pale eoliche, energie rinnovabili

Green New Deal

Come l’Italia potrà favorire la transizione energetica verso fonti rinnovabili in Europa e la decarbonizzazione

Uno studio realizzato dal centro di ricerche SRI (collegato a Banca Intesa Sanpaolo) l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino analizza il ruolo che i paesi del mediterraneo, adesso tra i principali produttori di petrolio e gas naturale, potranno avere nel settore delle energie rinnovabili nelle quali stanno già investendo in modo consistente. Con l’Italia che grazie alla propria posizione geografica e alle storiche relazioni potrebbe svolgere il ruolo di trait-d’union.

L’Italia gioca un ruolo strategico nel settore energetico per la propria posizione al centro del Mediterraneo, dove svolge il ruolo di cerniera nel rapporto tra l’Europa e i Paesi africani e del Medio Oriente, produttori di petrolio. Un ruolo che è destinato ad evolversi in relazione alla transizione verso fonti di energia rinnovabili necessaria per rispettare gli obiettivi del Green New Deal europeo che prevede che l’Europa diventi il primo continente a impatto zero.

Il nuovo Med-Italian energy report, uno studio realizzato dal centro di ricerche SRI (collegato a Banca Intesa Sanpaolo) l’ESL@Energy Center del Politecnico di Torino, analizza quali potranno essere gli scenari alla luce degli obiettivi di decarbonizzazione e degli impatti del Covid-19 sul mercato dell’energia.

L’impatto del Covid-19 sui consumi elettrici si è già fatto sentire. La domanda globale ha subito nel primo trimestre una contrazione del 3,8%, ma per l’intero anno è prevista una frenata del 6%. Il calo non ha toccato tutte le fonti allo stesso modo, ma ha avuto un effetto “green”. A essere maggiormente impattata è stata la domanda di carbone (-8% nel primo trimestre), poi quella di petrolio (-5% nel primo trimestre e una stima di -9% per l’intero anno) e quella del gas (-2%).

Al contrario la domanda di energia da fonti energetiche rinnovabili ha registrato un incremento dell’1,5%, trainata dalla maggiore capacità installata e dalla priorità di dispacciamento. Questo dato può essere interpretato come un segnale di una tendenza che ci si aspetta proseguirà anche con la ripresa e che potrà favorire il percorso di decarbonizzazione necessario per frenare il cambiamento climatico.

D’altronde gli investimenti nelle fonti energetiche rinnovabili sono in continua crescita. A fine 2019, la capacità di generazione rinnovabile a livello mondiale era pari a 2537 GW, in aumento del 7,4% rispetto all’anno precedente. Come fonte prevale l’idroelettrico (47% del totale, 1190 GW di capacità installata, al netto dei pompaggi), mentre eolico e solare rappresentano la maggior parte della restante quota, con una capacità installata rispettivamente di 623 GW (25%) e 586 GW (23%). Il risultato è frutto di un notevole incremento degli investimenti nel settore negli ultimi 10 anni. Tra il 2010 ed il 2019 sono stati investiti 2,6 trilioni di dollari in nuova capacità rinnovabile di cui 1,3 trilioni destinati al solare e il restante trilione all’eolico.
E proprio eolico e solare costituiscono le risorse che potrebbero rappresentare la svolta dei paesi del Mediterraneo favorendo la decarbonizzazione. Se è vero infatti che il Medioriente custodisce la maggior parte delle riserve mondiali accertate di petrolio (48,3%) e di gas naturale (38,4%), è anche vero che quest’area si presta molto bene anche per lo sviluppo delle pale eoliche e dei pannelli solari. Basti pensare che la penisola arabica raggiunge un’irradiazione orizzontale globale (GHI) di 6.0÷6.7 kWh/m2, mentre per quanto riguarda l’eolico, in ampie zone di Arabia Saudita, Yemen ed Est Iraq si ha una velocità del vento fino a 7 m/s a 50 m di altezza.

Alcuni Paesi, come l’Arabia Saudita hanno già avviato consistenti piani di investimento in queste tecnologie come con il piano Vision 2030, che prevede 9.5 GW di capacità da fonti energetiche rinnovabili installata entro il 2023 e un mix di generazione elettrica basato sul 70% di gas e il 30% da fonti rinnovabili e altre fonti entro il 2030, mentre gli Emirati Arabi Uniti si sono posti l’obiettivo di arrivare al 44% della capacità installata da fonti rinnovabii entro il 2050.

Ma questo vale anche per i Paesi del Nord Africa che si affacciano sul Mediterraneo che hanno un notevole potenziale dal punto di vista dello sviluppo delle fonti di energia rinnovabili, ma che attualmente rappresentano una importante controparte per il flusso di combustibili fossili di cui detengono una notevole quota delle riserve mondiali comprovate (3,4% delle riserve provate globali di petrolio e 4% di quelle di gas nel 2018).
Una valutazione del potenziale da fonti energetiche basato su tre scenari evidenzia che la capacità installata di impianti fotovoltaici e eolici nel Nord Africa può raggiungere i 620 GW entro il 2040. Questa capacità, tuttavia, richiede un uso del suolo limitato: meno dello 0,2% della superficie dell’Algeria potrebbe consentire di installare fino a 180 GW.
Anche ipotizzando un tasso di elettrificazione pari al 50% nei paesi nordafricani, il report conclude che sia possibile coprire l’intero carico di tali paesi, con un surplus annuale di 423 TWh disponibile per l’esportazione verso l’Europa.

Tuttavia questa enorme potenza è destinata a rimanere sulla carta in quanto al momento mancano le connessioni per trasportare tale energia. Secondo lo studio, un’analisi di scenario del mercato elettrico europeo al 2040 mostra che – assumendo la completa autosufficienza di Nord Africa in termini di consumo elettrico – la massima esportazione di energia elettrica da FER verso l’Europa raggiunge circa 90 TWh/a, un valore significativamente inferiore al surplus disponibile, soprattutto a causa della limitata capacità complessiva delle linee di interconnessione ipotizzate (12,55 GW).

Tuttavia, seppur inferiore alle potenzialità, questo flusso, stima il report, basterebbe per un risparmio di 4,3 miliardi di euro in energia grazie all’effetto sulla riduzione dei prezzi e potrebbe tagliare di circa 24 milioni di tonnellate di emissioni di CO2.
Per consentire uno scenario di cooperazione tra Africa ed Europa, sono necessari investimenti in nuove infrastrutture di interconnessione. Attualmente, nell’area del Mediterraneo sono in funzione solo 10 interconnettori, con una capacità di circa 5 GW.
Nei prossimi decenni si prevede che saranno costruite nuove interconnessioni (3 sono in costruzione, 9 in fase di concessione, 1 pianificata e 7 in fase di discussione), con una capacità addizionale di 20,8 GW e un investimento stimato di circa 21 miliardi di euro.
Un’altra soluzione è rappresentata dalla tecnologia Power-to-Gas (PtG) che permette di generare gas naturale di sintesi (SNG) con un processo di elettrolisi che a partire dall’energia generata da fonti naturali consente di produrre idrogeno che viene poi combinato con la CO2 in un processo di metanazione.
Un processo che consente lo stoccaggio dell’energia sotto forma di gas e il trasporto con l’utilizzo di gasdotti in un quadro do integrazione con la rete elettrica. Il limite di questo processo è rappresentato dalla bassa efficienza della catena PtG, che consente di trasferire al punto di consumo solo il 44% dell’energia primaria. Se il gas trasportato è usato per alimentare centrali a gas, solo il 25% dell’energia primaria viene davvero utilizzato in forma di elettricità.