Parla il consulente Matteo Csermely

Un buon consulente deve saper rispondere alle crescenti richieste dei clienti sui temi ESG

Il consulente finanziario, per essere competitivo e svolgere efficacemente il suo lavoro deve ormai essere sempre più competente, avere una buona capacità comunicativa e saper coniugare il rapporto personale che tipicamente lo lega ai clienti, con la digitalizzazione. Tutto questo è ancora più importante nel nostro Paese dove, secondo gli ultimi dati, c’è uno tra i più bassi tassi di alfabetizzazione finanziaria in Europa. 

Inoltre, il professionista della consulenza finanziaria, oltre a possedere tutte queste qualità, deve sempre osservare l’andamento dei mercati, la sensibilità dei clienti, l’evoluzione normativa (che diventa sempre più stringente), acquisire competenze specifiche in tema di disponibilità, e sfruttare gli strumenti che ha a disposizione, come le certificazioni di EFPA Italia – tra cui l’EFPA ESG Advisor

In occasione dell’EFPA Italia Meeting 2022 tenutosi a Firenze, di cui ESGnews è stata media partner, abbiamo intervistato il consulente patrimoniale e Financial planner Matteo Csermely, per discutere del suo percorso di approfondimento sui temi ESG e di alcune considerazioni sul mondo della consulenza finanziaria. 

Per quali ragioni ha deciso di ottenere la certificazione EFPA ESG Advisor?

Le ragioni che mi hanno spinto a conseguire la certificazione EFPA ESG Advisor hanno radici lontane. Ho iniziato ad interessarmi agli investimenti ESG quando ancora non avevano una definizione puntuale, ma si parlava semplicemente di fare una scrematura degli investimenti per individuare quelli più etici, ovvero quella che oggi chiameremmo strategia SRI (Social Responsible Investments). Di fatto, l’ESG per me è proprio questo: l’unione tra etica e sostenibilità negli investimenti.

Qualche anno fa, quando è nata l’iniziativa ESG Investment Forum di Milano, che ho frequentato spesso, ho avuto modo di approfondire queste tematiche, per cui, dopo aver conseguito nel 2014 la certificazione EFA (European Financial Advisor) e nel 2015 l’EFP (European Financial Planner), appena è uscita la certificazione ESG di EFPA ad inizio 2021, ho deciso di conseguirla subito, iscrivendomi alla seconda sessione d’esame (febbraio 2021). Per sostenere la prova, mi sono preparato grazie al corso “Finanza Sostenibile e Investimenti ESG”, ideato da Anasf in collaborazione con Sda Bocconi School of Management.

I suoi clienti si mostrano sensibili ai temi ESG o hanno bisogno di essere sollecitati?

Avendo iniziato già da molti anni ad affrontare i temi legati alla sostenibilità, i miei clienti si mostrano – chi più e chi meno – ormai sensibili all’argomento. Nel nostro mestiere è fondamentale guidare i clienti e, spesso, si finisce per assomigliarsi: più volte cliente e consulente si influenzano a vicenda, trasmettendosi i valori in cui credono. 

Ciò detto, solitamente la clientela più giovane è maggiormente avvezza a questo genere di tematiche: tuttavia ricordo che una delle primissime occasioni in cui ho avuto modo di familiarizzare con gli investimenti ESG è stata grazie ad un cliente che oggi ha circa 70 anni. Proprio ponendomi in ascolto di questa sua necessità, ho conosciuto questo mondo che poi ho avuto il piacere di approfondire, arrivando a diventare a mia volta promotore, ambasciatore e megafono degli investimenti sostenibili.

In base alla sua esperienza, quali sono i temi ESG che riscuotono maggiore interesse?

Quando si parla di ESG, l’aspetto ambientale è sicuramente quello su cui più clienti hanno delle nozioni di base. Anche rispetto all’ambito sociale, la conoscenza e la consapevolezza delle persone sono in crescita, mentre relativamente alla governance le idee sono un po’ più confuse – sebbene un concetto che aiuta il cliente a entrare nella logica della governance sia, ad esempio, quello della politica di esclusione. In ogni caso, bisogna sempre indirizzare i clienti, ponendo l’attenzione a determinati temi per permettere loro di interiorizzarli. 

In questo momento di crisi, crede che gli investitori rinuncino ai propri valori ESG per non perdere la performance?

Non penso che sia nemmeno un problema da porsi. Infatti, non esiste nessuna evidenza scientifica o statistica che un investimento ESG porti performance inferiori rispetto ad un investimento non ESG. Anzi, spesso è vale il contrario: generalmente, laddove c’è più attenzione agli aspetti ambientali, sociali e di governance, si evitano problemi che possono poi comportare una performance negativa. Il clamoroso scandalo che ha coinvolto una primaria casa automobilistica (noto come “Dieselgate”) del 2015 è stato uno degli esempi più eclatanti in tal senso. Al contrario, le aziende che riservano un’attenzione maggiore al rispetto per l’ambiente, alla sostenibilità sociale, all’etica, si proteggono quasi automaticamente da determinati tipi di scandalo. 

Un dato positivo è che fortunatamente ci sono sempre meno casi di questo tipo, perché l’attenzione è ormai molto alta sia tra le aziende, sia tra gli investitori, così come tra nell’opinione pubblica. 

Da quando è entrata in vigore la MiFID II com’è cambiato il suo modo di comunicare al cliente su questi temi?

In realtà non ho notato un grande cambiamento. Con la MiFID II è aumentata la burocrazia a tutela dei risparmiatori, ma su tanti punti noi consulenti avevamo già posto una certa attenzione. Così, non appena è entrata in vigore la normativa, ho semplicemente affinato alcuni aspetti richiesti da MiFID II. Naturalmente, la direttiva europea si coniuga bene con l’investimento ESG, perché consente di testare la conoscenza del cliente anche su questi temi tramite uno strumento obbligatorio come il questionario che determina il profilo dell’investitore