Investitori Istituzionali

Investitori istituzionali sempre più sensibili verso finanza SRI e criteri ESG

Più della metà degli investitori istituzionali investe il proprio portafoglio in modo sostenibile (56%), una quota che non è aumentata dall’anno precedente. Ma qualche segnale di maggiore interesse per l’incorporazione delle variabili ESG nei criteri di investimenti da parte degli enti si nota sia dal numero di istituzioni che pensa di farlo in futuro (81%), sia dall’incremento della quota di patrimonio gestita in modo SRI. È quanto emerge dall’analisi del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, che ha pubblicato la quarta edizione del Quaderno di approfondimento 2022 dal titolo “ESG SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani”. Indagine cui si affiancano testimonianze e case history che raccolgono l’esperienza diretta di investitori, gestori e fabbriche.

I valori della sostenibilità e l’adozione di criteri ESG (Environmental, Social e Governance) orientano sempre più la scelta delle aziende nelle quali si vuole investire. Queste stesse valutazioni, però, soprattutto alla luce dei fenomeni sanitari, bellici e politici degli ultimi anni, si possono estendere alle organizzazioni complesse, così come ai governi, valutando così con quali Paesi intrattenere relazioni economiche e politiche. 

Per l’analisi, il Centro, tramite un questionario ha intervistato 106 enti (in crescita rispetto ai 79 del 2021), che rappresentano un patrimonio di 219 miliardi di euro, l’83% del totale dei patrimoni degli investitori istituzionali previdenziali nazionali. 

Nel dettaglio, hanno partecipato tutte le 19 Casse di Previdenza privatizzate27 Fondazioni di origine bancaria18 Fondi pensione preesistenti, 26 Fondi pensione negoziali e 16 compagnie di assicurazione.

Dal campione così indagato deriva – favorita anche da un contesto politico e regolamentare che, dapprima a livello europeo e ora anche nazionale, sta spingendo l’acceleratore verso i temi della sostenibilità – l’evidenza di una crescente sensibilità degli istituzionali italiani nei confronti di finanza SRI e criteri ESG: crescita perseguita mediante strategie sempre più “attive” e orientate soprattutto ai settori energetico e della Silver Economy.

Il 56% degli enti di previdenza adotta politiche di investimento SRI

La quota degli investitori istituzionali che adotta politiche di investimento sostenibili non è cresciuta rispetto al 2021, rimanendo pari a poco più della metà degli enti esaminati (56% ovvero 59 istituzioni). Tuttavia qualche segnale positivo di intravede. Ben l’81% gli enti che non hanno ancora incorporato i fattori ESG al proprio portafoglio afferma di avere esaminato il progetto e avere l’intenzione di farlo in futuro. Il dato importante è che oggi nessuno ha risposto di non aver incluso una politica d’investimento SRI per aver preferito così anche dopo avere esaminato la possibilità nell’ambito del consiglio. Inoltre la maggiore sensibilità verso gli investimenti sostenibili è in costante crescita come attesta il fatto che il 50% dei rispondenti le ha avviate da non più di cinque anni.

L’ente adotta una politica di investimento SRI?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Se non aumenta il numero dei fondi che gestisce i propri asset secondo criteri ESG, aumenta però la quota di patrimonio a cui viene applicata la politica SRI, che aiuta a rappresentare sia quanta rilevanza ricopre per l’ente la sostenibilità sia il relativo impatto che questi investimenti possono avere sul patrimonio dell’Ente stesso. 

Come si vede dalla figura III, le prime due classi “tra lo 0 e il 25%” e “tra il 25% e il 50%” si riducono la prima di 11 punti e la seconda solo marginalmente, mentre crescono nel 2021 le risposte di coloro che applicano una politica di investimento SRI tra il 50 e 75% del patrimonio e soprattutto quelli che la applicano tra il 75% e il 100% del patrimonio.

Se sì, a quali principi generali e/o internazionali si ispira?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile e minori rischi spingono verso l’ESG

La volontà di contribuire allo sviluppo sostenibile e le aspettative di una migliore gestione dei rischisono le due principali motivazioni che spingono verso la scelta di introdurre politiche di investimento sostenibili. Torna a crescere anche l’aspettativa di un miglioramento reputazionale dell’ente e all’aumento della redditività. Un notevole balzo in avanti si rileva per “la pressione del regolatore”, facilmente spiegabile con l’evoluzione normativa comunitaria che ha comportato l’adattamento degli investitori al nuovo contesto regolamentare, in particolare nell’ultimo anno.

Ma quali sono i principi generali a cui la politica dell’ente si ispira? Le grandi convenzioni internazionali sono prese come riferimento in misura minore rispetto al passato (figura II). Al primo posto troviamo le linee guida dello UNPRI con il 53% delle risposte, ma in calo rispetto al passato, seguite al secondo posto dal Global Compact dell’ONU (39%). Vale la pena evidenziare la forte crescita della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici dopo gli accordi di Parigi e la COP 26 di Glasgow, che guadagna 10 punti percentuali sul 2021. Da segnalare, all’interno della categoria “Altro”, diverse menzioni per i benchmark ESG e per le linee guida interne all’ente.

