Investitori Istituzionali

Istituzionali: oltre la metà adotta politiche ESG (52%), ma restano margini di miglioramento

Si osserva una crescente e ormai consolidata sensibilità degli investitori istituzionali italiani nei confronti di finanza SRI e criteri ESG. Più della metà (52%) degli investitori istituzionali intervistati dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, infatti, sostiene di adottare politiche di investimento ESG, volte soprattutto alla tutela dell’ambiente. Eppure, permangono margini di miglioramento, dettati soprattutto dalla pressione di doversi adeguare a una normativa ancora in divenire e dalla consapevolezza dell’ente di dover potenziare all’interno della propria struttura organizzativa la presenza di esperti dei temi ESG. È quanto emerge dalla quinta edizione della ricerca “ESG e SRI, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”, curata dal Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, realizzata con il patrocinio dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) e della Federazione Banche Assicurazioni e Finanza (Febaf).

I risultati della quinta indagine

Con la quinta edizione della survey sulle politiche di investimento il Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali analizza lo stato di salute degli investitori istituzionali italiani nei confronti dei temi legati alla sostenibilità ambientale e finanziaria. Quest’anno i rispondenti sono 123 (in aumento rispetto ai 106 del 2022), che rappresentano un patrimonio di 246 miliardi di euro, pari a circa l’86,5% del totale dei patrimoni degli investitori istituzionali previdenziali e fondazionali.

L’ESG Advisor

Nella prima parte del questionario, volto a reperire informazioni generiche relative agli investitori (dimensione patrimoniale, strumenti di investimento utilizzati, soddisfazione delle performance finanziarie), il Centro Studi inserisce anche una domanda legata al ricorso o meno alla figura dell’advisor ESG. Del 42% di chi dichiara di ricorrere ad un advisor ESG il 24% affida il servizio a Nummus.info, il 19% a Prometeia e il 9% a Moody’s ESG Solutions.

Vi avvalete di uno o più advisor ESG?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

L’approccio degli investitori istituzionali all’ESG

La seconda parte del questionario si concentra sui criteri ESG al fine di indagare la quantità e la qualità degli investimenti sostenibili realizzati dai soggetti intervistati. La prima sezione è quindi dedicata all’approccio dell’investitore verso il mondo ESG, concentrandosi sulle motivazioni che ne stanno all’origine.

L’ente adotta una politica di investimento sostenibile SRI?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

La percentuale di chi risponde affermativamente è del 52%, ovvero 64 enti. Su 59 enti che dichiarano di non adottare una politica di investimento sostenibile, 47 (ovvero l’80%) motivano il loro “No” spiegando che il tema è stato discusso e verrà implementato in futuro. Un dato positivo se si considera che oggi non è più presa in considerazione la possibilità di non adottare politiche di investimento ESG dopo averne discusso.

Se l’analisi delle motivazioni sottostanti ai “No” restituisce una direzione che porta verso l’implementazione di strategie SRI nel futuro, l’analisi dei “Sì” offre una visione del come implementarle. La prima informazione raccolta nel questionario riguarda i principi generali a cui la politica dell’ente si ispira. Restano stabili al primo posto, come per gli ultimi quattro anni di rilevazione, le linee guida dello UNPRI con il 56% delle risposte. Salgono dal terzo al secondo posto le convenzioni internazionali in materia di diritti umani, risorse umane e tutela ambientale sottoscritte in sede ONU e OCSE, passate dal 33% del 2022 al 42%. Al terzo posto il programma del Global Compact dell’ONU (39%). Vale poi la pena segnalare il balzo dal 19% al 31% degli accordi di Parigi COP21.

Se sì, a quali principi generali e/o internazionali si ispira?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Gli SGDs più rilevanti per gli investitori istituzionali

Nell’edizione 2023 il centro di ricerca ha inserito anche dei quesiti specifici sugli SDGs e l’ESG. Nel primo caso è stato chiesto quali fossero gli SDGs più rilevanti per l’ente. Le risposte sugli specifici obiettivi sono piuttosto interessanti con al primo posto, con il 65% delle preferenze, l’SDGs 13 – lotta contro il cambiamento climatico, che è da sempre l’obiettivo primario da perseguire quando si imposta un’agenda con obiettivi di medio lungo termine. Segue al secondo posto l’SDG 8 – lavoro dignitoso e crescita economica, con il 53%. Al terzo posto l’SDG 7 – energia pulita e accessibile, con il 49% delle preferenze. Agli ultimi posti: SDGs 14 -vita sott’acqua – e SDGs 18 – partnership per gli obiettivi, entrambi con l’11% di preferenze.

