Povertà | ESGnews

Rapporto Istat

Goal 1 – Porre fine alla povertà nel mondo, come è andata in Italia tra 2022 e 2023

  • Le persone in condizione di povertà assoluta in Italia sono oltre 5,7 milioni nel 2023 (stime preliminari), per un’incidenza pari al 9,8%, il valore massimo dal 2014.
  • L’incidenza della povertà assoluta è maggiore, ma in calo, nel Mezzogiorno (12,1%, -0,5 punti percentuali rispetto al 2022), mentre è più contenuta, ma in aumento di 0,5 p.p., al Centro (8%) e al Nord (9%).
  • Nel 2023, circa 13,4 milioni di persone residenti in Italia si trovano in condizioni di rischio di povertà o esclusione sociale (AROPE). Sono il 22,8% della popolazione, in diminuzione di 1,6 p.p. rispetto al 2022.
  • La popolazione AROPE presenta una forte eterogeneità territoriale, e va dal 12,4% al Nord al 39% nel Mezzogiorno, con punte di oltre il 40% in Campania (44,4%), Calabria (48,6%) e Sicilia (41,4%).
  • Tra il 2022 e il 2023 diminuisce sia la quota di popolazione a rischio di povertà (dal 20,1% al 18,9%), sia la quota di popolazione a bassa intensità lavorativa (dal 9,8% all’8,9%), mentre cresce lievemente la percentuale di persone in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (dal 4,5% al 4,7%).

Le misure statistiche diffuse dall’Istat per il Goal 1 sono ventitré, riferite a otto indicatori UN-IAEG-SDGs (elaborate cioè dall’Inter-agency and Expert Group on SDG Indicators, composta da rappresentanti degli Stati membri dell’Onu). Nel confronto tra i valori dell’ultimo anno disponibile e quelli dell’anno precedente, più della metà delle misure migliorano, mentre quasi un quarto peggiorano.  Presentano un andamento positivo tutte le misure relative al rischio di povertà reddituale e all’esclusione sociale, a eccezione della grave deprivazione materiale e sociale, mentre peggiora l’incidenza della povertà assoluta. Più della metà delle misure sono in miglioramento anche nel confronto su base decennale, specie quelle relative all’accesso ai servizi di base. Nell’ultimo decennio peggiora solo l’incidenza della povertà assoluta. Un terzo delle misure migliora, sia rispetto all’ultimo anno, sia rispetto a dieci anni prima.

L’incidenza della povertà assoluta è ai massimi nell’ultimo decennio

Le persone in povertà assoluta sono definite come individui che per la loro ridotta capacità di spesa per consumi non possono permettersi l’acquisto di un paniere di beni e servizi considerato essenziale per uno standard di vita minimamente accettabile. Nel 2023, le persone in povertà assoluta sono state oltre 5,7 milioni, con un’incidenza del 9,8%. La percentuale è in leggero aumento rispetto al 2022 (+0,1 punti percentuali) e in crescita più marcata rispetto al 2021 (+0,8 p.p., che corrispondono a oltre 430 mila poveri in più), soprattutto a causa del forte incremento dell’inflazione nel 2022, che ha raggiunto l’8,7% e che ha avuto un impatto maggiore sulle famiglie meno abbienti, le cui spese (incluse quelle per beni e servizi essenziali) non sono riuscite a stare al passo con la crescita dei prezzi. La serie storica dei dati, ricostruiti secondo la nuova metodologia di stima, mostra che l’incidenza della povertà, per l’Italia, ha raggiunto il massimo da quando è disponibile l’indicatore (2014): se tra il 2018 e il 2019 era scesa dall’8,3% al 7,5%, grazie in particolare all’introduzione del reddito di cittadinanza, nell’anno successivo ha ripreso a crescere, influenzata dagli effetti della pandemia sui comportamenti di spesa, senza riuscire nuovamente a invertire la rotta.

Povertà assoluta (incidenza), per ripartizione geografica. Anni 2014-2022 (valori percentuali)

L’incidenza della povertà e la sua dinamica temporale presentano una certa eterogeneità territoriale. Nel Mezzogiorno, nel 2023, erano residenti quasi 2,4 milioni di poveri, con un’incidenza del 12,1%, maggiore della media nazionale ma in calo rispetto al 2022 (-0,5 p.p.). Al Centro, l’incidenza è dell’8%, al Nord del 9%, in entrambi i casi in aumento di 0,5 p.p. rispetto al 2022. Già prima della pandemia da COVID-19, al Centro si osservavano valori della povertà assoluta più contenuti che nel resto d’Italia, con una crescita, tra il 2021 e il 2022, di soli 0,2 p.p. Al contrario, nelle Isole, nello stesso periodo, la quota di poveri è aumentata di 1,3 p.p., e ha raggiunto l’11,3%. Si noti però che, per quest’ultima ripartizione, la povertà era diminuita in modo marcato tra il 2017 e il 2019, senza in seguito essere particolarmente influenzata dagli effetti della pandemia. Benché la povertà abbia successivamente risentito della ripresa dell’inflazione, nel complesso le Isole nel 2022 si trovano più vicine ai loro livelli pre-pandemici del resto d’Italia.

