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Euronext Sustainability Week

ETF, indici e green bond: tra normative e scetticismi, qual è lo scenario per il futuro

Finanza ed economia reale sono legate a doppio filo: la green economy ha bisogno di reperire risorse finanziarie tramite il mondo della finanza, che a sua volta può e deve influire sulle strategie aziendali. Per questo è importante domandarsi quale sarà lo scenario futuro dei principali strumenti dei mercati finanziari dagli ETF, agli indici e alle obbligazioni, e come gli investitori si rapportano nei loro confronti. Un’esigenza rafforzata dal fatto che dal 2025 entra in gioco la sfida della nuova normativa UE che introdurrà nuovi standard per ridurre i rischi di “washing”. Sono questi i temi trattati nel panel pomeridiano della Euronext Sustainability Week in corso di svolgimento alla Borsa di Milano.

Per quanto riguarda gli asset manager, ha iniziato Frederic Hoogveld, Head of Investment Specialists & Market Strategy di Amundi ETF, l’interesse verso i prodotti sostenibili è aumentato negli ultimi anni, ma le richieste principali riguardano ancora i rendimenti: “Nonostante la crescita di interesse da parte dei clienti per i prodotti ESG, la domanda più frequente resta: quanto riuscirò ad ottenere da questi investimenti?”. Per questo motivo Amundi ha messo a disposizione dei propri clienti un’ampia gamma di ETF ESG esposti a diverse asset class e con approcci differenti e ha declinato la propria offerta in Etf che non investono solo in green bond, ma anche in altre obbligazioni al fine di soddisfare le richieste di investitori che vogliono diversificare il loro portafoglio minimizzando il rischio. Al contempo, dal lato delle aziende, l’AM cerca di investire nelle imprese che “prospettano gli obiettivi che vogliamo sostenere” spiega Hoogveld, “cercando di spingerle per raggiungere gli obiettivi green che si sono prefissate”.  E data l’importanza di una politica di voto ed engagement attiva, Amundi la applica anche alla gestione passiva.

ETF e indici, le tendenze in atto

Attualmente, il mercato ETF ESG rappresenta il 25% del totale, ricorda Stefan Kuhn, Head of ETF & Index Distribution Europe di Fidelity International, ma c’è necessità di creare prodotti molto mirati, che guardano a temi specifici, come la decarbonizzazione, per riuscire a soddisfare le specifiche esigenze dei clienti. E proprio in questa direzione sta andando Euronext che, secondo quanto annunciato da Nitharshini Thevathas business developer Euronext Indices, ha in serbo nuovi indici in chiave ESG che riguarderanno solo determinati settori, come l’educazione o l’agricoltura. Tra le soluzioni per specifiche iniziative ESG ci sono anche la smart mobility e le nuove tecnologie. “Le aziende vogliono ottenere buoni score ESG e ci sono molte cose da fare per raggiungere gli obiettivi e mitigare il cambiamento climatico”, afferma Thevathas, “c’è un grande interesse per resilienza e sostenibilità ma le regole stanno diventando molto strette sul fronte ESG per le aziende. Nonostante ciò, le prospettive sono positive per questo tipo di prodotti in Europa”, conclude. Un trend diverso rispetto a quello degli USA in cui, invece, gli ETF ESG non sono particolarmente popolari.

Obbligazioni sostenibili: l’analisi di Moody’s

E per quanto riguarda le obbligazioni sostenibili quali sono le aspettative degli investitoti e le prospettive?Domanda difficile a cui Rahul Gosh responsabile di finanza sostenibile di Moody’s Ratings ha cercato di rispondere con qualche numero. “Il primo green bond è stato emesso nel 2016 e la crescita per questo tipo di investimento è stata subito forte, ma il mercato è cambiato e, dal 2021, è fermo”.

Inoltre, evidenzia il responsabile di Moody’s, la percentuale di bond sostenibili sul totale di bond emessi varia molto a seconda della regione: ”in Europa è al 17%, nel Nord America al 3% e nell’America del Sud, molto esposta ai temi green, è al 25%, ma anche qui si vede una flessione della crescita”. Per Gosh il mercato dei bond sostenibili è come se fosse “un teenager che sta cercando di crescere e quando sarà maturo registrerà certamente una ripresa”, dato che i temi della sostenibilità, soprattutto per alcune aziende come le utility e in particolare nei paesi emergenti, sono un fattore chiave di crescita e oramai sempre più integrati nei piani strategici.

Secondo Gosh i temi rilevanti nel breve periodo da considerare per interpretare le prospettive sono l’imminente passaggio da standard volontari a standard normativi, il divario dei finanziamenti per il clima nei paesi emergenti che stimolerà nuovi approcci di finanziamenti, l’innovazione del mercato che potrebbe sbloccare nuove opportunità di crescita e infine l’accelerazione degli investimenti nelle tecnologie verdi.

Green bond: il caso di successo di Alperia e le perplessità di Banor

Sul fronte dei green bond ci sono casi di successo made in Italy, come per esempio quello di Alperia, società nata nel 2016 dalla fusione di due principali utilities altoatesine attive nella produzione di energia idroelettrica e tra le prime società italiane ad emettere un green bond nel 2016.