Se la politica di investimento si ispira agli SDGs delle Nazioni Unite, quali ritenete siano i più rilevanti?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

In seguito, nella ricerca viene chiesto agli investitori istituzionali quale elemento tra E (ambientale), S (sociale) e G (governance) fosse preponderante nelle scelte di investimento. Le indicazioni ottenute sono piuttosto omogenee, anche se si nota una predominanza nell’indicare il valore più alto alla lettera E con il 35,3%, seguita dalla lettera G 32,8% e infine dalla lettera S con il 31,8% delle preferenze.

Criteri E (Environmental) S (Social) G (Governance): quale lettera è preponderante nelle vostre scelte?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Il fattore temporale e la quota di patrimonio con politiche ESG

Per quanto riguarda il fattore temporale, ovvero da quanto tempo gli enti adottano strategie di investimento ESG, il 59% dei rispondenti si colloca nella fascia 1-5 anni, in aumento rispetto al 2022, mentre gli investitori sostenibili “di lungo corso” che la adottano da più di 5 anni sono il 19%.

Da quanto tempo l’Ente adotta una politica di investimento sostenibile?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

La domanda successiva del questionario si riferisce alla quota di patrimonio a cui viene applicata la politica SRI, che aiuta a rappresentare sia quanta rilevanza ricopre per l’ente la sostenibilità sia il relativo impatto che questi investimenti possono avere sul patrimonio dell’ente stesso. La prima classe tra lo 0 e il 25% si riduce, le due classi centrali tra il 25% e il 50% e tra il 50% e il 75% aumentano, mentre si riduce leggermente il numero di investitori che applicano le politiche di sostenibilità a quasi tutto il patrimonio che passano dal 42% dell’anno scorso al 38% di quest’ultima rilevazione. Al di là dei lievi scostamenti, la classe con più preferenze rimane quella tra il 75% e il 100% del patrimonio per il quarto anno consecutivo.

Qual è la quota di patrimonio a cui viene applicata la politica SRI?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Obiettivi e motivazioni ESG degli investitori istituzionali

Relativamente agli obiettivi e alle motivazioni che hanno spinto l’ente a introdurre politiche di investimento sostenibili, in linea con le precedenti edizioni, emerge che la principale risposta continua a essere la volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile (86%), spesso abbinata alla più efficace gestione dei rischi finanziari (69%), al miglioramento reputazionale dell’ente (44%) e al miglioramento dei rendimenti finanziari (22%). Un ulteriore notevole balzo in avanti si rileva per “la pressione del regolatore”, spiegabile con l’evoluzione normativa comunitaria che ha imposto l’adattamento degli investitori al nuovo contesto regolamentare.

Quali obiettivi e/o motivazioni hanno spinto l’Ente a introdurre politiche di investimento?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Le strategie SRI utilizzate

La seconda sezione si propone di indagare quale, tra le strategie SRI maggiormente diffuse, sia quella preferita dall’investitore e quali siano le conseguenti scelte nell’implementazione della stessa. Nel dettaglio, il centro di ricerca ha preso in considerazione le seguenti strategie:

  • Esclusioni: approccio che prevede l’esclusione di singoli emittenti, settori o Paesi dall’universo investibile, sulla base di determinati principi e valori;
  • Best in class: privilegiare l’inserimento in portafoglio di emittenti secondo criteri ambientali, sociali e di governance all’interno di un universo investibile;
  • Convenzioni internazionali: prevede la selezione degli investimenti sul rispetto di norme e standard internazionali;
  • Tematici: basati sulla valutazione secondo criteri ambientali, sociali e di governance ma con una maggiore specificità e focus;
  • Impact investing: generare impatto socio ambientale positivo e misurabile insieme a un ritorno finanziario;
  • Engagement: attività che si sostanzia nel dialogo con l’impresa su questioni di sostenibilità ed esercizio dell’attività di voto in assemblea derivante dalla partecipazione al capitale azionario.

