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Parità di genere

Snam, l’impegno del gruppo per ampliare e rafforzare il ruolo delle donne

La crescente presenza delle donne in Snam, e la loro valorizzazione in posizioni di responsabilità, sono impegni formali che trovano riscontro in azioni concrete e in obiettivi precisi. Il gruppo, come il suo intero settore di appartenenza, è storicamente caratterizzato da una forte presenza maschile, anche se il gap si sta riducendo rapidamente. Una tendenza che parte dai massimi organi direttivi: infatti lo statuto di Snam è stato modificato, inserendo un criterio di gender balance che riserva al genere meno rappresentato almeno il 40% dei componenti del Cda.

La tabella di marcia inserita nella scorecard

L’equilibrio di genere è anche uno degli obiettivi nell’ambito delle azioni ESG, che la società ha reso pubbliche e che sono state inserite in una “scorecard” che consente di monitorare i progressi. In quest’ambito, la presenza femminile in posizioni dirigenziali, che oggi è pari al 21,75% del totale nel 2021, deve crescere progressivamente fino al 25% nel 2023. Nei piani di successione della prima, seconda linea e posizioni chiave, le donne che nel 2021 sono pari al 25% saranno il 27% nel 2023.

Per raggiungere questi obiettivi, tra i nuovi assunti la presenza femminile è già stata portata al 31%, percentuale che sale al 42% nelle funzioni di staff. La crescita della componente femminile è anche uno degli elementi che pesano nella parte variabile della remunerazione del top management: il 10% del Piano di lungo termine è infatti correlato alla crescente quota di assunzione di donne in posizione di leadership.

L’importanza di studiare le materie STEM

Prima del lavoro, però, bisogna partire dalla scuola. Ed è importante che anche le ragazze puntino sulle materie STEM, quattro ambiti di studio fondamentali per aprire le porte del mondo del lavoro: Science, Technology, Engineering, Mathematics. Oggi, in queste materie le ragazze a scuola hanno risultati almeno pari se non migliori a quelli dei loro compagni maschi, ma quando si tratta di iscriversi all’Università tendono a scegliere materie umanistiche (solo il 5% delle ragazze 15enni ha intenzione di intraprendere un percorso STEM e solo il 16% dei laureati STEM è donna), con effetti negativi sulla loro occupazione e retribuzione. Snam ha scelto di impegnarsi a fondo per incoraggiarle a seguire questi corsi, anche finanziando borse di studio per studentesse di ingegneria come ha fatto con i Politecnici di Milano e Bari

Empowerment femminile: il ruolo della Fondazione

L’impegno per l’empowerment femminile si concretizza anche in varie azioni nelle scuole secondarie, incontri con role model, workshop. In alcuni casi l’attività è svolta in partnership con organizzazioni come Valore D attraverso il programma InspirinGirls oppure da Fondazione Snam, come nel caso del progetto di Tutoring nel quale i volontari-dipendenti Snam, (con il supporto di WeSchool), si affiancano a ragazze di prima e seconda media per consolidare le conoscenze e competenza in matematica e geometria ma anche in materie non STEM. Più in generale, la Fondazione opera per promuovere la cultura dell’inclusione attraverso iniziative che promuovono l’eguaglianza di genere e ribaltano gli stereotipi. 

La presidenza semestrale del Consorzio ELIS

A metà di aprile, Snam ha assunto la presidenza del Consorzio ELIS, che manterrà per sei mesi. Al Consorzio partecipano circa 100 aziende italiane ed è particolarmente attivo nella formazione dei giovani, un settore su cui Snam investe da tempo anche con il suo Snam Institute. Assieme a ELIS e Luiss Business School, Snam ad esempio ha avviato il progetto “Con la Scuola”, puntando alla formazione dei docenti per migliorare la qualità dell’istruzione e avvicinarla al mondo dell’impresa.

Ora, con la presidenza del Consorzio, Snam si propone di portare avanti in particolare un nuovo progetto educativo per i giovani: una “scuola” digitale e inclusiva per la transizione energetica per i ragazzi e le ragazze delle medie e superiori. Una proposta basata su modelli di eccellenza – come quello dell’università di Stanford o, in Italia, del PoliCollege del Politecnico di Milano – per sviluppare una didattica più innovativa e focalizzata proprio su quegli ambiti che la scuola tradizionale oggi non è in grado di ricoprire.