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Manifesto dell'Abitare

Nuovi spazi del lavoro: flessibili e animati da relazioni e creatività

Ripensare lo spazio del lavoro affinché possa essere accogliente, favorire le relazioni interpersonali per stimolare la creatività e la crescita individuale, e rispondere al contempo alle esigenze di chi abita gli uffici. Questi sono alcuni degli spunti su cui si è concentrata la terza puntata della performance diffusa del Manifesto dell’Abitare, ospitata nella sede dello studio di architettura Obicua a Milano. L’incontro ha visto protagonisti gli interventi dell’architetto Valerio Campi, socio di Obicua, e di Federica Simoni, direttrice commerciale di Alfio Bardolla Training Group, moderati da Veronica Tabaglio, Senior Consultant di Strategy Innovation e membro del comitato scientifico del Manifesto.

Flessibilità degli spazi lavorativi e relazioni che si instaurano all’interno di essi sono dunque i due grandi temi che hanno fatto da filo conduttore dell’incontro e che sono entrati nel dibattito comune soprattutto in seguito allo slancio dato dalla pandemia a tendenze di riorganizzazioni aziendali già in corso: ne è esempio De Lucchi che già nel 2015 aveva parlato di ufficio 4.0 al Salone del Mobile.

Oggi lo spazio di lavoro è sempre più espressione dell’identità aziendale e gli ambienti asettici e standardizzati stanno lasciando il posto ad ambienti studiati caso per caso, a seconda delle necessità. Gli uffici sono diventati strumenti di management, un modo di presentarsi e proiettare un’immagine che rifletta i valori aziendali, un modo di attrarre e mantenere i talenti. Chi progetta uffici oggi si interfaccia direttamente con i tavoli dirigenziali e gli amministratori delegati, a dimostrazione dell’importanza assunta dalla progettazione di spazi di lavoro adeguati.

L’architetto Campi ha portato come esempi di questo nuovo approccio tre progetti di riorganizzazione aziendale realizzati da Obicua: le sedi di EMS Italia, Pardgroup e Alfio Bardolla Training Group. Mentre i primi due casi, per volontà del cliente, sono rimasti impostati su concezioni classiche dello spazio ufficio, con postazioni di lavoro fisse e spazi limitati destinati all’interazione, la riorganizzazione della sede di Alfio Bardolla ha invece portato a un’innovazione radicale del concept.

Se la maggior parte dei dipendenti prima della pandemia aveva postazione e orario fissi, dopo, il mercato del lavoro e le necessità sono cambiate. Lo smart working è diventato la filosofia aziendale per la quale si responsabilizza il lavoratore sui risultati da raggiungere ma si lascia maggiore libertà su luogo e orari in cui raggiungerli. Questo porta a un ribaltamento delle percentuali di destinazione d’uso negli uffici e ad una nuova dinamicità degli spazi.

Il progetto per la riorganizzazione della sede Bardolla ha trasformato i 1200 metri quadri, precedentemente suddivisi soprattutto in postazioni fisse e impostazione classica, in un mix funzionale con il 70% di spazio dinamico e il 30% di spazio fisso. Le nuove funzionalità sono per esempio i Phone Boot, piccole cabine insonorizzate per telefonate e meeting privati o che necessitano di silenzio, tavoli di lavoro flessibili, aree relax e giochi, una cucina in comune.

“Smart working, è una scelta, un’opportunità di cambiare continuamente lo spazio del lavoro per stimolarsi e arricchirsi, con le altre persone” ha affermato Valerio Campi, “Mi piace dire activity based, nel senso di cambiare luogo e dimensione in base al tipo di attività che devi fare in quel momento. Un buon livello di comfort e organizzazione dello spazio di lavoro è essenziale per sentirsi parte di una comunità, e scambiare idee con altre persone. Ci auguriamo che l’ufficio di domani diventi un ufficio abitato più che occupato”.

Per arrivare a risultati di successo oggi gli architetti devono ascoltare le esigenze reali degli utenti finali, proporre soluzioni custom-designed e non standardizzate, e trovare un punto di incontro con il cliente. È possibile che le proposte vengano ostacolate o mal interpretate dal committente, si tratta quindi di un costante lavoro di mediazione.

In casi come quello di Bardolla si può dire di essere arrivati ad ottimi risultati. Stando all’intervento della Simoni, “Post pandemia, è stato difficile riportare i lavoratori in presenza in ufficio, ci volevano spazi dedicati ma pensati per un reinserimento in aree condivise. Oggi rimangono in ufficio per scelta anche oltre l’orario di lavoro, per passare il tempo insieme ai colleghi in ambienti studiati per l’interazione libera. È un bel ritorno”.

Innovazione e deregolamentazione permeano quindi i nuovi ambienti del lavoro in cui gli spazi sono misti e i team sono dinamici. Tale revisione dei luoghi necessita inoltre, per essere realmente efficace, del punto di vista e del coinvolgimento dei dipendenti e di tutti gli utilizzatori affinché possano essere ambienti scelti e adattati dagli stessi come meglio loro credano, e non comprimano né immobilizzino in una staticità costrittiva.

Creare zone free wi-fi, in cui ci si possa isolare dalla tecnologia, incoraggiare creatività e conversazione e approfittare delle connessioni “deboli”, cioè quegli incontri che non fanno parte della quotidianità in senso stretto. Gli elementi tecnologici specifici possono cambiare ma la tendenza generale è quella di un ascolto maggiore delle diverse necessità dei singoli e un tentativo di soddisfarle tutte.