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Strategie ESG

Sustainability Week: engagement costante per garantire un percorso ESG concreto

C’è sempre maggiore richiesta da parte degli investitori di integrare le considerazioni ESG nelle scelte di investimento. Per questo motivo, gli operatori di mercato devono sempre più destreggiarsi e proporre strategie che permettano di garantire portafogli in linea con tale domanda. Ma in che modo è possibile valutare il livello di sostenibilità di un’azienda? Quali strumenti sono oggi a disposizione degli analisti e verso che direzione si sta andando grazie alle prossime nuove regolamentazioni? Gli emittenti sono pienamente consapevoli di come integrare in maniera trasparente gli aspetti ESG nella propria strategia industriale? Sono state queste le domande al centro del secondo incontro della Italian Sustainability Week di Borsa Italiana, The strategic relevance of ESG: from the role of leading players to the engagement with market stakeholder, che ha visto investitori, analisti e ESG rating provider dialogare sulle strategie di integrazione dei KPIs di sostenibilità nei processi di valutazione, rating e investimento.

Il punto di vista degli investitori

Lo spazio della finanza sostenibile si sta ampliando e con esso l’adozione di strategie per individuare le società che sono già su un percorso sostenibile e quelle che in futuro potranno dare il proprio contributo più di altre. Che sia una strategia di esclusione delle aziende che mostrano performance negative o di inclusione di quelle che invece vantano risultati positivi, i partecipanti alla prima tavola rotonda Integration of ESG KPIs into the investment process, proposta da Borsa Italiana, e che ha visto protagonisti Gianluca Pediconi, Partner di MOMentum, Angelo Meda, Head of Equities, Portfolio Manager di Banor SIM, Giuliano Gasparet, Head of Equity di Generali Insurance Asset Management, Dario Mangilli, Head of Sustainability di IMPact SGR, Gabriel Wilson-Otto, Director Sustainable Investing di Fidelity International e Antonio Amendola, Fund Manager di AcomeA PMItalia ESG, hanno concordato sul fatto che la sostenibilità è un percorso e che l’engagement su questi temi debba essere costante.

L’obiettivo, nel breve e nel lungo periodo, è far si che la strategia di sostenibilità sia integrata in quella industriale. Secondo Antonio Amendola di AcomeA, i manager italiani sono sempre più consapevoli dell’importanza di questo punto ma, soprattutto nel caso delle PMI, è necessario che la condivisione di dati aziendali e la creazione e rivisitazione della road map, sia un processo continuo.

Questo permette di capire a che punto un emittente si trova nel suo percorso e quali sono le traiettorie future in modo da assicurare che gli investimenti possano indirizzarsi non solo a chi già fa la propria parte ma anche verso chi nel lungo periodo ha la capacità di migliorare il proprio impatto e ridurre i propri rischi ESG garantendo ritorni economici migliori. È questo il caso, per esempio, delle aziende dell’energia che, come sottolineato da Gianluca Pediconi di MOMentum, sono fondamentali per l’economia e che quindi devono essere supportate nel processo di transizione.

È ormai consolidato che dal punto di vista quantitativo i dati riguardanti la sfera ambientale siano più facili da ottenere e ci sono numerosi indicatori per valutare gli impatti di un emittente (sono esempio gli inventari delle emissioni CO2, l’intensità carbonica, il consumo energetico, il consumo di risorse idriche, etc.), la sfida oggi riguarda dunque quelli sociali. Le misurazioni da questo punto di vista sono più complesse, ma è importante integrarle e proprio perché ad oggi rappresenta il fattore meno esplorato, ci si attendono più sviluppi in futuro. Ne è convinto Angelo Meda di Banor SIM il quale ha sottolineato l’importanza di conoscere il social assesment di una azienda o di richiederlo nel caso in cui non sia ancora stato integrato. La sfida principale, come evidenziato da Gabriel Wilson-Otto di Fidelity, riguarda la trasparenza. È infatti spesso difficile avere lo stesso livello di trasparenza lungo tutta la catena di approvvigionamento e dal momento che l’attenzione sull’impatto delle decisioni di investimento sta crescendo c’è bisogno di integrare i diversi framework che comprendono le analisi interne, gli assesment qualitativi e quelli quantitativi.

Ma qual è l’orizzonte temporale a cui fare riferimento? Esiste un “right timing” per i piani d’azione ESG? Se da un lato, è la specificità aziendale a determinare l’agenda, Meda ha evidenziato l’importanza di avere piani non solo a lungo termine ma anche nel breve, soprattutto per fare in modo che il management aziendale possa essere valutato anche sui risultati in ambito sostenibilità del proprio mandato.

Il raggiungimento dei KPIs riguardanti la sostenibilità possono dunque essere oggetto di valutazione del board anche per espandere la cultura ESG. Se questo è sempre più consolidato per le big cap, c’è ancora scetticismo, soprattutto in Italia, tra le mid e small cap. È quanto evidenziato soprattutto da Giuliano Gasparet di Generali Insurance Asset Management che proprio per questo ha ribadito l’importanza del coinvolgimento di management e stakeholder sui temi ESG. “Soprattutto nelle realtà più piccole”, ha commentato Gasparet, la sostenibilità è ancora vista come un costo. È vero che ora rappresenta un costo, ma bisogna far capire che le aziende che non investono in questo, rischiano in futuro l’esclusione dal mercato. È un investimento necessario”.