Qual è la quota di patrimonio a cui viene applicata la politica SRI?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.
Le strategie di investimento SRI adottate

Nonostante l’evoluzione del mercato degli investimenti sostenibili verso forme di partecipazione attiva e engagement, il comparto degli enti di previdenza tricolore resta ancorato a stili di gestione più tradizionali quali quello delle esclusioni. Successivamente, lo studio si propone di indagare quale, tra le strategie SRI maggiormente diffuse, sia quella preferita dall’investitore e quali siano le conseguenti scelte nell’implementazione della stessa. Nel dettaglio, sono state prese in considerazione le seguenti strategie: esclusioni di singoli emittenti, settori o Paesi dall’universo investibile, sulla base di determinati principi e valori; emittenti best in class secondo criteri ambientali, sociali e di governance all’interno di un universo investibile; rispetto di convenzioni internazionali; emittenti tematiciimpact investing; engagement con l’impresa su questioni di sostenibilità ed esercizio dell’attività di voto in assemblea derivante dalla partecipazione al capitale azionario.

Nonostante una riduzione sull’anno precedente, al primo posto si posizionano ancora le esclusioni (58%), seguite dagli investimenti tematici (38%) e dall’impact investing (35%) che tuttavia si riducono rispetto all’anno precedente.

Quali sono le strategie di investimento SRI adottate?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Partendo dalla più adottata, quella delle esclusioni, si scopre che l’87% degli investitori esclude prodotti collegati al mercato delle armi (in linea con le rilevazioni degli anni precedenti) mentre, rispetto al 2021.

Passando invece alla strategia best in class, l’attenzione verso la tutela dell’ambiente raccoglie le prime due posizioni con riduzione delle emissioni (in forte crescita sull’anno precedente) ed efficientamento energetico che vengono scelti come criteri positivi entrambi nell’83% dei casi. Segue il rispetto dei diritti umani in crescita al 70%; colpisce in particolare il forte incremento della qualità dell’ambiente di lavoro (40% rispetto al 29% del 2021)

Nel caso di utilizzo di strategie che prevedono investimenti tematici si conferma la forte predilezione per gli aspetti ambientali. L’efficientamento energetico e il cambiamento climatico vengono infatti scelti dagli investitori nel 91% dei casi per il primo e nel 74% per il secondo. Cresce, rispetto a quanto rilevato nel 2021, l’investimento in immobiliare sostenibile (47%), mobilità sostenibile (33%), gestione dell’acqua (28%) e soprattutto Silver Economy (37%).

Se effettuate investimenti tematici, verso quali ambiti?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Riguardo l’attività di engagement, cresce la percentuale di rispondenti che operano attraverso la modalità “soft” (64% dal 57% del 2021) ossia più concentrata su incontri periodici, invio di report o teleconferenze, mentre il 19% adotta uno stile hard, che prevede interventi in assemblea o l’esercizio del diritto di voto.

Per quanto concerne la strategia dell’impact investing torna al primo posto il social housing che vale il 76% delle risposte, seguito dai green bond con il 64%. Nonostante le risposte sembrino particolarmente polarizzate verso i primi due ambiti, al pari di quanto visto per gli aspetti ambientali, anche l’impact investing troverà sempre maggiore spazio nell’attività di investimento.

La figura VI riporta i risultati delle risposte fornite in merito a quali asset class sono applicati i fattori ESG. Come anticipato, rimane al primo posto l’azionario (47%) seguito dall’obbligazionario (35%), anche se entrambi in riduzione sull’anno precedente. Tale variazione è attribuibile in gran parte all’introduzione nel questionario della risposta “infrastrutture”, che da sola infatti raccoglie il 16% delle risposte. Stabile invece la percentuale di rispondenti che applicano i criteri ESG all’intero patrimonio o chi invece predilige farlo attraverso fondi di private equity.

A quali asset class vengono applicati i fattori ESG?

Fonte: ESG e SRI, le politiche degli investitori istituzionali italiani, Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali.

Gli enti si sentono più preparati rispetto al passato ad affrontare le questioni ESG: diminuisce rispetto all’anno precedente la quota che la definisce “sufficiente” avantaggio della risposta “buona” (37%) e “ottima” (7%).

In futuro gli enti prevedono di migliorare in termini di aumento nell’utilizzo di strategie e strumenti sostenibili da parte degli investitori istituzionali. 

Per l’87% dei rispondenti la pandemia è stata un fattore che ha contribuito ad accelerare il ricorso agli investimenti ESG, accelerando una tendenza già in atto. Il Centro ha voluto indagare quanto, proprio durante le turbolenze dei mercati finanziari, la componente sostenibile fosse riuscita a mitigarne gli effetti negativi in termini di rischio complessivo. Ebbene, secondo l’analisi, il 41% delle risposte risultano affermative, anche se il 55% ne ha dato un giudizio neutro, il 68% degli investitori che hanno risposto al questionario afferma di voler incrementare l’investimento in strumenti sostenibili.

Guardando al futuro, gli enti vogliono incrementare la propria esposizione verso gli investimenti ESG, comunque riservando una quota non superiore al 50% del patrimonio.