Dopo Amundi, le unità di gestione patrimoniale di Deutsche Bank (DWS) e BNP Paribas (BNP Paribas AM) si aggiungono all’ondata di declassamenti di fondi ESG, portando gli asset in gestione del settore colpiti da tali riclassificazioni a ben oltre 100 miliardi di dollari. Si tratta di un passo indietro di molti gestori che avevano classificato alcuni fondi come articolo 9 secondo il regolamento SFDR. È quanto rivelato da Bloomberg. Secondo l’agenzia americana la causa principale di queste decisioni dei gestori è il “caos” che pervade la regolamentazione europea relativa alla finanza sostenibile.
Il regolamento SFDR prevede di poter classificare come articolo 8 quei fondi che promuovono tra le altre caratteristiche, quelle ambientali o sociali. L’articolo 9, invece, si riferisce ai fondi che hanno un obiettivo di investimento sostenibile. È bene sottolineare, però, che in entrambi casi si tratta di un’autodichiarazione per classificare i fondi secondo la normativa SFDR e non di un rating.
Tornando alla cronaca, BNP ha dichiarato di voler togliere la massima designazione ESG europea (articolo 9 SFDR) a fondi per un valore di 16 miliardi di dollari, mentre la riclassificazione di DWS colpirà otto fondi che detengono in gestione circa 265 milioni di dollari, dopo aver annunciato 2,1 miliardi di dollari di declassamenti la settimana scorsa.
Il ritardo nella definizione delle regole e una scarsa chiarezza su diversi punti si sta riflettendo anche nel malessere sempre più diffuso tra gli investitori.
I tagli di DWS e BNP sono gli ultimi di una serie di declassamenti di fondi ESG che hanno coinvolto giganti dell’investimento come BlackRock e Pacific Investment Management e la già citata Amundi (che ha dichiarato che quasi tutti i suoi 46 miliardi di dollari in fondi articolo 9 saranno riclassificati).
È interessante notare che le decisioni dei gestori sono state prese in seguito alle nuove indicazioni della Commissione europea su come interpretare i regolamenti, anche per arginare il rischio di greenwashing. L’ambizione della normativa europea, secondo cui i fondi ex articolo 9 devono detenere il 100% di investimenti sostenibili, ha spiazzato gran parte dell’industria dell’asset management, tanto che Morningstar ha stimato che centinaia di fondi potrebbero dover essere declassati prima che le acque si calmino.
Comunque, non tutti i gestori stanno procedendo con rapidità alla riclassificazione, molti stanno temporeggiando nella speranza che arrivino ulteriori chiarimenti dalle autorità europee. Le ESA, infatti, hanno recentemente richiesto alla Commissione UE chiarimenti relativi all’interpretazione del diritto dell’Unione con riferimento all’SFDR, a partire dalla corretta definizione di “investimento sostenibile”.
Certo, è probabile che gli investitori debbano attendere ancora un po’ per avere un quadro più chiaro sulla classificazione dei fondi ESG, dal momento che a fine novembre le ESA hanno annunciato ritardi nella revisione delle norme chiave per i prodotti finanziari ai sensi dell’SFDR, posticipando la risposta fino a 6 mesi rispetto alla scadenza originaria fissata dalla Commissione europea del 28 aprile 2023.