Gubelli - Altis | ESGnews

Intervista a Stella Gubelli

Altis Advisory: DNA accademico e consulenza sulla sostenibilità alle aziende sono il nostro valore aggiunto

La sostenibilità è ormai una priorità tanto per l’industria quanto per il mondo finanziario. Aziende, investitori e banche, infatti, sono sempre più focalizzati sui fattori ESG e stanno sviluppando strumenti via via più innovativi per individuare, analizzare e misurare i parametri di sostenibilità. Complici dell’incremento della sensibilità verso le tematiche ESG anche gli enti normativi che, in particolar modo nel contesto europeo, stanno emanando leggi e quadri di riferimento per la transizione sostenibile. Ne è un chiaro esempio la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), direttiva volta a fornire maggiore trasparenza su informazioni e dati relativi alla strategia e alla performance ESG delle aziende, che coinvolgerà in modo diretto in Italia circa 10.000 imprese. Il mondo imprenditoriale italiano è però sempre più ricettivo e pronto a investire per apportare i cambiamenti necessari per la transizione dei modelli di business. È questo il quadro che trae Altis Adivsory, società di consulenza nata come spin-off dell’Università Cattolica, dalla sua attività di supporto alle aziende in questo percorso, tramite un affermato team di consulenti e forte del consolidato legame con il mondo accademico, che le permette di ricevere stimoli dall’attività di ricerca e assorbire metodologie solide. 

Il punto di partenza del lavoro di Altis è “un’autodiagnosi interna” per valutare quanto un’organizzazione sia allineata a un adeguato approccio ESG. Per questa autovalutazione Altis Advisory ha sviluppato uno strumento proprietario, l’assessment A4ESG, che, tramite una raccolta di dati diretta attraverso un questionario, esamina le performance ESG dell’impresa nei principali ambiti di sostenibilità restituendo un quadro sintetico e dettagliato per le specifiche aree indagate. Tale analisi permette in seguito di identificare un percorso ad hoc per ciascuna azienda, elemento essenziale nel contesto imprenditoriale italiano caratterizzato per lo più da PMI.  

In questa intervista a ESGnews, Stella Gubelli, amministratore delegato di Altis Advisory fa il punto sulla preparazione in termini di sostenibilità del tessuto aziendale italiano e sulla attività di supporto alle imprese nel loro percorso verso l’adozione di un solido approccio ESG.  

In tema di sostenibilità, qual è il contesto in cui si muovono le aziende italiane?

Le aziende italiane, ed europee, in questo particolare momento sono al centro di un insieme eterogeneo di sollecitazioni provenienti da interlocutori diversi. Sul fronte normativo, l’Unione Europea ha via via composto un quadro fortemente orientato alla transizione sostenibile: una delle ultime novità è la Corporate Sustainability Directive (CSRD) che amplia in maniera significativa il perimetro delle aziende soggette a un obbligo di disclosure sui temi ESG, andando a coinvolgere le grandi aziende e le quotate, eccetto le micro-imprese quotate). La Direttiva comporterà la necessità di esporre informazioni e dati circa l’approccio manageriale e le performance ESG negli ambiti di sostenibilità più rilevanti per l’impresa, oltre che dichiarare gli obiettivi specifici. 

Investitori e banche sono sempre più attenti ai fattori ESG: il mondo finanziario va infatti maturando una sempre più accentuata sensibilità in merito alle dimensioni ESG degli investimenti. Se in passato tali aspetti erano valutati esclusivamente da una nicchia di gestori della cosiddetta “finanza etica”, oggi un numero crescente di investitori prende in considerazione, in varia misura, i fattori ESG nelle proprie strategie di investimento. Nelle operazioni di finanzia straordinaria, inoltre, sempre più spesso le tradizionali operazioni di due diligence finanziaria sono integrate con due diligence ESG finalizzate ad analizzare l’approccio dell’azienda ai temi di sostenibilità, rilasciando una valutazione espressa in termini di rischio e opportunità.

Dal canto loro anche le banche sono tenute, in base alle Linee Guida EBA del 2021, a valutare i fattori ESG nell’esercizio dell’attività creditizia, guardando in particolare ai fattori ambientali e all’impatto sul cambiamento climatico dei soggetti finanziati, e all’adeguatezza delle loro strategie di mitigazione. La valutazione positiva di tali fattori potrà incidere nella riduzione del costo di finanziamento. Tali “pressioni” impongono alle imprese la capacità di dimostrare il loro percorso di sostenibilità e gli effetti generati.

Ma le aziende, soprattutto quelle di minori dimensioni, hanno interiorizzato l’importanza di questo passaggio o serve ancora un salto culturale?