E lo è anche da un punto di vista di materialità finanziaria. ”Lo sforzo maggiore” ha dichiarato Pediconi,”è capire che nel lungo periodo la sostenibilità è una questione che riguarda la materialità finanziaria per tutte le aziende. Il problema è che nel breve termine è intangibile. Per questo è difficile far capire ora che non integrare oggi gli aspetti ESG può essere un costo ancora maggiore in futuro. È molto importante che la sostenibilità sia presa in considerazione dal board e dal senior manager che si occupano della policy della sostenibilità”.

Il punto di vista degli intermediari e dei provider di rating

Espandere la comprensione degli aspetti ESG è un tema caldo anche quando si pensa agli analisti che solo da poco sono stati chiamati a integrare questo tipo di riflessioni, come ha messo in luce Federico Pezzetti, Senior Analyst Utilities, Intermonte in apertura della seconda tavola rotonda della giornata Integration of ESG KPIs into the coverage and the ESG rating activity che ha visto con lui protagonisti Shanshan Zhu, ESG Analyst, Cerved Rating Acency, Josep Pujal, Head of ESG Research, Kepler Cheuvreux, Mattia Arrighi, Associate Relationship Manager, Moody’s ESG Solution, e Domenico Ghilotti, Co-Head of Research Team, Equita.

Pujal ha evidenziato che la filosofia di Kepler Cheuvreux è quella di individuare ed essere consapevoli dei rischi e delle opportunità ESG al fine di inserire nella valutazione, che viene effettuata tramite un framework che si focalizza su 11 topic ESG, gli impatti che queste considerazioni hanno sui flussi di cassa futuri degli emittenti.

Il Capex resta dunque un’indicazione molto importante nella valutazione di un’azienda, non solo per riflettere come sta andando un’impresa, ma anche come indicatore della credibilità di ciò che una società comunica anche dal punto di vista della sostenibilità.

Ghilotti ha infatti ribadito che le informazioni riguardanti i fattori sociali tanto quanto quelle ambientali sono cruciali anche per la materialità. Da questo punto di vista, il capex deve comunicare in modo positivo le prospettive future per capire quanto siano credibili le informazioni che gli operatori di mercato stanno fornendo.

Ad oggi, la credibilità e la reputazione aziendale è sempre più affidata all’uso dei rating ESG il cui ruolo è aumentato negli ultimi anni. La questione resta l’assenza di standard chiari e la comparabilità tra i rating. Spesso è difficile capire quali parametri sono stati considerati più importanti nella valutazione di un emittente e a volte il mercato sembra che non sappia su cosa siano basati i punteggi.

Uno sforzo per migliorare la situazione sta arrivando da parte dell’Unione Europea che sta redigendo, con l’ausilio dell’EFRAG (European Financial Reporting Advisory Group), gli standard di rendicontazione sulla sostenibilità che saranno resi pubblici ed entreranno in vigore entro il 2023.

Per i rappresentanti delle agenzie di rating presenti, le sfide in questo senso sono due. La prima riguarda il trade off da tenere in considerazione tra un approccio standardizzato e la complessità relativa di ciascuna azienda. “Gli aspetti ESG sono molto dinamici per natura ed è questo che rende la valutazione difficile” ha commentato Zhu di Cerved Rating Agency.

Il secondo aspetto riguarda invece l’importanza di non frenare l’innovazione. “Gli aspetti positivi della regolamentazione riguardano senza dubbio la trasparenza e comparabilità” ha evidenziato Abadou di Sustainalytics, “Ma implementare una sola pratica può bloccare l’innovazione dal momento che siamo all’inizio dell’integrazione di questi aspetti nelle considerazioni finanziarie”.

Obiettivo Net Zero

La giornata è poi proseguita con la presentazione, da parte di Daniele Carbonin, Regional Coordinator Climate Strategies, Carbonsink, del Net Zero Readiness Index, lo studio realizzato da Carbonsink, in collaborazione con Borsa Italiana, per valutare la preparazione delle principali aziende italiane per capitalizzazione di fronte alla sfida della decarbonizzazione.

L’analisi ha preso in considerazione la completezza degli inventari di emissioni di gas serra, target emissivi e strategie di compensazione delle prime 100 aziende per capitalizzazione quotate in Borsa negli indici FTSE MIB e FTSE Italia Mid Cap e ha evidenziato che solo 16 aziende su 100 infatti raggiungono la sufficienza rispetto al livello di preparazione per affrontare la sfida climatica verso il net-zero.

Gli autori hanno identificato cinque azioni implementabili per essere pronti al net zero che sono: misurare e rendicontare le emissioni Scope 3; definire target di riduzione delle emissioni in linea con la scienza; essere ambiziosi nei piani di riduzione; bilanciare le emissioni residue finanziando progetti di mitigazione attraverso crediti di carbonio certificati; comunicare in modo trasparente ed efficace.

In chiusura, l’intervento di David W. Livingston, Senior Adviser to the US Special Presidential Envoy on Climate, US Government che ha invece parlato della First Movers Coalition nata per favorire il finanziamento delle tecnologie per la decarbonizzazione