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Assemblea azionisti

Amundi e Axa IM chiedono a Shell una decisa azione per il clima

Allineare l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra intermedio (quindi quello al 2030) agli Accordi di Parigi. È quanto chiede alla Shell un gruppo di 27 azionisti, che detengono il 2,5% della società, guidato dall’organizzazione di shareholder per il clima Follow This. La risoluzione è stata presentata in vista dell’assemblea annuale del 21 maggio e appoggiata anche da grandi investitori come Amundi e Axa Investment Managers che hanno caldamente invitato gli altri azionisti della big dell’oil a fare altrettanto.

Per gli investitori questo voto rappresenta un’occasione unica per fare sentire la propria voce in un anno in cui la Shell ha fatto passi indietro nella lotta climatica ritirando il target di riduzione della produzione del petrolio e annunciando un aumento degli investimenti sia nell’oro nero che nel gas. Proprio un mese fa la multinazionale si è presentata in tribunale per fare appello contro una sentenza della corte dell’Aia che le aveva ordinato di ridurre le emissioni, dichiarando che non diminuirà le sue emissioni totali Scope 3 prima del 2030 dal momento che sta investendo in LNG, il gas naturale liquefatto, che per l’azienda giocherà un ruolo fondamentale nella transizione energetica.

Shell ha raccomandato agli azionisti di votare contro la risoluzione presentata, sostenendo che i suoi attuali obiettivi e le sue ambizioni per la transizione climatica sono sufficienti. Ma, hanno fatto notare gli investitori, non ci sono prove documentali e dimostrazioni che la traiettoria sia in linea con gli obiettivi di Parigi e, tra l’altro, sostengono i promotori del fronte del no, se così fosse gli amministratori non avrebbero problemi a sostenere la richiesta.

Quella che si giocherà a fine mese è quindi una partita che potrebbe lanciare un segnale forte alle aziende dell’industria brown. Anche perché quella climatica è una sfida non solo ambientale, ma economica, come sembrano aver capito gli azionisti di Shell i quali, secondo quanto riportato dal Financial Time, avrebbero al momento respinto la richiesta della multinazionale e ribattuto che “il raggiungimento degli obiettivi di Parigi è essenziale per preservare la salute dell’economia globale“.

Stando alle parole di Glass Lewis, l’influente proxy adviser, non ci sono prove per poter affermare che Shell sia in ritardo sull’azione climatica, rispetto all’industria, considerando gli attuali obiettivi di riduzione dei gas serra dell’azienda e la divulgazione delle misure che sta adottando per mitigare l’impatto ambientale. Ma essere al pari degli altri operatori non è necessariamente un segno positivo considerando per esempio che la risposta di Exxon Mobil, a inizio anno, alla mozione climatica di Follow This – che chiedeva di votare sulla definizione di obiettivi di riduzione delle emissioni indirette Scope 3 – è stata fare causa al gruppo di azionisti green.

Il voto del 21 maggio rappresenta una rilevante occasione per gli investitori per esprimersi a favore della lotta per la decarbonizzazione del sistema produttivo e per spingere le aziende petrolifere e del gas ad allinearsi all’Accordo di Parigi. Cosa accadrà lo scopriremo tra meno di venti giorni. Al momento, nonostante la crescente divergenza tra gli investitori sui rischi climatici a livello globale, questa sembra essere la risoluzione che ha ricevuto il maggior supporto da parte degli azionisti dal 2016, anno in cui Follow This ha presentato la prima risoluzione alla Shell.