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Corporate governance, sistema italiano promosso è in linea ai principi OCSE

Società italiane promosse in corporate governace. Il sistema italiano ha, infatti, un buon grado di allineamento ai Principi G20/OCSE sulla corporate governance, punto di riferimento in materia, grazie soprattutto all’estesa adesione delle società al Codice di Autodisciplina italiano, la cui ampia revisione effettuata nel 2020 ha adottato una visione “illuminata” della corporate governance, in particolare rispetto alla sostenibilità. È quanto evidenziato da Patrizia Grieco, presidente di Assonime, l’Associazione delle Società per Azioni, in occasione della conferenza The new G20/OECD Principles of Corporate Governance promossa da Assonime in collaborazione con l’OCSE presso Palazzo Mezzanotte a Milano, con il patrocinio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e il supporto di Borsa Italiana. L’evento è stato l’occasione per presentare per la prima volta i Principi G20/OCSE in Italia e i risultati di una guida di Assonime che ha analizzato l’attuazione di tali principi internazionali nel sistema italiano.

In questa ultima versione rivista nel 2023 i principi dell’OCSE, che si rivolgono principalmente ai policy makers, hanno introdotto un pillar (il numero 6) centrato su sostenibilità e resilienza e hanno sottolineato il ruolo della corporate governance nel promuovere lo sviluppo del mercato dei capitali e la sostenibilità. E proprio questi due temi sono stati al centro dei due panel della conferenza a Palazzo Mezzanotte di venerdì 19 gennaio, che hanno visto la partecipazione di alcuni de principali attori del mercato finanziario, moderati da Silvia Sciorilli Borrelli, corrispondente del Financial Times, e da Carmine Di Noia, Direttore per gli Affari finanziari e le imprese dell’OCSE. I lavori sono stati introdotti dagli interventi del sottosegretario all’Economia Federico Freni e del Presidente del Comitato OCSE sulla Corporate Governance, Masato Kanda.

“Quelli OCSE sono obiettivi al centro dell’agenda dei policy makers a livello internazionale e nazionale”, ha sottolineato Grieco, “e che vedono una rinnovata centralità del ruolo delle imprese non solo nel creare ricchezza e sviluppo ma anche nell’assicurare una maggiore diffusione del benessere e la tutela dell’equilibrio dell’ecosistema, minacciato dall’emergenza climatica e dalle tensioni geopolitiche”.

Il sistema italiano esce positivamente dall’analisi di Assonime, in quanto mostra un forte allineamento alle raccomandazioni dell’OCSE, ma, come ricordato dalla presidente dell’associazione, “una buona corporate governance è condizione necessaria ma non sufficiente rispetto all’obiettivo più generale di creare un mercato dei capitali capace di sostenere la crescita e l’innovazione, di offrire un’adeguata remunerazione del risparmio e di stimolare la transizione verso un’economia sostenibile”. “Il Governo italiano” ha proseguito Grieco, “ha avviato un ambizioso percorso di riforma che vede una tappa importante nell’approvazione, che ci auguriamo avvenga nelle prossime settimane, del DDL Capitali. Con questo provvedimento si delinea una chiara tendenza a valorizzare l’autonomia statutaria delle società, al fine di facilitare l’accesso al mercato e arginare la fuga verso l’estero che sta da tempo coinvolgendo realtà importanti del sistema imprenditoriale italiano”.

Il DDL Capitali dovrebbe arrivare al termine di un percorso iniziato nel 2019 con l’analisi dell’ordinamento del mercato dei capitali italiani e proseguito con le misure identificate nell’ambito del Tavolo Finanza per la crescita 2.0, raccolte nel Libro Verde. Alcune preoccupazioni però sul ddl in arrivo ci sono e sono emerse nel corso del primo panel. Secondo, per esempio, Carlo Trabattoni, Presidente di Assogestioni, “nel corso dell’iter parlamentare sono stati presentati e approvati alcuni emendamenti che creano disequilibri e incertezze interpretative, in particolare sui diritti di voto multipli e sulla disciplina della lista del CdA. Tali modifiche non solo risultano in contrasto con le best practice affermatesi internazionalmente, ma possono creare significative distorsioni nel rapporto fra gli attori del mercato, generando esiti opposti rispetto a quelli perseguiti”. Pertanto, ha proseguito Trabattoni, “l’auspicio di Assogestioni è che il Governo colga l’occasione della delega alla riforma del TUF per riaprire un tavolo di confronto tecnico in un contesto istituzionale, nell’ambito del quale effettuare appropriate analisi di impatto volte a presentare al mercato norme comprensibili e di applicazione certa”.

