Manifesto dell'Abitare Collettiva | ESG News

Abitare sostenibile

Architettura sostenibile: a Venezia le proposte dei 23 studi del Manifesto dell’Abitare

Con la Collettiva inaugurata venerdì 30 aprile nella cornice della Scuola Grande della Misericordia a Venezia, in occasione della Biennale di Architettura 2023, il Manifesto dell’Abitare, progetto ideato da Strategy Innovation, spin off dell’Università Ca Foscari Venezia, e Blend In- It’s time for good business, boutique di consulenza di comunicazione focalizzata sulle strategie di sostenibilità fondata da Alessia Crivelli e Monica Cuzzaniti, arriva alla sua penultima tappa per il 2023. La mostra, aperta fino al 16 luglio, vede protagonisti i contributi dei 23 studi di architettura e design firmatari del Manifesto che insieme propongono una nuova visione del concetto di abitare e mettono una lente di ingrandimento sul ruolo che anche l’architettura e l’edilizia hanno nella transizione verso un mondo più sostenibile.

Ecco, quindi, che professionisti che operano nell’ambito dell’urbanistica, del retail, dell’interior design, del light design, della progettazione di abitazioni, uffici, ospedali, giardini, hanno interpretato la sostenibilità sociale e ambientale a partire dalla propria sfera di intervento e hanno progettato luoghi che facilitano l’interazione sociale, ispirano la collaborazione e alimentano il senso di comunità e l’inclusività.

Contributi diversi tra loro che riflettono l’interdisciplinarietà propria del Manifesto dell’Abitare, lanciato a Milano durante il Fuorisalone 2022 e sviluppato in collaborazione con Fondazione Universitaria IUAV, Platform Architecture and Design e ESGnews, con i partner Airlite, C&C Milano, gruppo Censeo e Zonin1821. Nell’ultimo anno il Manifesto ha proposto un programma di appuntamenti, ancora in corso (tra talks, eventi, workshops, mostre e pubblicazioni), che si concluderà con il Forum Abitare il futuro il 21 e 22 settembre e rilegge in chiave sostenibile il concetto di abitare, connettendo architetti, designer e tutti i professionisti che credono davvero che il proprio contributo possa fare la differenza. “Nuove esigenze, singole e collettive, si stanno manifestando con sempre maggiore determinazione” dichiarano gli ideatori del documento programmatico, “È pertanto necessario promuovere un nuovo modo di intendere la progettazione, integrando competenze diverse nella realizzazione di ogni progetto, dalla psicologia ambientale alle arti e alla sociologia”.

Dati per assodati gli aspetti ambientali di più immediata applicazione – anche in virtù del fatto che sono meglio codificati all’interno di standard e certificazioni che valutano le performance in termini di emissioni di CO2 e di riduzione dell’uso delle risorse (come quelle idriche) – il Manifesto accompagna in particolare il dibattito (ancora aperto) su tutto ciò che attiene la sfera sociale. Dai progetti presentati nella Collettiva emerge come quella “sociale” (della S di ESG) è una sfida eterogenea che abbraccia una moltitudine di aspetti, ma che in maniera trasversale e univoca coinvolge le persone e riguarda il loro reale benessere a 360°.

Risalta dunque, per esempio, l’importanza del tempo (e di quanto tempo) dedichiamo all’ascolto reale dei bisogni e delle esigenze dei clienti da un lato, ma anche di ciò che ci circonda e delle persone e dei luoghi in cui i nostri progetti si vanno a insidiare. Una cura delle relazioni tra gli oggetti, tra le persone e tra le persone e gli oggetti volte a generare una rinnovata sensibilità dei gesti. E in queste nuove, o forse meglio ritrovate, modalità ci sono dei potenti alleati: c’è l’arte, che muta rispetto a vecchie visioni di un “bello per il bello” fine a se stesso e diventa coinvolgimento e interconnessione tra chi fa arte e chi ne fruisce diventandone agente attivo; c’è il potere del percepire, del sapere e dello scegliere qual è il luogo e la modalità in cui prediligiamo lavorare; c’è la consapevolezza che la condivisione e le cosiddette soluzioni in sharing aiutano si l’ambiente, ma permettono al contempo anche di catapultarci in una nuova concezione di società in cui l’io fa spazio al noi. E in questo noi ci sono tutti e tutte, al di là del genere, della provenienza e di convinzioni antiche.