“L’emissione del bond è stato anche uno strumento per rendere partecipe il singolo cliente della nostra strategia green per la produzione di energia al 100% da fonti rinnovabili” ha raccontato il suo direttore finanziario Gianni Cencini, “Abbiamo avuto una ampia adesione dal mondo retail che ha sottoscritto il bond al 60% e non solo dagli istituzionali. La nostra campagna pubblicitaria ha toccato da subito temi importanti come la sostenibilità facendo conoscere a fondo la nostra azienda agli investitori e ai clienti”.

Per Marco Clerici, Co-Head Investment Banking di Equita, il successo del bond emesso da Alperia è stato legato all’interesse degli investitori locali, ossia gli altoatesini: “Alperia è una società molto attiva nei confronti della comunità locale”, ha evidenziato Clerici,”elargendo anche parecchi sconti in bolletta per calmierare il prezzo dell’energia. Ci sono comunque molti settori che possono puntare sulla clientela retail con campagne mirate per l’emissione di bond- aggiunge Clerici- un caso è stato il successo del bond Ovs che ha puntato sui capi di abbigliamento realizzati in maniera sostenibile”. 

Più scettico è invece parso Francesco Castelli, Head of Fixed Income & Portfolio Manager di Banor, il quale ha evidenziato che il green bond è un prodotto che va spiegato ai clienti privati. “La sostenibilità va spiegata e non deve penalizzare il rendimento per il cliente privato. Siamo investitori fortemente orientati verso la sostenibilità e applichiamo il principio di materialità nelle nostre decisioni di investimento. Sebbene i green bond siano strumenti apprezzabili, il nostro focus principale resta sui cosiddetti “green issuers”, come riflesso anche dalla strategia dei nostri fondi conformi all’articolo 8. Tuttavia, per i nostri criteri di materialità, consideriamo ancora più rilevanti i sustainability-linked bond, come quelli emessi da ENEL. La conferma dei meccanismi di step-up sui loro bond rafforza la credibilità del loro programma”.

E come investitore attento alla sostenibilità degli emittenti il contesto competitivo, con un’Europa molto più avanti in termini di regole e obiettivi rispetto al resto del mondo, riveste una notevole importanza. “Vorrei evidenziare”, aggiunge Castelli, “il tema della cosiddetta “sostenibilità insostenibile”: il programma delineato con l’Accordo di Parigi sta diventando sempre meno realistico. A questo punto, un chiarimento a livello politico sarebbe auspicabile, sia per gli investitori che per gli emittenti”.

Green bond: da dicembre cambia la normativa

Sui prodotti finanziari ESG pesano altre sfide, tra cui il cambio di normativa. “Nel 2025” ha ricordato Giada Sonego, Head of DCM di Banca Akros, “saranno introdotti nuovi standard. Le nuove regole europee in vigore da dicembre saranno al centro delle decisioni da parte gli emittenti. L’obiettivo è rinforzare la trasparenza sui green bond introducendo sanzioni per dare maggior certezza e limitare il greenwashing”. Con l’entrata in vigore nella normativa sui green bond dell’UE, i green bond dovranno finanziare attivi molto selettivi e per poter utilizzare la denominazione “green bond” dovrà essere fornita una scheda con le strategie dell’emittente, una rendicontazione sull’allocazione dei fondi, e un impact report da pubblicare entro la scadenza dell’obbligazione. Tutti tali parametri dovranno poi essere controllati da un revisore dell’Esma. “Le nuove norme implicheranno più costi per l’emittente, a fronte dei quali probabilmente ci si aspetta che ci siano delle compensazioni. Bisognerà vedere come reagiranno gli investitori: saranno bond che daranno maggiori certezze sull’impatto ambientale e sul contributo alla transizione, pertanto prodotti di questo tipo potrebbero essere interessanti per l’investitore retail”.

Sul punto concorda Giancarlo Pavia Sustainable Investment Banking – Head of Italy di Crédit Agricole CIB Crédit: “con la nuova normativa UE, si andrà verso una maggiore qualità e segmentazione per rispondere alle esigenze informative degli investitori, facilitando gli investimenti di alcune aziende”. Una tendenza che secondo Pavia potrebbe favorire anche il mercato dei Blue Bond, nato per affrontare le problematiche degli oceani e delle risorse idriche, ma mai evoluto e che è interessante per l’Italia. “Il nostro Paese dovrà far sempre più fronte ai rischi idrici legati alla riduzione delle precipitazioni e alla gestione dell’acqua. Sarebbe importante investire in infrastrutture dato che si perde il 40% dell’acqua a causa della cattiva manutenzione della rete. Inoltre, la capacità di trattenere acqua è solo all’11%. Avere un investimento finanziario su questi temi può facilitare gli investitori che si sentono motivati e le aziende che devono fare investimenti nel settore, principalmente le utility. Da sottolineare inoltre è che l’emittente governativo a livello di sostenibilità avrebbe molto spazio di crescita: in Europa queste emissioni valgono 270 miliardi, in Italia solo 47”.