Entra nel vivo la fase di performance diffusa negli studi di architettura che hanno aderito al Manifesto dell’Abitare, il progetto collettivo che rilegge in chiave sostenibile l’evoluzione delle abitazioni e dell’abitare, ideato da Strategy Innovation, spin off dell’Università Ca’ Foscari Venezia, e promosso da Blend In, boutique di consulenza di comunicazione focalizzata sulle strategie di sostenibilità fondata da Alessia Crivelli e Monica Cuzzaniti.
StudioDodici è infatti stato il primo dei 25 studi di architettura, che hanno aderito al Manifesto, a rispondere alla “call to action” e ospitare quindi il primo talk, moderato da Stefania Tagliabue, psicologa ambientale e consulente di Strategy Innovation, che ha portato all’attenzione il tema della nuova concezione dell’abitare sostenibile legato alle seconde case.
Non più luoghi dove passare solo pochi weekend l’anno, con il diffondersi della tecnologia e della digitalizzazione, oltre che del lavoro da remoto – fenomeno che ha subìto una forte accelerazione con la pandemia da Covid19 – le seconde case sono diventate luoghi abitati tutto l’anno. Non solo dai proprietari stessi, che ora possono godere di spazi lontani dal caos cittadino pur continuando la propria routine lavorativa, ma anche da fruitori momentanei e turisti che, a seconda delle proprie preferenze e attitudini di viaggio, sempre più scelgono sistemazioni presenti su piattaforme digitali come Airbnb.
Per questo, come evidenziato da Francesca Cutini, architetto titolare di StudioDodici, stanno cambiando le esigenze di chi decide di ristrutturare o acquistare una seconda casa e di conseguenza i tipi di spazio e di comodità che i clienti richiedono. Ma non muta solo l’indoor, bensì anche le località circostanti. Quelli dove si trovano questo tipo di proprietà sono infatti tipicamente luoghi spesso difficili da raggiungere, in cui mancano molti servizi e le comunità locali non sempre sono abituate ad accogliere tanto movimento nuovo.
Eppure, questo fenomeno a cui si sta assistendo negli ultimi tempi coinvolge evidentemente il contorno socioculturale dell’intorno delle abitazioni e rivitalizza e risveglia le comunità locali che rispondono agli input in autonomia, riorganizzandosi o ampliando l’offerta dei servizi. È stato per esempio il caso delle località adiacenti a un casale in Umbria ristrutturato da StudioDodici – prima pensato come casa vacanze della proprietà e ora diventato un agriturismo – che in pochi anni ha visto l’apertura di un cinema e di un teatro nella zona e una rivitalizzazione dei paesi limitrofi, oppure di uno chalet a Verbier, nella svizzera francese, che con la pandemia ha visto molte persone decidere di andare ad abitare lì dove sono presenti ora tre nuove scuole.
Una forte interazione quindi tra abitazioni e abitare, tra decisioni della sfera privata e impatto sulla comunità. Una connessione che in ogni caso è importante tenere a mente quando si ricevono questo tipo di commissioni, ritiene la Cutini che ha raccontato come nei progetti di StudioDodici “cerchiamo sempre di coinvolgere le maestranze del luogo, come per esempio gli artigiani, e di coniugare le tradizioni locali con il design milanese”.
Questo primo talk, quindi, ha evidenziato un aspetto dell’evoluzione del mestiere degli architetti e del modo di progettare, perfettamente in linea con il Manifesto dell’Abitare che, proprio in quanto tale, abbraccia il concetto di manifesto in sé, come sottolineato da Simona Finessi, Founder di Platform Architecture and Design, ossia di visione programmatica, di qualcosa che “racconta cosa sarà il futuro”.
Una storia, dunque, quella delle “seconde case” del futuro – se ancora scegliamo di chiamarle così, sebbene non rispecchi più la loro funzione – che parla di fluidità e di abitare diffuso, di accoglienza (il casale in Umbria ha, per esempio, accolto anche famiglie che fuggivano dalla guerra in Ucraina l’anno scorso) e di movimento. E, perché no, anche di rinascita di quei luoghi del nostro Bel Paese che sono stati caratterizzati da un calo demografico e da uno spopolamento nei decenni addietro che, in alcune aree dove le infrastrutture non sono riuscite ad arrivare, ha significato spesso anche abbandono, ma che ora offrono nuove opportunità.
Come ha accolto questi cambiamenti chi invece progetta uffici e alberghi e ciò che attendiamo di sapere dai prossimi appuntamenti della performance diffusa del Manifesto dell’Abitare a cui gli addetti ai lavori possono continuare ad aderire e contribuire al dibattito.