Nel nostro lavoro quotidiano, che ci porta a lavorare a stretto contatto con tante aziende, sperimentiamo una crescente consapevolezza dell’imprenditore circa la necessità di “fare qualcosa” nell’ambito della sostenibilità, e rintracciamo una generalizzata presenza di iniziative “sostenibili”. Pensiamo alle iniziative di efficientamento energetico, o di eco-design di prodotti in ottica circolare, piuttosto che la presenza di iniziative per rispondere alle specifiche esigenze dei dipendenti o, ancora, il ruolo dell’impresa nella comunità locale. 

In questo particolare momento, in cui non è più sufficiente per l’azienda “essere sostenibili” ma è necessario “dimostrare di esserlo” il salto culturale in cui accompagnare gli imprenditori è il passaggio dal “day-by-day” all’orientamento strategico, in tema di sostenibilità. Perché solo integrando le dimensioni sociali e ambientali nelle strategie e nella gestione aziendale è possibile creare le basi per percorsi che creino valore, per l’impresa in primis. 

Per fare un esempio concreto: se gli investimenti per l’efficientamento energetico non sono connessi alla (o preceduti dalla) definizione di obiettivi puntuali di medio e breve periodo (strategia) e non sono gestiti con approccio manageriale (definizione di una policy, monitoraggio, reporting), all’impresa mancherà la possibilità di dimostrare l’intenzionalità del proprio approccio (verso l’esterno) e probabilmente non si avvantaggerà in pieno degli investimenti effettuati, riducendone i vantaggi interni. 

Al contrario, identificare una strategia che riguardi gli ambiti di maggior impatto, definire gli opportuni sistemi di gestione, monitorare gli effetti delle iniziative e valorizzare i risultati ottenuti consentirà all’impresa di rendere dimostrabile il proprio approccio (verso l’esterno) e raggiungere in modo più organico gli obiettivi fissati.

Siete nati come uno spin-off dell’Università Cattolica. Quali benefici comporta una diretta connessione con il mondo universitario?

Il nostro DNA accademico è per noi elemento distintivo e di valore. Lo stretto nesso con il mondo universitario ci consente di ricevere costantemente gli stimoli provenienti dagli esiti della ricerca accademica e assorbire l’orientamento a un approccio metodologico solido. La possibilità di partecipare ai network universitari, anche internazionali, è fonte di confronto e scambio di riflessioni ed esperienze. D’altro canto, il nostro impegno nell’attività didattica ci consente di trasferire l’esperienza sul campo e favorire la diffusione di buone prassi aziendali. La costante interazione con le nuove generazioni, sempre più sensibili alle tematiche di sostenibilità, è per noi fonte di stimoli e sollecitazioni.

Quali attività svolgete per le aziende e controparti?

Le nostre attività si sviluppano in tre ambiti. Partendo dalla pianificazione strategica e rendicontazione di sostenibilità, accompagniamo le aziende nell’avvio e gestione di percorsi strutturati di sostenibilità, che prendono le mosse da una ricognizione dell’esistente, utile per definizione obiettivi strategici e collegato action plan. Supportiamo inoltre l’azienda nel monitorare e rendicontare le performance ESG (Bilancio di sostenibilità). In secondo luogo, tramite l’attività di Social Impact, offriamo il nostro supporto nella misurazione dell’impatto sociale delle organizzazioni o di specifici progetti, attraverso l’adozione di metodologie di analisi e di coinvolgimento consolidate. Offriamo inoltre supporto nella valutazione di terza parte per la valutazione di impatto dei progetti finanziati da enti erogativi. Infine, nell’ambito dell’attività denominata “finanza sostenibile”, supportiamo gli intermediari finanziari nell’integrazione dei criteri ESG nel processo di investimento, attraverso la definizione di procedure e politiche di investimento responsabile, effettuazione di due diligence ESG sulle aziende target, individuazione di obiettivi e target ESG per le portfolio company in fase di investimento, attività di monitoraggio e reporting.

In cosa consiste il vostro assessment A4ESG?

L’assessment A4ESG®️ esamina l’approccio e le performance ESG dell’azienda nei principali ambiti di sostenibilità restituendo una valutazione sintetica e di dettaglio per le specifiche aree indagate. 

Tale strumento, per le sue caratteristiche, è particolarmente adatto alle imprese di medie e piccole dimensioni non quotate in quanto è basato sulla raccolta diretta di dati tramite questionario e consente di valorizzare l’approccio aziendale anche in caso di minore propensione a formalizzazione di politiche e procedure e assenza del report di sostenibilità.

Per ricevere una valutazione attraverso A4ESG®️, l’azienda compila un questionario strutturato sugli ambiti di analisi. L’elaborazione dei risultati consente di esplicitare un punteggio sintetico, un punteggio per pillar (Environmental – Social – Governance) e una valutazione per ogni ambito analizzato. A partire dai risultati dell’analisi l’organizzazione sarà in grado di impostare un percorso più strutturato verso la definizione di un piano di miglioramento. Si tratta in sintesi, di un processo di valutazione che mira a rendere consapevole l’azienda delle proprie performance ambientali e sociali e della qualità dei sistemi di governo, consentendo di individuare le aree di eccellenza e di miglioramento.

