Valutazione dei fattori ESG e del credito delle aziende vanno ormai di pari passo. E lo sa bene Morningstar DBRS, agenzia di rating del credito canadese che si occupa della valutazione di oltre 3.000 gruppi di emittenti e di 60.000 titoli su scala globale. La società, assieme ai suoi maggiori concorrenti Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch Ratings, è una delle quattro agenzie di rating del credito le cui valutazioni sono considerate idonee dalla Banca Centrale Europea (BCE).
Sebbene nasca come organizzazione che analizza il profilo di credito degli emittenti, Morningstar DBRS integra ormai anche la valutazione dei fattori ESG nella sua analisi del rating creditizio. In particolare, la società considera fino a 17 fattori di rischio ESG. “Questi fattori sono raggruppati in tre categorie (ambientali, sociali e di governance) che rappresentano gli aspetti chiave che DBRS Morningstar analizza solitamente all’interno della sua struttura di valutazione ESG”, spiega in questa intervista a ESGnews Ross Abercromby, Managing Director Global Fundamental Ratings di Morningstar DBRS.
In questo approfondimento esclusivo, Abercromby parla del metodo proprietario di valutazione ESG di Morningstar DBRS, con particolare attenzione al processo di reperimento dei dati. Nell’intervista l’esperto svela anche che, al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, l’impatto del fattore di rischio relativo al cambiamento climatico sulla valutazione del merito di credito degli emittenti del settore Oil&Gas ad oggi viene considerato come “modesto”, mentre sale nel medio-lungo periodo.
Le società di rating sono spesso accusate di scarsa trasparenza sui criteri di giudizio. Quali sono gli elementi che voi tenete in considerazione?
Noi abbiamo sviluppato una struttura di valutazione ESG che comprende fino a 17 fattori di rischio ESG che attualmente consideriamo nella nostra analisi del rating creditizio. Questi fattori sono raggruppati in tre categorie – fattori ambientali, sociali e di governance – che rappresentano gli aspetti chiave che Morningstar DBRS analizza solitamente all’interno della sua struttura di valutazione ESG. Tutti questi fattori di rischio ESG sono generalmente coerenti con quelli utilizzati dalla maggior parte degli stakeholder ESG globali nella valutazione dei fattori ESG in ambito di investimenti sostenibili e di stima dei rischi finanziari. Morningstar DBRS considera i fattori di rischio ESG nel contesto del profilo di credito di un emittente dove potrebbero avere un impatto materiale sugli aspetti finanziari dell’emittente, come i ricavi, le spese, i flussi di cassa, il valore patrimoniale, la flessibilità nelle operazioni rifinanziamento e così via. Non assegniamo direttamente rating ESG e quindi non valutiamo i fattori ESG dal punto di vista di quanto le operazioni o le politiche dell’emittente siano sostenibili, etiche o responsabili.
In che modo reperite i dati di una società?
La valutazione dei fattori ESG da parte di Morningstar DBRS si basa sull’analisi di dati affidabili raccolti da fonti ufficiali, durante incontri con il management delle società e/o su documenti di revisione corroborati da un’autorità competente e su mezzi di informazione affidabili. Inoltre per tutti i rating di credito monitorati, Morningstar DBRS intrattiene solitamente conversazioni regolari con gli emittenti, anche sulle performance relative ai fattori ESG.
Qual è il livello di affidabilità e di difficoltà nel processo di recupero dei dati?
Per quanto riguarda la valutazione degli aspetti ESG, poter disporre di dati più precisi e accurati è sicuramente molto utile, ma anche un’analisi di alto livello di solito fornisce dei segnali di allarme. Come rileviamo nella nostra recente ricerca sulla finanza strutturata in Europa, il 2023 si è caratterizzato per un impegno verso la compliance, una rapida integrazione delle informative obbligatorie, un attento controllo a livello normativo sul fenomeno del greenwashing e un significativo ribilanciamento delle valutazioni ESG verso il rischio climatico. Nel 2024 prevediamo che queste tematiche vengano ulteriormente approfondite ed elaborate.
Quali sono i punti di forza della vostra metodologia per comprendere il livello di sostenibilità di un’impresa rispetto ai competitor?
Come già sottolineato noi non assegniamo direttamente rating ESG e quindi non valutiamo i fattori ESG dal punto di vista di quanto le operazioni o le politiche dell’emittente siano sostenibili, etiche o responsabili. Morningstar DBRS considera i fattori di rischio ESG nel contesto del profilo di credito di un emittente dove potrebbero avere un impatto materiale sugli aspetti finanziari dell’emittente, come i ricavi, le spese, i flussi di cassa, il valore patrimoniale, la flessibilità nelle operazioni rifinanziamento e altri elementi. Ci potrebbero essere degli impatti a seguito di un cambiamento nel comportamento dei clienti che incide sui ricavi, di una produzione che diventa più costosa man mano che cambiano le caratteristiche del prodotto o di maggiori spese di sviluppo e di investimento collegate a un modello di business in evoluzione.
Dal vostro punto di osservazione come si posizionano le aziende italiane?
Nell’osservare l’universo degli emittenti per cui emettiamo rating in Italia riteniamo importante fare un paio di considerazioni. Alcune delle più grandi aziende del Paese operano nel settore energetico e automobilistico. Questi due settori sono fortemente esposti al rischio del cambiamento climatico, uno dei fattori ambientali da noi preso in considerazione, e per questo motivo le aziende di questi due settori devono aderire a normative UE sempre più stringenti e costose, come il divieto relativo alla vendita di nuove auto a benzina e diesel dal 2035.
L’economia italiana è caratterizzata anche dalla forte presenza di PMI, che da sole non possiedono la potenza finanziaria necessaria per investire massicciamente in tecnologie più verdi. Tuttavia, l’UE si è impegnata verso una transizione verde agevole con l’applicazione di sussidi e incentivi che supportano queste aziende e settori per mettersi al passo con le nuove normative, come recentemente dimostrato dai fondi Next Generation EU da 800 miliardi di euro.
In generale, date giudizi positivi anche ad aziende che non sono allineate in prospettiva con l’Accordo di Parigi?
Il nostro ruolo come agenzia di rating è esclusivamente quello di assegnare rating di credito e pertanto la nostra attenzione è rivolta al credito, non alla sostenibilità. Noi valutiamo la solidità del credito. Il settore del petrolio e del gas è un buon esempio di come i nostri rating creditizi rimangono solidi nonostante non siano necessariamente allineati con quelli net zero entro il 2050. Se si considera il breve e medio termine, l’impatto del fattore di rischio relativo al cambiamento climatico sugli emittenti Oil&Gas con nostro rating è nella migliore delle ipotesi modesto, data la domanda consolidata e, nel breve termine, crescente di prodotti Oil&Gas e i bilanci degli emittenti relativamente più forti. Tuttavia, segnaliamo anche in questo settore i rischi di transizione e pertanto nel corso del tempo potrebbero esserci per il settore potenziali implicazioni negative sul credito.