SFDR

Fondi articolo 9: proteggono veramente dal rischio di greenwashing?

Green label, rating, classificazione SFDR? Alla ricerca di una chiave per comprendere quanto sostenibili siano i fondi nei quali investire i propri risparmi, neppure quelli che rientrano nella classificazione dell’articolo 9 della SFDR, cioè che hanno “come obiettivo investimenti sostenibili” possono essere considerati una garanzia. A sostenerlo è uno studio dell’Università di Zurigo – How green is “dark green”? An analysis of SFDR Article 9 funds, dei professori Adrien-Paul Lambillon e Marc Chesney del Department of Banking and Finance, che evidenzia come anche molti fondi articolo 9 dell’SFDR presentino potenziali rischi di greenwashing in quanto includono nel portafoglio aziende non particolarmente sostenibili. Secondo gli autori, infatti, su un campione di 290 fondi azionari globali che detengono in portafoglio oltre 4.000 società, diversi fondi articolo 9 includono nel loro universo società che non dovrebbero rientrare nella categoria “verde scuro” (“dark green”), come ad esempio quelle del settore del carbone o delle armi controverse.

Eppure, i fondi classificati come articolo 9 si sono diffusi rapidamente lo scorso anno, raggiungendo secondo i dati di Morningstar la cifra di 1.080 fondi al 30 settembre 2022. Tuttavia, dalla seconda metà del 2022, è iniziato un processo di scrematura da parte delle società di gestione e non pochi prodotti sono stati declassati da articolo 9 ad articolo 8 SFDR, come conseguenza della decisione dei gestori di adottare un approccio più cauto in vista dell’entrata in vigore delle norme tecniche di regolamentazione nel gennaio 2023. E gli autori avvertono che la ricerca è stata portata avanti prima dell’era dei declassamenti e, quindi, i risultati si riferiscono ad un momento in cui i fondi articolo 9 erano molto più numerosi.

Secondo i dati di Morningstar, infatti, questa riclassificazione ha interessato il 40% dei fondi articolo 9 e, secondo gli esperti dell’Università di Zurigo, questi declassamenti sono destinati ad aumentare data la maggiore attenzione dei regolatori al fine di arginare il rischio di greenwashing. 

Punteggio “Greeness”

Gli esperti dell’Università di Zurigo assegnano un “greeness score” a ciascuna azienda inclusa nel campione di fondi considerato. Il punteggio si basa sulla percentuale di inclusione di una società nel campione di fondi. Delle 4.463 aziende totali 1.544 compaiono in un solo fondo. Inoltre, l’88% delle società ha un greenness score inferiore a 10 (3.926 aziende), il che significa che le società sono incluse in meno del 10% dei fondi azionari globali articolo 9. 

Il metodo utilizzato dai due professori per rispondere alla loro domanda di ricerca e comprendere i fattori che determinano l’inclusione di titoli nei fondi articolo 9 SFDR, si basa in una prima fase sulla creazione di un punteggio greenness per ogni società inclusa almeno una volta in un fondo del campione e che aumenta a seconda di quanti gestori l’abbiano inclusa nel loro portafoglio articolo 9.

In una seconda fase, analizzano i potenziali driver del greenness score. Le variabili che influenzano la composizione del punteggio si dividono in quattro tipi. Il primo tipo di variabili è legato alle caratteristiche e ai rating di sostenibilità dell’azienda, includendo ad esempio le emissioni di gas serra, gli impegni climatici sotto forma di obiettivi basati sulla scienza, gli indicatori PAI sociali e di governance, nonché i rating o i punteggi di rischio ESG. Il secondo tipo di variabili distingue le caratteristiche del settore di appartenenza dell’azienda. Il terzo gruppo di variabili esplicative comprende elementi finanziari, come i ricavi, il rapporto EBITDA e il rapporto prezzo/valore contabile.

Nello studio gli esperti di Zurigo sottolineano che i fattori che influenzano maggiormente il greenness score sono le variabili relative agli obiettivi net zero e a quelli basati sulla scienza, mentre le emissioni di gas serra hanno un peso minore perché sono disponibili pochi dati puntuali e per un numero ridotto di aziende del campione. 