Quali sono le principali aree di miglioramento nel panorama delle imprese italiane, che emergono dall’analisi?

Sulla base dell’esperienza maturata, notiamo che due sono le aree su cui le aziende posso lavorare per migliorare. La prima riguarda l’approccio stesso alla sostenibilità: le PMI italiane sono spesso virtuose in alcuni ambiti della sostenibilità, avendo avviato numerose iniziative. Tuttavia, manca un orientamento strategico, che porti a definire degli obiettivi e dei KPI per misurare i progressi raggiunti. A ciò si lega una difficoltà nel monitorare le proprie performance di sostenibilità, a causa della mancanza di adeguati sistemi di reporting interni, che integrino la dimensione economico-finanziaria con quelle della sostenibilità ambientale e sociale. Inoltre, rileviamo spesso l’assenza di politiche formalizzate, che definiscano chiaramente il perimetro d’azione dell’azienda e degli stakeholder e che aiutino l’assunzione di responsabilità precise da parte del management.

La seconda area di miglioramento interessa gli ambiti di azione: complice anche il Green Deal europeo, le aziende hanno lavorato e stanno tuttora lavorando sulla dimensione degli impatti ambientali. Tuttavia, la recente crisi geopolitica, nonché fenomeni quali povertà e fragilità sociale, acuitisi a seguito della pandemia, stanno portando all’attenzione la necessità di impegnarsi anche nella dimensione sociale, con una particolare attenzione ai propri dipendenti, i primi stakeholder dell’azienda, e alle comunità locali. Si tratta di ambiti dove le aziende hanno avviato alcune azioni, ma in maniera poco sistematica e organica.

Quali sono i vantaggi per le aziende di minori dimensioni, che spesso hanno vincoli di budget e persone, nell’intraprendere un percorso di incorporazione delle variabili ESG?

Spesso il termine sostenibilità è associato al termine “costo”. Credo invece che si debba più opportunamente parlare di investimento: avviare oggi un percorso consapevole e strutturato finalizzato a integrare le dimensioni ESG nel proprio modello di business consente/consentirà di preservare il fatturato (sia per le aziende inserite nelle filiere produttive che per le aziende più esposte ai consumatori finali), attrare talenti, trattenere le persone chiave in aziende, migliorare la propria reputazione. Oggi adeguarsi alle pressioni esterne in ambito sostenibilità richiede certamente di dedicare risorse, sia umane che economiche, e comprendo le preoccupazioni delle aziende ma anche questo rientra nel “salto culturale” necessario: ciò che non si investe oggi nell’avvio di un percorso di transizione sostenibile si configura come “costo-opportunità” per l’azienda; un’opportunità non colta che può generare ripercussioni sul business e sulla reputazione.

Quali saranno i principali impatti della nuova normativa sulla trasparenza ESG (CSRD)? Come possono prepararsi le aziende?

L’obbligo di trasparenza sui temi di sostenibilità imposto dalla CSRD coinvolgerà in modo diretto una platea di circa 10.000 aziende in Italia e in modo indiretto almeno 100.000. 

Le aziende soggette ad obbligo dovranno implementare un processo di monitoraggio dei dati sociali e ambientali e fare disclosure degli impatti generati: tale processo dovrà essere metodologicamente solido in quanto il documento sarà obbligatoriamente soggetto ad assurance esterna. Inoltre, l’esposizione sugli impatti generati solleciterà le aziende all’avvio di percorsi di miglioramento e la definizione di obiettivi di medio periodo. L’obbligo di trasparenza diventerà quindi leva per innescare un meccanismo virtuoso di transizione verso modelli di business sostenibili.

Tale spinta alla trasparenza avrà impatti anche sulle aziende non direttamente coinvolte dalla CSRD in quanto si va sempre più affermando il principio di “responsabilità estesa” alla supply chain, che chiama le aziende a valle delle catene a coinvolgere i propri fornitori in percorsi di sostenibilità. A livello di sistema si verificherà una maggiore disponibilità di dati e informazioni in ambito ESG e una maggiore confrontabilità delle stesse. Questo porterà il dilagarsi di una maggiore consapevolezza dei consumatori e cittadini e solleciterà il diffondersi di scelte di consumo e acquisto sostenibili.

Che la sostenibilità sia diventata una priorità, ormai è chiaro. Spesso però l’imprenditore non è in grado di valutare quali siano i passi corretti da compiere per adeguarsi. Certamente il primo passo è sviluppare un’autodiagnosi interna (l’assessmnent A4ESG può essere utile a tale scopo) al fine di valutare quanto l’azienda è allineata – o meno – all’approccio richiesto in ambito ESG e, da questo, sviluppare una riflessione che porti a identificare un proprio percorso distintivo, coerente con le peculiarità aziendali e gli obiettivi di posizionamento strategico.