Nonostante una riduzione sull’anno precedente, al primo posto si posizionano ancora, e per il quinto anno consecutivo, le esclusioni (60%); seguono gli investimenti tematici (34%), in calo rispetto al 38% dell’anno precedente, e le convenzioni internazionali (33%), che scalzano l’impact investing dal podio (30%). L’engagement subisce invece una continua diminuzione come preferenza nelle scelte degli investitori, passando dal 50% del 2020 al 24% del 2023. Questa strategia comporta ancora diverse difficoltà di attuazione e viene ritenuta meno efficace per gli obiettivi di sostenibilità degli enti.

Quali sono le strategie SRI adottate?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Riguardo l’attività di engagement, diminuisce leggermente la percentuale di rispondenti che operano attraverso la modalità “soft” (scelta dal 56%), ossia più concentrata su incontri periodici, invio di report o teleconferenze, mentre il 20% adotta uno stile hard, che prevede interventi in assemblea o l’esercizio del diritto di voto.

Se applicate la strategia dell’engagement, con quali modalità?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Politiche di investimento SRI: valutazione, risultati e governance interna

Un’altra sezione del questionario è dedicata alle politiche adottate dagli investitori istituzionali nella valutazione degli investimenti effettuati e nelle attività di trasparenza e comunicazione sia nei confronti dei propri stakeholder sia all’esterno, autorità di vigilanza comprese. In particolare, il regolamento europeo SFDR (Sustainable Finance Disclosure Regulation) interviene per regolare il mondo degli investimenti ESG, imponendo ai soggetti che operano sui mercati finanziari regole armonizzate sulla rendicontazione dei livelli di sostenibilità dei portafogli e ai soggetti che forniscono prodotti o servizi finanziari nell’UE l’adozione di specifici requisiti di disclosure da esplicitare nei materiali informativi e commerciali.

Come accade dall’inizio delle indagini sugli investimenti sostenibili, anche nel 2023 aumenta la quota (pari al 27%) di coloro che rispondono “mai” alla domanda: “con quale frequenza il vostro CdA valuta gli impatti che hanno le strategie SRI sul patrimonio?”. La percentuale era dell’8% negli anni 2019 e 2020, del 20% nel 2021 e del 26% nel 2022. Resta invece pressoché invariata rispetto al 2022 la percentuale di coloro che valutano gli impatti ESG più volte durante l’anno (31%), mentre si attesta al 42% la quota di coloro che effettuano la valutazione una volta nell’arco dell’anno.

Per quanto riguarda i risultati ottenuti dall’attuazione degli investimenti sostenibili, si evidenzia un forte incremento per “l’impatto positivo in termini di diversificazione del rischio”, che sale dal 68% dello scorso anno all’86%, e per il “miglioramento riscontrato in termini di reputazione dell’ente”, che sale dal 62% dell’anno scorso all’83%. Il beneficio riscontrato in termini di maggior rendimento, invece, viene valutato solo dal 12% dei soggetti, in costante riduzione da tre anni e in contrasto con le ultime analisi che valutano maggiormente redditivi gli investimenti sostenibili rispetto alle altre tipologie.

L’applicazione delle politiche di investimento SRI ha consentito un miglioramento in termini di…

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.

Rispetto alla percezione che gli investitori istituzionali hanno della loro conoscenza dei temi di sostenibilità, aumenta dal 7% al 15% il numero di rispondenti che ritengono insufficiente la propria conoscenza dei temi ESG. In crescita la quota di chi definisce “sufficiente” la preparazione, che aumenta rispettivamente dal 49% al 54%, mentre decresce la percentuale di risposte “buona” (dal 37% al 25%) e resta stabile la risposta “ottima” al 7%. Le risposte evidenziano una concreta e forte presa di coscienza sulla necessità di dotarsi di risorse competenti o di affidarsi a società esterne con competenza ed esperienza.

Infine, un altro aspetto che viene analizzato dal centro di ricerca è la presenza di figure specifiche e certificate per quanto riguarda gli investimenti ESG all’interno dell’ente. Dalle risposte emerge che solo nel 22% dei casi è presente una figura o un team dedicato agli aspetti ESG. Il 28% dichiara di gestire i processi ESG internamente ma senza aver identificato una risorsa o un team dedicato. Il 49%, ovvero la percentuale più alta, dichiara di non avere risorse interne, di non gestire internamente gli investimenti ESG ma di demandare in toto la gestione all’esterno.

All’interno del vostro Ente sono presenti figure con specifiche e certificate competenze per quanto riguarda gli investimenti ESG?

Fonte: Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, 2023.