Al contrario, gli indicatori PAI sociali e di governance, sebbene abbiano contribuiscano alla composizione del punteggio – soprattutto le variabili sui diritti umani e sull’esposizione alle armi – non hanno effetti statisticamente significativi sul punteggio verde. In ogni caso, nella ricerca gli autori sottolineano che 312 società incluse nell’universo dei fondi articolo 9 considerati violano i principi del Global Compact delle Nazioni Unite e le linee guida dell’OCSE

Infine, i rating di sostenibilità sono particolarmente significativi per la definizione del greenness score: gli autori, in particolare, fanno riferimento alle valutazioni di Sustainalytics e del rating MSCI ESG. 

Distribuzione settoriale

Osservando da vicino la distribuzione settoriale, lo studio mostra che i settori maggiormente rappresentati sono l’industria, i servizi finanziari, la tecnologia, i media e le telecomunicazioni. Il dato interessante che emerge dall’analisi dell’Università di Zurigo è che, sebbene le aziende del settore delle rinnovabili compaiano in una percentuale maggiore di fondi rispetto a quelle del settore petrolifero e del gas, da un punto di vista numerico sono presenti più società oil&gas nei fondi analizzati (98, il 2,2% vs. 72, l’1,6%). Una delle ragioni di questa scarsa rappresentazione potrebbe risiedere nel numero ridotto di aziende di energia rinnovabile rispetto al campione totale. Tuttavia, se si considera la proporzione relativa di aziende con punteggi di greenness superiori a 10 e 20 all’interno dei settori, il 19,4% delle aziende di energia rinnovabile ha un punteggio di greenness superiore a 10, e il 5,6% superiore a 20. Inoltre, le società produttrici di apparecchiature per le energie rinnovabili hanno il più alto punteggio medio di greenness tra tutti i sotto-settori (pari a 6).

Sono proprio questi risultati a far affermare agli autori dell’analisi che esiste un rischio di greenwashing nei fondi articolo 9, che secondo la normativa europea dovrebbero avere il livello più alto di ambizione ESG.

Per quanto riguarda i leader della sostenibilità, le imprese che gli autori riscontrano nel maggior numero di fondi articolo 9 sono Schneider Electric (inclusa in più della metà dei fondi esaminati), Vestas (nel 47% dei fondi), Microsoft e Xylem (39% dei fondi). 

La classificazione settoriale è decisamente rilevante per l’attribuzione dello score: come detto, le rinnovabili hanno dei punteggi piuttosto elevati, mentre, come prevedibile, le aziende del settore petrolifero e del gas sono l’unico settore che sembra avere punteggi di greeness significativamente bassi per via della loro elevata intensità di carbonio. Anche il settore dei servizi finanziari, altamente rappresentato, non raggiunge greeness score di buon livello.  

Conclusioni

Gli autori della ricerca riconoscono che l’analisi è stata effettuata in un momento in cui l’SFDR è ancora nella sua fase iniziale e c’è quindi un certo livello di incertezza sui criteri di divulgazione di un prodotto finanziario ai sensi dell’articolo 9. Con l’avanzare della normativa, infatti, alcuni fondi inclusi nel campiono sono già stati declassificati ad articolo 8 e questa tendenza potrebbe proseguire in futuro. Tuttavia, sottolineano gli esperti dell’Università di Zurigo, questo fenomeno non scalfisce l’intento principale della ricerca, ovvero mostrare le caratteristiche dei fondi articolo 9 su cui gli operatori del mercato finanziario dovrebbero riflettere.

Inoltre, il greenness score proposto nello studio rappresenta una misura innovativa della percezione interna del mercato del profilo di sostenibilità di un’azienda, non quella delle agenzie di rating ESG. La ricerca contribuisce quindi alla comprensione del processo decisionale dei partecipanti al mercato nel settore degli investimenti sostenibili. 

Basandosi sull’analisi sui fondi articolo 9, secondo gli autori non appena la tassonomia dell’UE verrà finalizzata, gli analisti in futuro potrebbero misurare l’allineamento tassonomico dei ricavi delle società all’interno dei fondi articolo 9, al fine di comprendere la soglia di attività richiesta per l’inclusione da parte degli operatori del mercato finanziario. In secondo luogo, in futuro secondo gli analisti si dovrebbe valutare in modo più approfondito l’applicazione di diversi approcci e benchmark di investimento responsabile da parte dei fondi dell’articolo 9 SFDR. Infine, gli autori suggeriscono che potrebbe essere di grande interesse per l’approfondimento del tema istituire un confronto tra i fondi che sono stati declassati e quelli che invece compongono ancora l’universo articolo 9.