Studio Oliver Wyman

Banche, occorre integrare i rischi climatici, perdite su crediti 4 volte più alte nei settori più esposti

Il cambiamento climatico è una questione seria che potrà generare per le banche, sia italiane sia europee, perdite su crediti sino a 4 volte più alte (+300%) rispetto ai livelli attuali secondo le stime di Oliver Wyman.

I rischi climatici non possono più essere sottovalutati, bensì devono essere presi in considerazione nelle scelte di investimento delle istituzioni bancarie. È necessario un aggiornamento degli strumenti tradizionali in tal senso e per aiutare il sistema la BCE sta per dare inizio al primo stress test climatico della sua storia, che valuterà l’impatto del climate change su banche e imprese nell’arco dei prossimi trent’anni.

Valutare infatti i rischi fisici, e quindi – ad esempio – la probabilità che si verifichi un evento estremo nella località in cui opera un’impresa e i possibili impatti che tale evento potrebbe generare, che variano a seconda del grado di severità e frequenza dello stesso, permette di calcolare i costi associati di cui un investitore non può non tener conto.

O, ancora, un’altra informazione che le banche in sede di concessione di un credito non possono far a meno di considerare, e integrare dunque nelle loro valutazioni, è quanto un settore o un’impresa sia energivora, e quindi quante emissioni di CO2 produce per eseguire le sue funzioni. L’impegno globale per ridurre le emissioni di biossido di carbonio spinge verso politiche indirizzate in tal senso e continuerà a farlo sempre di più. L’ampliamento dei settori nel mercato ETS (Emission Trading Scheme) è un segnale forte dell’UE in questa direzione e in futuro ci si potrebbe attendere l’introduzione di aliquote fiscali alte sulla CO2. Questo già influenza, ma lo farà via via sempre di più, i costi di produzione e di conseguenza la redditività di un settore o di un’azienda.

Quale sarà la grandezza di questo fenomeno non lo si può sapere ora, ma studi come quello della società di consulenza Oliver Wyman producono stime attendibili di cui gli istituti bancari non possono non tener conto, soprattutto quando in riferimento ai settori cosiddetti brown, come l’Oil & Gas, il settore minerario o la siderurgia, i quali per rispettare gli impegni internazionali delle nazioni in cui risiedono dovranno abbattere le proprie emissioni di circa la metà rispetto a livello BAU (Business As Usual).

Secondo un recente studio AIFIRM, in collaborazione sempre con Oliver Wyman, condotto su 31 banche (15 significant e 16 less significant) solo una parte minoritaria di banche ha già messo in atto procedure di valutazione di impatto di diversi scenari emissivi nell’ambito della gestione dei portafogli di credito e di investimento.


Presenza di procedure di valutazione di impatto di diversi scenari emissivi nell’ambito della gestione dei portafogli di credito e di investimento.

Serviranno dunque dati di qualità, modelli adeguati per la misurazione e previsione del rischio e una maggiore sensibilità per un certo tipo di crediti, ma senza generalizzare o puntare il dito sui settori brown, bensì per poter riconoscere dove la solvibilità sarà maggiore e magari premiare chi si sta già adoperando per far fronte al cambiamento climatico e alle sue implicazioni.