L’obiettivo è quello di promuovere l’attrattività del mercato dei capitali italiano e da questo punto di vista, secondo i panelist, un impulso dovrebbero darlo anche gli investitori istituzionali. “Il fatto che si stia discutendo il ddl capitali è un grande passo avanti perché in passato c’è stato disinteresse al riguardo” ha commentato Andrea Vismara. Il ceo di Equita Group ha inoltre ricordato che il 90% degli investitori in Italia è estero e che bisognerebbe aumentare la quota degli investitori domestici, in primis istituzionali, “Bankitalia e Consob non sempre ricoprono un ruolo propulsivo in questo senso” ha rimarcato.

D’altro canto, per finanziare la transizione sostenibile i capitali sono fondamentali (e non possono arrivare solo dal sistema bancario). Inoltre, le aziende devono essere guidate da una direzione che riesca a indirizzare le scelte e le azioni verso l’integrazione dei criteri ESG nel modello di business. Questo comporta la capacità di avere una visione lungimirante e d’insieme, sottintendendo che il board, a cui ad oggi non è richiesto necessariamente di avere competenze specifiche in materia ESG, debba “saper fare le giuste domande, più che dare le risposte” come affermato da Paola Schwizer, Honorary Chair di Nedcommunity. Ciò significa promuovere una visione di lungo periodo e aver compreso la ratio degli standard internazionali e delle legislazioni in modo da poter intendere l’importanza di integrare i rischi ESG e al contempo riuscire a cogliere le opportunità di un approccio volto alla sostenibilità.
“Nel breve periodo potrebbero esserci conflitti tra obiettivi ESG e obiettivi economici” ha poi aggiunto Silvia Maria Rovere, Chair di Poste Italiane, “ma il costo di non farlo è altrettanto alto sé si considerano i rischi e l’attrazione dei capitali”.

E se promuovere l’accesso ai finanziamenti, l’innovazione e l’imprenditorialità, proteggere gli investitori e supportare la sostenibilità e la resilienza aziendale sono i tre obiettivi dei principi dell’OCSE, allora avere uno standard globale per la corporate governance, ma soprattutto riuscire ad adottarlo efficacemente, contribuisce a individuare gli elementi chiave per progredire. Da un lato stimolando il dibattito istituzionale e dall’altro fornendo una base concreta per progetti di riforma nazionale che si tramutino in trasformazione delle prassi aziendali. L’importante è che le leggi non arrivino troppo tardi, soprattutto in un mondo complesso come quello attuale governato da crisi interconnesse, come evidenziato da Pier Carlo Padoan, presidente del CdA di UniCredit.

I risultati della guida Assonime: sistema italiano e principi OCSE a confronto

Per l’analisi sull’allineamento del sistema italiano ai principi G20/OCSE Assonime si è focalizzata in particolare sui principi, e le relative raccomandazioni, che “si riferiscono più direttamente alla corporate governance delle società quotate e che sono generalmente applicati attraverso strumenti di autoregolamentazione (Codice di Corporate Governance, Listing Rules e statuti e regolamenti societari)” si legge sulla guida. L’associazione ha dunque incluso tutti i principi relativi alle responsabilità del consiglio di amministrazione (sezione V dei principi OCSE) e quelli di recente introduzione su sostenibilità e resilienza (sezione VI). Ha poi esaminato anche il primo principio della sezione I, ossia garantire le basi per un quadro di governo societario efficace, che riguarda il ruolo e le caratteristiche dei Codici, e due principi della sezione IV su divulgazione e trasparenza che riguardano rispettivamente la divulgazione delle pratiche di governance e l’attuazione del Codice e la responsabilità dei revisori nei confronti degli azionisti.

Assonime ha rilevato che “il quadro italiano di corporate governance è fortemente allineato con i Principi G20/OECD” e infatti “l’indice di attuazione di tutte le raccomandazioni, elaborato da Assonime per fornire una misura sintetica dell’allineamento, è prossimo al 90%”. L’attuazione risulta più alta (91%) per le raccomandazioni non facoltative rispetto a quelle facoltative (53%), mentre è abbastanza omogeneo per le diverse aree di governance. In particolare l’indice di attuazione è pari al 92% per il quadro generale, 88% per le responsabilità del consiglio di amministrazione e 83% per la governance della sostenibilità.

Gran parte dei principi del G20/OCSE risultano “quasi completamente” implementati nel quadro italiano (62%), e una parte significativa è “ampiamente” implementata (31%). Solo per due principi l’attuazione è debole. Tali principi, le cui raccomandazioni risultano solo parzialmente attuate sono “Il consiglio applica obbligatoriamente standard etici elevati” e “I consigli di amministrazione devono garantire che le attività di lobbying delle aziende siano coerenti con i loro obiettivi e finalità legati alla sostenibilità”.