È, nei progetti presenti nella Collettiva, un noi empatico che non dimentica le difficoltà di chi deve affrontare diagnosi dolorose e quindi trasforma gli ospedali: come accade nella proposta di FTA | Filippo Taidelli Architetto che attraverso un “kit” multifunzionale risveglia la memoria sensoriale dei pazienti e converte gli spazi in modo da permettere la connessione con l’esterno. Un noi che non chiude gli occhi a chi salpa in mare sperando in una casa italiana, senza la certezza di trovarla, e propone un’installazione per ricordarlo: come quella di Fabio Ferrillo Belli, una coperta isotermica, unica casa per chi non ce l’ha, illuminata da Antrox, appesa sopra una vasca, creata dal gruppo Censeo, contenente una piccola Lampedusa, riprodotta da Friuli Mosaic, e vera acqua del mare dell’isola sicula che al termine della Collettiva sarà simbolicamente versata in uno dei canali veneziani.

È poi un noi che apre lo spazio di apprendimento e gioco dei bambini a tutta la comunità e rende una scuola un centro di quartiere anche in orario extrascolastico, come nel progetto di IN-NOVA Studio, e un noi che include la natura, che sia nella forma del giardino segreto di Labarassi, che unisce la città a un teatro, o del giardino sul tetto dell’ex fabbrica del Lingotto torinese ideato da Benedetto Camerana Studio in collaborazione con Giardino Segreto dell’Arch. Cristiana Ruspa. È, infine, un noi che può essere armonia solo se prevede spazi di silenzio e di riconnessione con sé stessi da condividere poi anche con gli altri per costruire relazioni autentiche, come la stanza pensata da Silvia Porro Architects.

I progetti in mostra ricordano inoltre come per fare spazio al nuovo, il processo creativo non può che cominciare dall’immaginazione senza freni: pensare infinite soluzioni possibili e osservare i luoghi e le cose con uno sguardo diverso per suggestionarsi e trasformare. Lo hanno bene in mente gli architetti di Aidna che nelle immagini di Life after work manipolano in maniera consapevole spazi di lavoro con l’obiettivo di adattarli a usi diversi proponendo una sovrapposizione tra realtà e finzione, visione e pensiero, immagine e illusione. E lo sa altrettanto Lucio Micheletti che in Oltre progetta il recupero di un vecchio ponte del Novecento tra Miami e Key West e lo converte in un parco abitato da flora e fauna locale ospitante opere d’arte nascoste tra la vegetazione, strutture in materiali riciclabili e “living cells” fissate alla struttura del ponte e simili a cilindri sospesi sul mare, pensati per soggiorni brevi e alimentati da energia rinnovabile.

O, nell’ottica di un modo nuovo di lavorare e rapportarsi con l’ambiente dell’ufficio che non ha più vincoli e fisicità definita, lo zaino trasformabile in scrivania dello studio Tetris Design x Build, oggetto di brevetto.

Tante e diverse le proposte innovative della Collettiva, in tutte un fil rouge ad unirle: l’architetto non è solo ideatore bensì è chiamato a governare un processo interdisciplinare che evolve a seconda dei casi e dell’unicità del contesto e dei luoghi in cui è collocato.

Gli studi che hanno preso parte alla Collettiva del Manifesto dell’Abitare

I 23 studi in mostra con le proprie idee e progetti sono Aidna, Benedetto Camerana Studio, Biagio Forino Interiors, BTArchitetti, CùDesign, Deamicisarchitetti, Studiododici, Ferrillobelli, FTA | Filippo Taidelli Architetto, Giardino Segreto Arch. Cristiana Ruspa, IN-NOVA STUDIO, Labarassi Architecture-Interiors, LAA Lorena Alessio Architetti, Litelab, Luini12, M2atelier, Micheletti+Partners, Obicua, Silvia Galbiati Architecture & Design, Silvia Porro Architects, ST& Architettura, Tetris Design x Build, Tito Canella Architetti.

La Collettiva vuole essere un esempio e un invito a tutti coloro che operano nel mondo dell’abitare ad aggiungere anche il proprio contributo affinché il Manifesto possa continuare ad essere d’ispirazione e a moltiplicare gli interventi nella direzione di una progettazione sempre più contaminata e virtuosa.