali si vuole che il consulente finanziario abbia una capacità di conversare e argomentare andando più in profondità e padroneggiando meglio i contenuti/profili più tecnici. A titolo esemplificativo, il concetto di cambiamento climatico e dei connessi rischi fisici e di transizione era già previsto come ambito di conoscenza all’ESG Advisor, ma all’ESG Expert si richiede di conoscere l’articolazione delle emissioni di gas effetto serra che sono associate ai portafogli (emittenti) e le problematiche di misurazione e di gestione che esse pongono; parimenti non è più sufficiente che il consulente sappia che cosa si intende per economia circolare, ma deve saper esporre i differenti business models a cui essa conduce e, in primis, le ambizioni dell’Action Plan sul tema voluto dall’Unione Europea, deve saper giustificare e argomentare l’integrazione della biodiversità nel framework ESG e spiegare come i rischi per la biodiversità si intreccino con la composizione/la gestione dei portafogli.
Il nuovo percorso che tipo di spazio dedica alle tematiche sociali e di governance, che sono una componente fondamentale della sostenibilità oltre a quelle ambientali?
Il differimento o la pausa, da parte della Commissione Europea, della Social Taxonomy ha suggerito di non porre “sullo scaffale” dell’ESG Expert questo tipo di focus. Tuttavia, l’aspetto Social è in parte recuperato per l’attenzione posta alle cosiddette “minimum safeguards” (garanzie minime) nell’ambito del regolamento tassonomia, perché si vuole che il consulente finanziario abbia consapevolezza che un emittente selezionabile perché impegnato in attività economiche sostenibili dal punto di vista ambientale, non può permettersi violazioni importanti sul piano della S.
La gestione dei rischi per il sistema bancario è un tema fondamentale. La certificazione ESG Expert Advisor fornisce gli strumenti necessari al consulente per approfondire la correlazione tra rischi climatici e rischi di credito o operativi?
Sì, è proprio un obiettivo che ci si è dati in Efpa Europe. Si tratta di un ambito di attenzione non presente nella certificazione di ESG Advisor, ma che non può essere ignorato da un aspirante alla certificazione di ESG Expert. Quest’ultimo non può ignorare e, anzi, deve essere nelle condizioni di relazionare la clientela sul fatto che i rischi connessi al cambiamento climatico, attraverso canali di trasmissione macroeconomici e/o microeconomici, sono nelle condizioni di impattare i più tradizionali rischi bancari; mi riferisco, in particolare, ai rischi di credito, ai rischi bancari, ai rischi operativi talvolta in modo diretto o indiretto. Basti pensare, sempre a titolo esemplificativo, ai rischi fisici connessi al cambiamento climatico caratterizzati dalle manifestazioni più acute (inondazioni, tempeste violente/uragani) … possono impattare sulla probabilità di default di un soggetto finanziato (ed ecco il collegamento con il rischio di credito a seguito della distruzione ad esempio di beni, asset utilizzati come collaterale), ma potrebbero creare interruzioni nell’operatività di filiali, business unit dell’intermediario bancario (ed ecco il collegamento con il rischio operativo).
La normativa sulla sostenibilità è in continua e rapida evoluzione. Il corso fornisce un adeguato aggiornamento sugli sviluppi e quali riferimenti normativi include?
In effetti, è fuor di dubbio che il processo di costruzione del framework normativo per le materie ESG sia tuttora in corso e che non possa ritenersi definitivamente concluso. La certificazione di ESG Expert vuole tenere il passo con gli sviluppi di tale framework, in particolare avvicinando il consulente finanziario alla conoscenza approfondita di vincoli, regole di condotta connesse agli aspetti ESG che si applicano ai produttori e ai distributori di prodotti finanziari. È chiaro che questo richiede di occuparsi degli interventi, anche di secondo livello, ispirati dal Regolamento Tassonomia, dal Regolamento SFDR e dalla regolamentazione di product governance/product oversight.
Si sta sempre più affermando un modello di consulenza patrimoniale che mappa il patrimonio del cliente nella sua totalità. Quanto conta, a vostro avviso, per un consulente padroneggiare i temi ESG per stare al passo con l’evoluzione della relazione con il cliente?
Per effetto dell’interesse (magari differenziato tra generazioni) ai temi ESG, per l’ineluttabilità degli impatti, anche finanziari, dei rischi ESG, per la crucialità attribuita alle questioni ESG nell’ambito di iniziative politiche/istituzionali, sarebbe anacronistico e controproducente per se stesso e per il cliente, se il consulente finanziario fosse estraneo, indifferente ad una formazione in tema di finanza sostenibile e/o di investimenti ESG. E poi, non dimentichiamo che gli aspetti ESG penetrano la fase di profilazione della clientela, visto che perentoriamente il questionario Mifid deve raccogliere dal cliente informazioni relative anche alle sue preferenze di sostenibilità.
E quali sono i riscontri che avete dagli investitori con cui si confrontano i consulenti sulle tematiche ESG?
Nonostante in questi ultimi due anni l’attenzione degli investitori sia un po’ calata rispetto agli anni passati, per effetto delle difficoltà che hanno interessato i mercati finanziari, la sensibilità verso le tematiche ESG rimane, soprattutto tra le generazioni più giovani.
Il cliente-investitore dovrà presto rendersi conto che anche questo tipo di tematiche richiede un certo orientamento dei propri investimenti. Tutto ciò che rappresentata il mondo ESG è infatti collegato anche ai rischi che domani continueremo ad affrontare.