Tra il 2021 e il 2022, l’incidenza della povertà assoluta è cresciuta per tutte le fasce di età e in particolare per i più anziani (65 anni e più), per i quali l’indicatore è salito dal 5,5% al 6,3%. Nonostante questo incremento, tra le persone più anziane la condizione di povertà è meno frequente, probabilmente grazie al ruolo di protezione economica dei trasferimenti pensionistici in ambito familiare. Al contrario, i minori sono particolarmente colpiti, con un’incidenza del 13,4% nel 2022, con uno scarto di +3,7 p.p. rispetto al dato nazionale complessivo: ancora una volta, i dati rivelano le difficoltà economiche delle famiglie con figli minori. 

Scende la percentuale di persone a rischio di povertà o di esclusione sociale

Per descrivere le molteplici dimensioni del fenomeno della povertà, si utilizza un indicatore composito, il rischio di povertà o di esclusione sociale (AROPE – At risk of poverty or social exclusion), che oltre al rischio di povertà reddituale, considera altri due indicatori non monetari sulle condizioni di vita: la grave deprivazione materiale e sociale e la bassa intensità di lavoro. Sono considerate a rischio di povertà o esclusione sociale le persone che vivono in famiglie che incorrono in almeno una delle tre condizioni (rischio di povertà, deprivazione materiale e sociale, bassa intensità di lavoro). Nel 2023, circa 13,4 milioni di residenti in Italia, pari al 22,8% della popolazione, si trovano in condizioni di rischio di povertà o esclusione sociale (Figura 1.3). Il dato nazionale sintetizza, anche in questo caso, situazioni che differiscono da un territorio all’altro: se la percentuale di persone a rischio si attesta nel Nord al 12,4% (e sotto al 10% in Trentino-Alto Adige/Südtirol e in Emilia-Romagna), nel Mezzogiorno raggiunge il 39,0%, con punte di oltre il 40% in Campania (44,4%), Calabria (48,6%) e Sicilia (41,4%). Oltre la metà (57,6%) delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale è residente nel Mezzogiorno. Tra il 2022 e il 2023, il rischio di povertà o esclusione sociale è sceso, a livello nazionale, di 1,6 punti percentuali. A parte il Centro, che rimane stabile al 19,6%, il calo interessa tutte le ripartizioni geografiche, e in particolare il Nord-ovest, che passa dal 16,1% al 13,5%. Questo andamento discendente riassume sia la riduzione della popolazione a rischio di povertà (dal 20,1% del 2022 al 18,9% del 2023), dovuto alla crescita dei redditi nominali, sia soprattutto la diminuzione della popolazione in condizione di bassa intensità lavorativa (dal 9,8% all’8,9%), dovuta all’aumento dell’occupazione nel 2022 (cfr. Goal 8). Si osserva, però, un lieve incremento (più marcato al Centro) della quota di persone in condizione di grave deprivazione materiale e sociale (dal 4,5% del 2022 al 4,7% del 2023).

Per tutti gli indicatori analizzati, nel 2023 il Nord e il Centro sono in una posizione migliore rispetto alla media nazionale, mentre il Mezzogiorno manifesta maggiori criticità. Il rischio di povertà, la bassa intensità lavorativa e l’AROPE sono altamente correlati a livello territoriale e mostrano comportamenti geografici simili: il Nord-ovest e il Nord-est presentano valori affini, almeno del 40% inferiori alla media nazionale, il Centro valori inferiori alla media, ma con differenze più contenute (intorno al 14-15% al di sotto del valore nazionale) mentre nel Sud e nelle Isole si rilevano valori tra loro paragonabili, e di almeno due terzi superiori al dato Italia. Fa parzialmente eccezione la percentuale di popolazione in grave deprivazione materiale e sociale, per cui il Centro (2,5% nel 2023) raggiunge valori più vicini a quelli del Nord (2,3% per il Nord-ovest), mentre le Isole (5,6%) si distinguono favorevolmente rispetto al Sud (11,8%), che invece risente degli alti valori della Campania (12,2%), della Puglia (10,0%) e soprattutto della Calabria (20,7%).

Le determinanti del rischio di povertà o esclusione sociale possono essere analizzate valutando, per il 2023, le interazioni tra le tre condizioni che lo definiscono. Più della metà delle persone a rischio di povertà o esclusione sociale (13%, pari a circa 7,7 milioni di persone) devono la propria situazione di disagio esclusivamente alla povertà reddituale (rischio di povertà). Dei circa 3,8 milioni di persone a bassa intensità lavorativa (incidenza del 6,5% sul totale della popolazione), quasi i due terzi (4,2%) sono anche a rischio di povertà. Quasi 1 milione di persone (1,7%) presentano segni di grave deprivazione materiale e sociale, pur non essendo né a rischio di povertà, né a bassa intensità lavorativa. Nel complesso, il 16,6% delle persone presenta una sola delle condizioni che definiscono l’AROPE, il 5,1% ne presenta due e infine l’1,1% degli individui (circa 700 mila persone, di cui quasi l’85% concentrate nel Mezzogiorno) sono particolarmente vulnerabili, essendo allo stesso tempo a rischio di povertà, in grave deprivazione materiale e sociale e a bassa intensità lavorativa.